LETTA TI FREGA – FORGET L’INGENUITA’ RUSPANTE DI BERSANI! ENRICHETTO, UN GATTO MAMMONE COL GREMBIULINO BILDERBERG

Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

Più che avere la faccia "da pediatra", come ha detto a botta calda Luciana Littizzetto, il neo presidente del Consiglio Enrico Letta assomiglia al Grillo Parlante del Pinocchio di Disney, ma come prodotto televisivo della domenica sera, oltre a non essere un cartone animato, è meno enfatico e petulante. Un bravo ragazzo, dopo tutto, senza palpiti e senza sorprese. Molto pacato e moltissimo diplomatico, abbastanza fumoso e se proprio bisogna dire anche noioso.

Ma nel suo caso tale lieve attitudine alla narcosi rimanda a una certa astuzia di scuola gatto-mammona democristoide. Di sicuro ha messo a disposizione del gentile pubblico di Raitre quella che si definisce una bella parlantina, cioè la capacità di estendere, sminuzzare, divagare, rimandare, spostare il focus per poi ridefinirlo e insieme definitivamente dilatarlo: senza forzare i tempi della tv il premier risulta, come in Parlamento, un po' moscio; ma ieri a "Che tempo che fa" se l'è cavata.

Gradevole la voce, con leggere intonazioni toscaneggianti. Linguaggio civile, in linea di massima, e appropriato, efficace l'aggettivo "balordo" a proposito della legge elettorale, più discutibili "l'Italia non vuole sbracare" e quel "cantierabile" che sa di berlusconese. Quel che si era chiaramente preparato a dire, tipo che non si aspettava la chiamata e che stava "accompagnando i miei bambini a scuola", o quel murale di Pisa che contiene le differenze e quindi andrebbe bene per il Pd, l'ha detto bene, appunto, come qualcosa di naturale e spontaneo - e ci si sente maligni, ma non si torna indietro dalla convinzione che in questi casi i politici recitano una parte.

Sorvegliato anche nei gesti: diverse enumerazioni con la mano, che a un certo punto ha portato sul petto - dire sul cuore sarebbe infatti dire troppo. E tuttavia il clou del body language si è avuto alla fine, quando impegnandosi a non far tagli a cultura ricerca e istruzione - "mi dimetterò" ha detto, il temerario - si è messo due dita a croce sulle labbra, ed è stato il massimo della "trasgressione". Al premier ridevano infatti gli occhietti, e di nuovo a questo punto è parso di cogliere un che di sardonico, questo sì piuttosto autentico, al di là della maschera che le difficili circostanze lo obbligano a indossare. Come il braccialetto bianco di "Libera" che egli sostiene di possedere.

Anche i rituali di consacrazione mediatica risentono evidentemente dell'emergenza, e in fin dei conti si può essere grati a Letta al programma per aver abrogato qualsiasi adulatorio o celebrativo riferimento alla sfera intima e parentale, dalla passione giovanilistica per il Subbuteo ai preziosi consigli dello Zio Gianni. Così come vale la pena di notare che come tele-inaugurazione il presidente ha comunque scelto Fazio e non Vespa.

E' presto comunque per parlare di un vero e proprio stile. Ma rispetto all'algida superiorità professorale di un Monti, o alla buffonesca autoidolatria di Berlusconi, il salto c'è, non solo anagrafico, ma si vede anche. "Enrichetto", come pure lo ha chiamato Littizzetto, ha buttato lì qualche segmento di mitologia europeistica, l'Erasmo, l'immagine di Kohl e Mitterrand che si tengono per mano in un cimitero, ma chiaramente egli non riesce proprio a scaldare i cuori.

Il punto, semmai, è che i telespettatori, a forza di farseli scaldare, non ne possono più, e quindi magari alcuni di loro possono essere posti nella condizione di apprezzare Letta, che chiede semmai un consenso tutto di testa. Vedi quel: "Non prometto miracoli a nessuno".

A un certo punto ha definito la performance sua e di Fazio: "chiacchierata", e non era lontano dal vero. Ha pure detto che da quando ha cambiato lavoro la notte dorme "in maniera diversa". Non ha detto che sta sveglio - e anche di questo ci si può consolare perché il potere è scomodo, ma avere potenti che lo sanno è anche a suo modo un segno di speranza.

 

 

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