
“LA FERITA POLITICA C’È, MA NON È FINITA” – LA SCONFITTA DI SANDRO RUOTOLO, RESPONSABILE COMUNICAZIONE E CULTURA DEL PD A GUIDA SCHLEIN, FREGATO DA ELLY CHE È SCESA A PATTI CON DE LUCA, GRANDE NEMICO DEL BAFFUTO EX GIORNALISTA DI SANTORO – L’ACCORDO CHE HA PORTATO ALLA NOMINA DI DE LUCA JUNIOR ALLA GUIDA DEL PD CAMPANO, IN CAMBIO DEL VIA LIBERA ALLA CANDIDATURA DI ROBERTO FICO, È STATO CRITICATO DA RUOTOLO CHE INVITO' A SCARDINARE "I SISTEMI DI POTERE COME QUELLO CAMPANO" – QUANDO IL GOVERNATORE USCENTE LO APOSTROFO’ COME “IMBECILLE E CAFONE…”
Articolo di Tommaso Labate per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Ora non voglio sottovalutare la ferita, perché la ferita politica comunque c’è e a Elly l’ho detto chiaramente…», sussurra il movimentista con i baffi.
(...) si potrebbe fare una pausa e raccontare questa storia riadattando in chiave Pd il primo comandamento dei vecchi western, quello che originariamente misurava la capacità di sopravvivenza dell’uomo col fucile rispetto all’uomo con la pistola, e viceversa: in questo caso, quando il movimentista coi baffi incontra Vincenzo De Luca in persona, per il primo non c’è storia.
ELLY SCHLEIN E VINCENZO DE LUCA
Ed è finita così per Sandro Ruotolo — ieri prima firma dei programmi di Michele Santoro, oggi responsabile comunicazione e cultura del Pd a guida Elly Schlein, fresco di elezione al Parlamento europeo — che ha innescato un corpo a corpo contro il governatore uscente della Campania impegnando tutto sé stesso, e forse anche qualcosina in più, per impedire il patto tra la segretaria e quest’ultimo, e quindi la nomina di De Luca junior alla guida del Pd campano in cambio del via libera alla candidatura di Roberto Fico. È finita come certe partite di Sinner: tanto a poco per De Luca.
sandro ruotolo con pasquale tridico al parlamento europeo
Ma visto che non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta, come celebra quell’aforisma ritrito buono tanto per l’autoconsolazione degli sconfitti con grande considerazione di sé quanto per i vecchi diari degli adolescenti del secolo scorso, ecco che Ruotolo scandisce che «va bene non sottovalutare la ferita politica, che comunque c’è, ma la partita non è finita.
De Luca junior è segretario del partito in Campania, va bene. Ma senza andare a controllare, qualcuno sa chi erano i segretari regionali precedenti? Quanto vale questa segreteria? Intanto il papà è fuori, il sistema di potere è crollato; De Luca senior può parlare di Gaza, di Ucraina ma in Campania non sarà più governatore…»
Qualcuno, quando il giorno dopo le elezioni campane si misurerà il consenso della civica di De Luca rispetto alla lista del Pd, magari tornerà da Ruotolo a chiedergli la penitenza per aver peccato di eccessivo ottimismo; magari no.
Lo stesso governatore, trovandosi a commentare a modo suo certe uscite del giornalista oggi esponente dell’esecutivo nazionale del Pd, lo salutò come «questo cafone che è entrato nel partito due mesi prima del congresso».
E ancora, visto che non bastava: «Quando uno entra in una comunità deve avere la buona educazione di rispettare quelli che ci stavano prima, no? (…) Questo imbecille, questo cafone fa parte della segreteria nazionale. L’ho detto a Schlein: “Ti decidi a spiegare a questi imbecilli che la battaglia la devono fare contro il governo Meloni e non contro il governatore più votato in Italia, o no?”»
Sostiene Ruotolo che il partito, nell’albero genealogico che partiva dal Partito comunista e arrivava al Pd, «un tempo era la soluzione alla questione morale mentre adesso è parte del problema. I sistemi di potere come quello campano vanno scardinati ed Elly sta facendo un lavoro enorme, riuscendo dove altri prima di lei hanno fallito: il campo largo è presente in tutte le regioni al voto e questa è una risposta importante.
Diciamoci la verità: quanti Consigli comunali di centrosinistra sono stati sciolti negli ultimi anni? Quanti eletti del centrosinistra negli enti locali, di fronte a un motorino rubato, andavano dal capetto di camorra invece che dai carabinieri?».
In fondo, Ruotolo contro i De Luca è l’eterno ritorno della sinistra che si divide sull’album di famiglia, a cominciare dal metodo: il primo ha lavorato al Manifesto e militato in tempi diversi per il Partito di Unità proletaria per il comunismo e per Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, e i successi ha dovuto pescarli nel mare del giornalismo;
il secondo è nato comunista ed è arrivato al Pd ancorato solamente alla boa più solida che avesse a disposizione: non il partito ma sé stesso.
«Non l’ho mai incontrato da vicino», dice Ruotolo di De Luca, scavando nella memoria per intercettare delle battaglie che per forza hanno combattuto dalla stessa parte della barricata: «Dall’occupazione delle terre di Persano, alla fine degli anni Settanta, alla difesa dell’anarchico Giovanni Marini, qualche anno prima». Storie di più di mezzo secolo fa.
SANDRO RUOTOLO UN GIORNO DA PECORA
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