VIENI AVANTI, PECHINO (CON LE MAZZE FERRATE E I BASTONI ELETTRICI): LA CINA SCOPRE IL BUSINESS DELLA TORTURA E LA ESPORTA NEL MONDO - AMNESTY: “SONO 134 LE IMPRESE DI PECHINO ATTIVE NEL SETTORE: TRA I CLIENTI 40 PAESI AFRICANI, NEPAL, CAMBOGIA E THAILANDIA”

Guido Santevecchi per “il Corriere della Sera

 

CINA TORTURA SEDIA CONTENITIVACINA TORTURA SEDIA CONTENITIVA

L’anno scorso la China Xinxing, azienda statale cinese, ha esportato in Africa prodotti per 100 milioni di dollari. Tra gli articoli sviluppati dalla fabbrica ci sono manette, sedie rigide per gli interrogatori, bastoni elettrici che possono essere usati per infliggere scariche estremamente dolorose su zone delicate del corpo, come i genitali, la gola, le orecchie. 
 

La Xinxing non è sola: secondo Amnesty International ci sono almeno 134 imprese cinesi impegnate nella produzione e nel commercio di strumenti «intrinsecamente crudeli e inumani che dovrebbero essere messi al bando». Queste società dell’orrore sono in maggior parte di proprietà statale e stanno vivendo un boom nella Repubblica popolare «fabbrica del mondo»: il rapporto spiega che erano 28 dieci anni fa, si sono più che quadruplicate. La tortura può essere un grande business. Un business globalizzato. 
 

CINA TORTURA BASTONE CON PUNTE D'ACCIAIOCINA TORTURA BASTONE CON PUNTE D'ACCIAIO

Naturalmente, il mercato esiste se c’è domanda e la richiesta di strumenti catalogati come «anti-sommossa e per l’applicazione della legge» è aumentata sensibilmente a seguito degli sconvolgimenti della Primavera araba e delle continue crisi nei Paesi africani e asiatici retti da regimi autoritari e dittatoriali. La China Xinxing, per esempio, vanta 40 governi africani tra i suoi clienti. Ma l’export è florido anche in Cambogia, Nepal, Thailandia, dove gli agenti usano mazze fornite di punte metalliche prodotte solo in Cina. 
 

Xi JinpingXi Jinping

«È un business multimiliardario», dice Patrick Wilcken di Amnesty International, che ha lavorato per quattro anni al rapporto. E aggiunge: «Pechino ha preso la testa nel segmento più orrendo di questo commercio, dalle catene pesanti per il collo che riducono la circolazione del sangue alle sedie per gli interrogatori, quella sorta di attrezzature di polizia considerate clandestine». Clandestine, ma nel corso delle sue ricerche Amnesty ha trovato prodotti del genere in fiere della sicurezza in Francia, Gran Bretagna, oltre che nel Medio Oriente e in Sud Africa. 
 

amnesty logo amnesty logo

Cinesi leader del settore, dunque, ma anche democrazie solide non hanno la coscienza tranquilla. Un funzionario della dogana di Londra per esempio ha risposto così alla domanda del Daily Telegraph : «La dogana di Sua Maestà valuta ogni caso di potenziale infrazione alle leggi sull’export. Comunque, una semplice brochure che pubblicizza prodotti sensibili non è necessariamente un reato». 
 

Resta il fatto che la Cina sembra essersi specializzata nella produzione e commercializzazione di strumenti di tortura. I sistemi usati dalla polizia della seconda economia del mondo sono stati spesso denunciati. La prova principe di ogni inchiesta è la confessione e per ottenerla catene, bastoni, scariche elettriche sono pratica comune. 
 

david camerondavid cameron

Per i funzionari del partito comunista accusati di «violazioni della disciplina», per esempio, vige il regime dello «shanggui»: che si traduce «doppia previsione» e significa che chi è inquisito deve ammettere la colpa entro il tempo previsto e nel luogo previsto. 
 

La Corte suprema cinese a novembre del 2013 ha formalmente vietato la tortura come mezzo per ottenere la confessione. E ha elencato i metodi orrendi usati negli interrogatori: «Uso del congelamento del soggetto; esposizione forzata e protratta alla luce del sole, al calore; privazione del cibo; privazione del riposo». 
 

francois hollandefrancois hollande

A una richiesta di commento sul rapporto di Amnesty International, la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino ha risposto negando: «Ho il piacere di ricordarvi che questa organizzazione è sempre parziale verso la Cina, così io dubito profondamente che la relazione sia onesta». 
 

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