NELLA MANOVRA SPUNTA UNA MANCETTA AI “PADRONCINI” DELLE TV LOCALI – LEGA E FRATELLI D’ITALIA HANNO PRESENTATO DUE EMENDAMENTI PER ASSEGNARE PIÙ FONDI ALLE EMITTENTI TV CHE OPERANO IN AMBITO REGIONALE, DA TELENORD A TELENORBA, ARRIVANDO A 135 MILIONI L’ANNO, A DISCAPITO DELL’EDITORIA GIÀ IN PIENA CRISI – UNA MOSSA PER TENERSI BUONI QUEI CANALI TV CHE, OLTRE ALLE TELEVENDITE, PROPINANO TALK CHE ASSOMIGLIANO A “COMIZI” DEI POLITICI LOCALI IN CERCA DI VOTI…
Estratto dell’articolo di Giuseppe Colombo per “la Repubblica”
Nelle ultime ore hanno bussato alla porta del ministro delle Imprese Adolfo Urso, in cerca di un portabandiera. Hanno cercato con insistenza Giulio Veltri, il capo del suo ufficio legislativo, per essere aggiornati sull'evoluzione delle norme in ballo. Ma hanno anche alzato il telefono per insistere con i "padrini" politici dei territori dove vanno in onda.
A loro - meloniani e leghisti - hanno lanciato un ultimatum: dateci una tutela o niente più spazi per talk che assomigliano a comizi. Soprattutto, le prime file delle tv locali hanno chiesto soldi. Molti di più rispetto a quelli che già ricevono dallo Stato.
alberto barachini foto di bacco
L'ha fatto, tra i tanti, anche Andrea Andreoli, un passato da giocatore di tamburello e oggi tra le figure chiave di Telenuovo, la televisione che spopola in Veneto. È stato lui a contattare il senatore di Fratelli d'Italia, Matteo Gelmetti, veronese, per chiedergli di spendersi al Senato, dove il governo ha riscritto alcuni emendamenti alla manovra della maggioranza con l'obiettivo di riequilibrare il Fondo per l'editoria.
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Detto, fatto. La richiesta di Andreoli si è tradotta in un subemendamento dei Fratelli che veicola la pretesa di assegnare 135 milioni ogni anno, dal 2026 al 2029, proprio all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale. Anche la Lega si è data da fare, con una proposta-fotocopia.
Sul piatto ci sono soldi pubblici che andrebbero ad alimentare realtà fatte di telegiornali a rullo, programmi allergici agli ascolti e soprattutto tante, tantissime televendite. Sprazzi di pseudo-giornalismo, molte "marchette". All'azienda del comprensorio o al parlamentare in cerca di voti. Tutto scaricato su giornalisti sottopagati, appesi a contratti depotenziati, in alcuni casi privi delle tutele professionali di base.
L'ultima battaglia dei signorotti delle piccole tv punta dritto al nuovo incasso. E a minare il disegno di Palazzo Chigi, che è intervenuto con la legge di bilancio per riequilibrare le due "gambe" del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione.
Sotto la regia del sottosegretario Alberto Barachini, la riformulazione di alcune proposte di Forza Italia e Lega aveva trovato un suo punto di equilibrio: 60 milioni in più a sostegno dell'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, e 20 milioni in meno a radio e tv locali.
Un'operazione chirurgica per aiutare l'editoria che da quest'anno dovrà fare i conti con la fine dei tanti aiuti messi in campo durante la pandemia. E invece no. Da Telenord a Telenorba, decine di tv si sono mosse a difesa del proprio feudo.
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La leva è pronta: un emendamento della Lega per istituire un nuovo fondo da 15 milioni all'anno. Senza data di scadenza. La gestione? Al più affidabile Mimit di Urso.



