monorchio ciampi amato

“L’ITALIA NON AVEVA PIÙ SOLDI. NON AVEVAMO NIENTE” – L’EX RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO ANDREA MONORCHIO RICORDA LA DRAMMATICA NOTTE DELL’ESTATE 1992 IN CUI AMATO FECE PASSARE IL PRELIEVO SUI CONTI – "IO NON ERO D’ACCORDO. NESSUNO FU INFORMATO. IL PROVVEDIMENTO DEL PRELIEVO FORZOSO NON È AGLI ATTI DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI. PER NON MENZIONARLO, AMATO SI TRINCERÒ DIETRO UNO SCIOGLILINGUA E PASSÒ AVANTI" - LA LITE CON L'ALLORA GOVERNATORE DI BANKITALIA CIAMPI E IL SILENZIO DI SCALFARO – IL RACCONTO DI QUANDO DOPO LE DIMISSIONI DI SARCINELLI, IL MINISTRO CARLI NOMINÒ DIRETTORE GENERALE DEL TESORO MARIO DRAGHI - COSSIGA MI REGALAVA SEMPRE MILLE LIRE E MI DICEVA: “È PER IL DEBITO PUBBLICO”

Francesco Verderami per il Corriere della Sera - Estratti

 

andrea monorchio foto di bacco

«L’Italia non aveva più soldi. Non avevamo niente. Niente». Andrea Monorchio smette di parlare, china il capo e chiude gli occhi. E in quel momento di raccoglimento rivede il baratro in cui stava per precipitare il Paese nell’estate del 1992. Per chi è Ragioniere generale dello Stato ed è chiamato a gestire le risorse dello Stato, il fallimento dello Stato rappresenta il fallimento di sé stesso.

 

«E sapere che l’Italia rischiava di non poter pagare stipendi, pensioni e titoli pubblici era un’idea inaccettabile».

 

Per tredici anni Monorchio ha guidato la Ragioneria generale, ed è inevitabile che i suoi ricordi si concentrino soprattutto su una delle notti più buie della Repubblica: il 10 luglio di trentadue anni fa, quando «il Paese fu a un passo dal default». «Da settimane la lira era sotto attacco speculativo. I mercati ci avevano abbandonato.

 

E i tedeschi completarono l’opera: la Bundesbank annunciò che non ci avrebbe più sostenuto. Carlo Azeglio Ciampi, che allora era governatore di Bankitalia, provò per mesi a difendere la permanenza della lira nel Sistema monetario europeo, prima di essere costretto a mollare».

andrea monorchio ciampi

 

Monorchio rammenta le critiche che colpirono Ciampi e le respinge: «Lui impedì che lo Stato finisse in ginocchio. Nel frattempo il governo di Giuliano Amato si adoperò con una manovra da 92 mila miliardi di lire e con un decreto da 30 mila miliardi. Fu allora che si misero le mani nei risparmi dei cittadini, con un prelievo forzoso dai loro conti correnti».

 

Il famoso prelievo del sei per mille.

«Il sei per mille era il cappio messo al collo di un condannato prima dell’impiccagione. Un passaggio drammatico che provocò persino un conflitto tra istituzioni».

 

In che senso?

gitte andersen andrea monorchio foto di bacco

«La decisione fu assunta in un incontro tra il presidente del Consiglio e il ministro delle Finanze Giovanni Goria. Era notte fonda ed eravamo riuniti a Palazzo Chigi, alle prese con i numeri della manovra. Mancavano tra i sei e gli ottomila miliardi. A un certo punto Goria disse ad Amato: “Andiamo di là”. Tornarono dopo venti minuti e il premier disse ai ministri: “Potete andare a dormire. Non lei Monorchio”».

 

Amato le rivelò il progetto?

«No. La decisione del prelievo forzoso fu tenuta segreta per evidenti motivi: se fosse trapelato qualcosa il sistema sarebbe collassato. Nessuno fu informato: non i ministri, non il capo dello Stato e nemmeno il governatore di Bankitalia».

 

E come fu approvata la norma in Consiglio dei ministri?

«Amato semplicemente la saltò. Quando verranno desecretati i verbali della riunione, si vedrà che tra i provvedimenti citati quello del prelievo forzoso non è agli atti. Per non menzionarlo, il premier si trincerò dietro una sorta di scioglilingua e passò avanti. La decisione rimase segreta fino alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale ».

giuliano amato

 

E quando la misura fu ufficializzata?

«Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che era solito chiamarmi ogni giorno, quella volta non chiamò. Ciampi invece...».

 

Ciampi?

«Andò su tutte le furie. Chiamò Amato ed ebbe con lui uno scontro verbale violento».

 

Ciampi che alza la voce con Amato?

«Tra i compiti del governatore di Bankitalia c’è anche quello di tutelare il risparmio.

andrea monorchio foto di bacco

“La Repubblica tutela il risparmio”, è scritto nella Costituzione. E quale tutela aveva potuto garantire Ciampi, visto che nottetempo i risparmi dei cittadini erano stati colpiti dallo Stato? Per Amato fu dura resistere».

 

Lei era d’accordo con la misura?

«No».

 

Ritiene fosse evitabile?

«(Silenzio) Non avevamo niente. Niente (silenzio) . Ci voleva coraggio a prendere una simile decisione, sapendo che il giorno dopo avresti avuto tutto il Paese contro. E così fu. I ministri, i partiti di maggioranza, quelli di opposizione. I sindacati. Tra le urla del governatore di Bankitalia e il silenzio del presidente della Repubblica. Ma l’Italia alla fine si salvò».

OSCAR LUIGI SCALFARO LAMBERTO DINI

 

(...)

 

Ma lei era Ragioniere generale già da tre anni.

«Sono stato l’unico funzionario dello Stato a partecipare ai Consigli dei ministri, nonostante la legge imponga che le sedute siano segrete. Ero pupillo di Guido Carli, allora ministro del Tesoro. Un giorno volle che lo accompagnassi dal capo del governo, al quale chiese che io presenziassi alle riunioni per spiegare, se del caso, i dettagli più complicati della Finanziaria».

 

Chi era all’epoca il presidente del Consiglio?

andrea monorchio foto di bacco

«Giulio Andreotti, che era al suo sesto governo. Lui accolse la richiesta di Carli, mi portò nel salone del Consiglio e con quella vocina inconfondibile disse: “C’é qualcuno dei signori ministri che ha difficoltà se il Ragioniere generale dello Stato rimane con noi?”. Nessuno ebbe da obiettare. Da allora fui sempre presente: risolvevo contenziosi senza avere davanti a me tabelle o documenti, perché i numeri li ricordavo a memoria».

 

E conoscendo «i numeri a memoria» non vide avvicinarsi la tempesta?

«Durante l’ultimo governo Andreotti, il settimo, tenemmo un incontro al ministero del Tesoro. Era presente anche Mario Sarcinelli, che era il direttore generale del ministero.

SCALFARO

Entrambi sostenemmo la necessità di adottare una serie di misure molto forti per ridurre drasticamente la spesa, iniziando dalle pensioni. Propendevamo per una linea molto dura confidando nell’appoggio di Carli, che aveva la personalità, il prestigio e l’autorevolezza per farla valere. Ma...».

 

Ma la linea «molto dura» non passò.

«Ricordo che il sottosegretario alla presidenza, Nino Cristofori, intervenne per bloccarla. Cristofori, un andreottiano di ferro, era conosciuto come un politico che pensava solo a distribuire pensioni. E anche Paolo Cirino Pomicino, ministro del Bilancio, si fece sentire. Carli alla fine apprezzò i suggerimenti miei e di Sarcinelli, ma non se la sentì di varare quel pacchetto di misure. E provocò la reazione di Sarcinelli».

 

Cosa accadde?

andrea monorchio

«Sarcinelli aveva con Carli un rapporto confidenziale, al punto che lui poteva dirgli ciò che altri non potevano neppure pensare. Mario si inalberò. Disse a Carli: “Se lei non se la sente, si deve dimettere da ministro”. Ovviamente Carli era consapevole che il Paese sarebbe andato gambe all’aria se si fosse dimesso. D’Altronde, se un’autorità come Carli avesse lasciato con la motivazione che non riusciva a mantenere il controllo del bilancio pubblico...».

 

E Sarcinelli?

«Reagì duramente: “Se non si dimette lei, mi dimetto io”. Si alzò e andò via. Carli non fece una piega: ricevette la sua lettera di dimissioni, le accettò e a stretto giro nominò direttore generale del Tesoro Mario Draghi».

