NON SOLO ALE-DANNO - LA DISFATTA DEL VELTRONISMO CON LE GESTA DEL SUO EX BRACCIO DESTRO ODEVAINE - E LA CORSA DI WALTER-EGO VERSO IL COLLE S’È ARENATA TRA LE MAZZETTE DI “MAFIA CAPITALE”

Stefano Filippi per "il Giornale"

 

walter veltroniwalter veltroni

Nell'era del pensiero debole non bastava occuparsi di un fenomeno effimero come il veltronismo: ora che le inchieste romane stanno scoperchiando gli scandali del Campidoglio tocca anche scriverne l'epitaffio. Tutti a prendersela con Gianni Alemanno che riempì il comune di parenti e amici di cui, ha detto, ha sbagliato a fidarsi; e ci si dimentica che Luca Odevaine, vicecapo di gabinetto di Veltroni sindaco, arrestato per corruzione aggravata, secondo le accuse si faceva versare tangenti su conti segreti intestati all'ex moglie, ai figli e forse anche alla madre.

 

Si trascura che in un'intercettazione il boss delle coop si vantava di avere stretti rapporti con Goffredo Bettini, europarlamentare ed ex luogotenente del solito Veltroni (lui però smentisce). E che Salvatore Buzzi medesimo, numero uno della coop 29 Giugno, aveva lavorato anche con la giunta del fondatore del Pd.

 

LUCA ODEVAINE DURANTE LE OPERAZIONI DI SGOMBERO DEL CAMPO ROM DI VIA TROILI A ROMALUCA ODEVAINE DURANTE LE OPERAZIONI DI SGOMBERO DEL CAMPO ROM DI VIA TROILI A ROMA

Il povero Walter ce la stava mettendo tutta per mettersi sottotraccia e sottovento, al riparo da folate improvvise di tempesta per farsi trovare pronto al momento di scegliere il successore di Napolitano. Lui che ha diretto l'Unità e ha avuto in pugno la Rai, ha arginato il protagonismo di Massimo D'Alema, ha co-fondato l'Ulivo con Romano Prodi e fondato il Partito democratico, aveva qualche asso nella manica da sfoderare nella corsa verso il Quirinale. Acquattato nella Terra di mezzo, Veltroni attendeva l'occasione di sfoderare la zampata. Ma questa inchiesta che fa a pezzetti il potere romano presente e passato gli si stringe attorno fino a togliergli le residue speranze.

 

Tra un libro di successo e una puntatina in Africa dove doveva ritirarsi al termine della carriera politica (promessa da marinaio), precursore delle «narrazioni» vendoliane, padre di una creatura – il Pd – da cui è fuggito al primo colpo di vento contrario, l'ex sindaco di Roma che non è «mai stato comunista» ma kennediano non è nemmeno mai riuscito a tagliare con il sistema di potere e sottopotere rosso connaturato con il partito. Una novità di facciata che si è fondata su personaggi di apparato, come appunto Luca Odevaine.

 

cena di finanziamento del pd a roma  goffredo bettinicena di finanziamento del pd a roma goffredo bettini

Veltroni gli era legatissimo: uomo d'ordine (si parlava di lui come futuro capo dei vigili urbani di Roma) e mezzo parente di Giovanna Melandri (il cognato, fratello del marito, ha sposato la sorella di Odevaine) della quale è stato pure consigliere al ministero della Cultura. E la Melandri ha rappresentato la quintessenza del veltronismo, un mix tra partito e affabulazione, gioventù e tradizione, cultura e minculpop. Ramificazioni che s'intrecciano nel sottobosco romano.

 

SALVATORE BUZZI SALVATORE BUZZI

Odevaine è uno che si è fatto cambiare il cognome (quello originale era Odovaine) per fare dimenticare una condanna per droga già mezza cancellata dall'indulto. Negli anni recenti il cinquantottenne factotum democratico era finito a lavorare al ministero dell'Interno, nel Coordinamento nazionale sull'accoglienza per i richiedenti asilo a stretto contatto con il prefetto Mario Morcone, che il Pd ha candidato a sindaco di Napoli senza però avere la forza di portarlo al ballottaggio.

 

Da quel posto Odevaine fungeva da moltiplicatore di profughi, da accentratore di arrivi, da riempitore di centri d'accoglienza gestiti dalle coop amiche sue e foraggiati dallo stato. Per quel suo lavoro intascava 5000 euro il mese, secondo le accuse del boss delle coop Salvatore Buzzi, e li traghettava in Venezuela, patria dell'ex moglie. E siccome di Sudamerica se ne intende, ha detto che Alemanno portava valigie piene di soldi in Argentina. L'ex sindaco nega tutto.

gianni alemanno 1gianni alemanno 1

 

Veltroni ha definito l'arresto del suo ex braccio destro «uno choc angoscioso e sconcertante». C'è da credergli, perché è come se dicesse che lui non c'era, e se c'era dormiva perché aveva fiducia cieca nello «sceriffo»: così lo chiamavano affidandogli i dossier «law and order» più spinosi. Nelle ultime settimane Veltroni aveva altro cui pensare, al punto che uno che «sussurra ai potenti» come Luigi Bisignani ha svelato pochi giorni fa che Walter si stava dannando l'anima per scalare il Colle, potendo contare su solide amicizie tra i renziani. Purtroppo per lui, il fuoco amico dello «sceriffo» l'ha riempito di piombo.

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