
COME SI RICONOSCONO I LEADER PIPPETTA? INVECE DI GUIDARE IL POPOLO, FINISCONO A INSEGUIRLO - “LA STAMPA” METTE ALLA BERLINA LANDINI, SCHLEIN E CONTE CHE SI ACCODANO ALL’INDIGNAZIONE COLLETTIVA PRO-GAZA: “SEGUONO L’INDIGNAZIONE SENZA PREOCCUPARSI DELLA FORMA E DELLO SBOCCO. NON SONO LORO CHE COSTRUISCONO POLITICAMENTE UN POPOLO SU UN DISEGNO DI INSIEME. PIUTTOSTO, CON VOCAZIONE MINORITARIA, SI BUTTANO ALLA RICERCA DI UN ‘CORPO’ SOCIALE PER SUPPLIRE ALLE PROPRIE CAPACITÀ DI MOBILITAZIONE. NON A CASO LA PAROLA D’ORDINE È ‘BLOCCHIAMO TUTTO’. IN QUESTO GIOCO POLITICO AD ASSUMERE CIÒ CHE È PIÙ RADICALE, IL RISCHIO È CHE SI PERDA IL CONTATTO CON LA ‘MACRO-STORIA’. QUELLA ATTORNO A CUI COSTRUIRE UN DISEGNO SU CUI AGGREGARE”
Estratto dell’articolo di Alessandro De Angelis per “La Stampa”
[…] Secondo la grammatica tradizionale della grande politica novecentesca, lo sciopero generale è l’extrema ratio. Non è una generica manifestazione, che pure ha degli obiettivi. Vi ricorri come prova di forza finale per dare impulso a un negoziato su una tua piattaforma.
Erano cioè i grandi sindacati e i grandi partiti che chiamavano il popolo alla mobilitazione, la guidavano politicamente e anche organizzativamente con i propri servizi d’ordine, consapevoli che le teste calde avrebbero potuto sporcare le sacrosante ragioni delle masse tranquille. Insomma, come diceva Pietro Ingrao, uno che di lotte se ne intendeva: «Non basta l’indignazione». Occorreva, a quell’indignazione, dare una forma e uno «sbocco politico».
Ecco, qui lo schema è esattamente rovesciato. È vero: nel paese c’è molta indignazione su Gaza e sulla vicenda della Flotilla. C’è nella famosa maggioranza silenziosa. […] Da tempo non si vedeva tale coinvolgimento. Lo sciopero promosso dalla Cgil però non rappresenta l’avvio di un processo organizzato che ricerca un sentiment largo che parli a tutto il paese. Si accoda, anche nelle parole d’ordine, alla parte più effervescente.
E infatti Landini, per non essere scavalcato a sinistra, segue i Cobas, Schlein segue Landini e anche un po’ Conte e Fratoianni, tutti seguono l’indignazione senza preoccuparsi della forma e dello sbocco. Non sono loro che costruiscono politicamente e sentimentalmente un popolo su un disegno di insieme. Piuttosto, con vocazione squisitamente minoritaria, si buttano nel gorgo alla ricerca di un «corpo» sociale per supplire alle proprie autonome capacità di mobilitazione.
proteste pro pal a per gaza a roma dopo il fermo della flotilla
Non a caso la parola d’ordine è «blocchiamo tutto», come nelle proteste francesi. Altra novità, perché «bloccare tutto» è semmai uno strumento di lotta, non il fine. In questo gioco politico a rincorrersi e ad assumere, secondo un modello mutuato dai social, ciò che è più radicale, il rischio, come è accaduto nella discussione ieri in Parlamento, è che si perda il contatto con la “macro-storia”. Quella attorno a cui andrebbe costruito un disegno su cui aggregare.
proteste pro pal e per gaza a napoli dopo il fermo della flotilla
La Flotilla è un pezzo, sia pur rilevante e simbolico, di una storia più grande. E lo sciopero prescinde, e non è un dettaglio, proprio dal piano di pace, nel momento in cui il mondo sta facendo pressioni su Hamas perché accetti. Non sarà l’optimum, ma è la soluzione che può cambiare lo scenario. […] Tutti i leader della sinistra Europea, da Pedro Sanchez a Keir Starmer, lo hanno lodato, così il segretario generale dell’Onu Antonio Guterrez. Solo la sinistra italiana lo ha accolto in modo tiepido e, in alcune componenti, con palese ostilità. Così come, per seguire la medesima postura, aveva ignorato le parole di Sergio Mattarella sulla Flotilla, e per fortuna non è finita male.
proteste pro pal e pr gaza a milano dopo il fermo della flotilla
Attenzione, le piazze sono cose da professionisti. Non è detto che creare disagi e dare solo libero sfogo all’indignazione aiuti a sensibilizzare sulla causa e a creare un consenso politico, erodendo quello altrui. Normalmente, poi, quando la situazione degenera, il popolo reclama l’ordine.