 

Finita la prima Repubblica, avere a che fare con la seconda deve esserle sembrata una passeggiata.

«Quando nel 1994 Silvio Berlusconi divenne presidente del Consiglio, Scalfaro mi chiamò perché temeva per la gestione degli affari di governo. Pensava che da solo Gianni Letta non avrebbe potuto fare tutto.

 

mario draghi all'istituto bruegel

Perciò accettai di dare una mano. Fui io a consigliare come ministro del Tesoro Lamberto Dini, che peraltro mi aveva chiesto di vederlo. “Ma in campo neutro”, mi disse: cioè lontano dal ministero del Tesoro e da Banca d’Italia. Lui mi chiese se ero in corsa per quel dicastero. “Non ne ho alcuna intenzione”, gli risposi. “Mi sento sollevato perché ho questa aspirazione”, commentò. Così andai da Gianni Letta e glielo riferii: nel pomeriggio Dini era già nella lista dei futuri ministri».

 

Ripercorrendo una corsa lunga tredici anni, c’è un personaggio che le viene in mente?

gitte andersen andrea monorchio

« (Sorride) Francesco Cossiga. Quando era capo dello Stato mi chiamava ogni domenica mattina al Quirinale, chiedendomi poi di restare a pranzo. Era un uomo solo. “Presidente è l’unico giorno che ho per stare in famiglia”, gli obiettavo. “Hai ragione”. Allora mi salutava e prima di congedarmi mi regalava mille lire».

 

Mille lire?

«Sì. Firmava la banconota e mi diceva: “È per il debito pubblico”».

andrea monorchioandrea monorchiogiuliano amatoandrea monorchio e la moglie gitte

Ultimi Dagoreport

pippo baudo senato

SI E' SPENTO A 89 ANNI IL MITOLOGICO PIPPO BAUDO - L’UOMO CHE HA SCOPERTO TUTTI (PER PRIMO SE STESSO), DEMOCRISTIANO DI FERRO, HA ATTRAVERSATO CRISI DI GOVERNO E CAMBIAMENTI IN RAI E VANTA IL RECORD DEI FESTIVAL DI SANREMO CONDOTTI (13) – QUANDO SFIORÒ LA CRISI INTERNAZIONALE, NEL 1986, PER LO SKETCH DEL TRIO SOLENGHI-MARCHESINI-LOPEZ SULL'AYATOLLAH KHOMEINI. E QUANDO LANCIÒ BEPPE GRILLO CHE PRONUNCIÒ LA CELEBRE BATTUTA SU BETTINO CRAXI: "SE IN CINA SONO TUTTI SOCIALISTI, A CHI RUBANO?" (VIDEO) - "LO SHOWMAN DELLA TRADIZIONE, IL SUPERCONDUTTORE, L’ORGANIZZATORE DI UN INTRATTENIMENTO SEMPRE SINTONIZZATO SUL PENULTIMO PARADIGMA DEL CONSENSO POPOLARE, SENZA SQUILLI REAZIONARI E SENZA STRILLI AVANGUARDISTICI: CLASSI MEDIE, PUBBLICO MEDIO, SENSIBILITÀ MEDIA. PERCHÉ BAUDO È IL CENTRO. CULTURALE, POLITICO, SOCIALE" (EDMONDO BERSELLI)

putin trump

DAGOREPORT - IL FATTO CHE PUTIN SIA RITORNATO A MOSCA CON L’ALLORO DEL VINCITORE, LA DICE LUNGA DI COME SIA ANDATO L’INCONTRO CON TRUMP. DEL RESTO, COME PUOI CONFRONTARTI CON GLI ESPERTI DIPLOMATICI RUSSI (SERGEI LAVROV E YURI USHAKOV), AFFIANCATO DA UN SEGRETARIO DI STATO COME MARCO RUBIO, NOTORIAMENTE A DIGIUNO DI GEOPOLITICA, E DA UN VENDITORE DI APPARTAMENTI COME STEVE WITKOFF? – PUTIN, SORNIONE, HA CERCATO DI CONVINCERE TRUMP DI TAGLIARE I LACCI E LACCIUOLI CON I LEADER EUROPEI - MISSIONE NON OSTICA VISTO I “VAFFA” ALLA UE, ULTIMO DEI QUALI LA GUERRA DEI DAZI - TRA VARI MOTIVI CHE MANTENGONO ACCESO UN INTERESSE DI TRUMP CON L’EUROPA, FA CAPOLINO L’EGO-SMANIA DI ESSERE INCORONATO, COME OBAMA, CON IL NOBEL DELLA PACE. ONORIFICENZA CHE VIENE PRESA A OSLO E NON A MAR-A-LAGO - E ADESSO COSA POTRÀ SUCCEDERE LUNEDÌ PROSSIMO NELLA SALA OVALE DOVE È ATTESO L’INCONTRO TRA TRUMP E ZELENSKY? LA PAURA CHE IL LEADER UCRAINO SI PRENDA UN’ALTRA DOSE DI SCHIAFFI E SBERLEFFI DAL TROMBONE A STELLE E STRISCE INCOLPANDOLO DI ESSERE IL RESPONSABILE DEL FALLIMENTO DELLA SUA TRATTATIVA CON MOSCA, HA SPINTO MACRON A CONVOCARE I ''VOLENTEROSI'' -OBIETTIVO: PREPARARE ZELENSKY AL SECONDO ROUND CON IL TEPPISTA DELLA CASA BIANCA...

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - COME DESTABILIZZARE IL NEMICO PIÙ INTIMO? SEGUITE IL METODO MELONI: AD OGNI INTRALCIO CHE SI INVENTA QUEL GUASTAFESTE DI SALVINI, LA MINACCIA DELLA DUCETTA È SEMPRE LA STESSA: ANDIAMO AL VOTO ANTICIPATO E VEDIAMO QUANTO VALE NELLE URNE ‘STO CARROCCIO - QUESTO RITORNELLO MELONIANO DI ANTICIPARE DI UN ANNO LE POLITICHE 2027, PERCHÉ NON LO FA SUO ANCHE ELLY SCHLEIN? ANZICHÉ STAR LÌ A PIAGNUCOLARE DI “SALARIO MINIMO”, DI “POLITICA INDUSTRIALE CHE NON C’È” E DI “CETO MEDIO IMPOVERITO”, SE L’ITALIA VA A PUTTANE, METTA L'ARMATA BRANCA-MELONI IN DIFFICOLTÀ: SI TOLGA L’ESKIMO DA GRUPPETTARA E LANCI LEI A GRAN VOCE UNA BELLA CAMPAGNA FATTA DI SLOGAN E FRASI AD EFFETTO PER CHIEDERE LO SFRATTO DEL GOVERNO, LANCEREBBE COSI' UN GUANTO DI SFIDA ALL’ARROGANZA DELLA DUCETTA, METTENDOLA IN DIFFICOLTÀ E NELLO STESSO TEMPO RIUSCIREBBE A TRASMETTERE AL POPOLO DISUNITO DELL’OPPOSIZIONE UN SENTIMENTO FORTE, AFFINCHE' IL SOGNO DI MANDARE A CASA GIORGIA MELONI POSSA DIVENTARE REALTÀ - SE OGGI, LA STORIA DEI NUOVI MOSTRI POLITICI SI FONDA SULL’IMMAGINARIO, COSA ASPETTA ELLY SCHLEIN A CAMBIARE MUSICA?

orazio schillaci marcello gemmato paolo bellavite ed eugenio serravalle

DAGOREPORT – I DUE NO-VAX NOMINATI NEL COMITATO TECNICO SUI VACCINI SPACCANO FRATELLI D'ITALIA: MONTA IL PRESSING PER FAR DIMETTERE EUGENIO SERRAVALLE E PAOLO BELLAVITE DALL’ORGANISMO – IN MOLTI RITENGONO CHE IL RESPONSABILE POLITICO DELL’IMPROVVIDA DECISIONE SIA MARCELLO GEMMATO, FARMACISTA E POTENTE SOTTOSEGRETARIO ALLA SALUTE MELONIANO – IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI È FRUSTRATO DAI CONTINUI BLITZ POLITICI CHE LO PONGONO DI FRONTE A DECISIONI GIÀ PRESE: NON CONTA NULLA E TUTTI PRENDONO DECISIONI SULLA SUA TESTA. ORA SAREBBE INTENZIONATO A REVOCARE L’INTERO GRUPPO DI LAVORO SE I NO-VAX NON SLOGGIANO. ENTRO 48 ORE…