pignatone palamara napolitano

PALAMARA PARLA, IL PD TREMA - L'EX PM DI FRONTE ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA SVELA GLI INTRECCI TRA I GIUDICI E I DEM - LA NOMINA DEL PROCURATORE DI PALERMO FU CONCORDATA CON QUIRINALE (C'ERA GIORGIO NAPOLITANO) E PIGNATONE: AL POSTO DI GUIDO LO FORTE FU SCELTO FRANCO LO VOI, CHE ERA PIU' MORBIDO SUL PROCESSO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA NEL QUALE NAPOLITANO ERA STATO INTERCETTATO - IL RUOLO DI MINNITI NELLA NOMINA DI CAFIERO DE RAHO, L'OPPOSIZIONE A DI MATTEO E IL PM CHE VOLLERO INCONTRARE PALAMARA DOPO L'INTERROGATORIO DELLA BOSCHI PER IL CASO "TEMPA ROSSA"

Giacomo Amadori per "la Verità"

 

palamara

L'ex presidente del Senato, Piero Grasso, esponente di punta del Pd, ha provato ad appellarsi a ogni cavillo del regolamento allo scopo di impedire la «libera audizione» dell'ex pm Luca Palamara di fronte alla commissione Antimafia. Al punto di far perdere la pazienza al presidente, Nicola Morra, ma anche a chi, vicino a lui, a un certo punto ha esclamato stizzito: «C'è il segretario, cazzo».

 

Come a dire che c'era chi poteva controllare numero legale e altre questioni meglio di Grasso che, con il suo faccione, cercava di remare contro collegato da casa. «Capisco che voglia mettere i bastoni» ha commentato Morra, prima di concedere la parola a Palamara, al quale, evidentemente, qualcuno avrebbe preferito tappare la bocca.

 

PIERO GRASSO ALL ASSEMBLEA DI LIBERI E UGUALI

E forse dopo si è capito anche il perché. Infatti l'ex presidente dell' Anm ha depositato un appunto in cui sono citate diverse personalità di spicco del Pd. Del resto quello di Palamara è un osservatorio privilegiato del rapporto strettissimo tra toghe e sinistra, anche perché a un certo punto della sua carriera, tra la fine del 2017 e l' inizio del 2018, fu in predicato per un posto da parlamentare nelle file dei dem.

 

Nel documento un ampio capitolo è dedicato alla nomina del procuratore di Palermo, ovvero dell'inquirente che avrebbe dovuto sostenere l'accusa nel processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia. Il candidato di Palamara, all' inizio, è Guido Lo Forte, a cui era stato assicurato sostegno anche dall' ex procuratore di Roma, il siciliano Giuseppe Pignatone: «Quest' ultimo, in quel momento era un pezzo forte del "Sistema", anche perché nel frattempo aveva allacciato un ottimo rapporto con il presidente Giorgio Napolitano», scrive Palamara.

GUIDO LO FORTE

 

«Ma Lo Forte nell' ambiente era considerato un magistrato sostenitore dell' inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, che come noto lambiva, per usare un eufemismo, il Quirinale». Il presidente emerito in questa vicenda è cruciale, visto che era stato intercettato nel procedimento palermitano e stava cercando in tutti i modi di stoppare la pubblicazione delle conversazioni che lo riguardavano. Palamara fa riferimento anche a una trattativa sulla Trattativa.

lo voi 5

 

A Palermo incontra uno degli inquirenti del processo, Antonio Ingroia: «Il quale mi riferirà di aver appreso dall' allora direttore di Repubblica Ezio Mauro che unitamente al predetto Mauro io sarei stato incaricato dal Quirinale per mediare i rapporti tra la Procura di Palermo e il Quirinale sulla vicenda intercettazioni».

 

Un incarico che Palamara sembra ammettere: «Al riguardo io posso confermare di aver condiviso in quel periodo il disagio che Loris D'Ambrosio (consigliere giuridico di Napolitano, ndr) stava provando per il suo coinvolgimento nella vicenda (era stato intercettato anche lui, ndr) e soprattutto per la difficoltà di gestire il rapporto con il senatore Nicola Mancino (altro papavero piddino captato da Palermo, ndr) che in più occasioni gli chiese di interloquire direttamente con il presidente Napolitano. In tale ambito e in tale contesto affrontammo anche il problema relativo alla necessità di trovare un punto di equilibrio con la Procura di Palermo».

ezio mauro

 

In un altro passaggio l' ex toga ricorda la mossa di Napolitano: «In prossimità del plenum che doveva, come da accordi, varare l' operazione Lo Forte, arriva al Csm una lettera del capo dello Stato che invita a rispettare nelle nomine l' ordine cronologico, che non vede Palermo al primo posto. La nomina di Lo Forte quindi slitta, e siccome il Csm è in scadenza tutto viene rinviato alla tornata successiva».

 

LORIS DAMBROSIO

Cioè quella in cui verrà eletto Palamara. Il quale prosegue: «Pignatone sente puzza di bruciato e nonostante sia molto amico di Lo Forte cambia cavallo. Mi convoca e mi dice: "Si va su Lo Voi (Franco, ndr)". Su decisioni di questa portata il Quirinale è sempre in partita». L'ex toga ricorda un pesantissimo editoriale di Eugenio Scalfari contro i pm di Palermo proprio di quei giorni.

 

«È questo il clima che riaffiora al Csm nel dicembre del 2014, in occasione della nomina del nuovo procuratore di Palermo. Me lo fa capire anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini (altro esponente Pd, ndr), che suo malgrado si allinea sul candidato Lo Voi, il meno rigido dei tre sull' inchiesta Stato-mafia. Rimango sorpreso, ma sono uomo di mondo e studio la pratica».

giorgio napolitano guido alpa

 

A questo punto Palamara si inventa «un trucco concordato con le altre correnti», un tecnicismo, che garantisce la vittoria a Lo Voi. Confermata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato «presieduta da Riccardo Virgilio, che nei racconti di Pignatone era a lui legato da rapporti di antica amicizia», ha sottolineato l' ex presidente dell' Anm. Il quale ha ricordato anche un incontro a casa sua tra Virgilio e Pignatone, in cui i due avrebbero parlato «in maniera molto fitta e riservata».

 

il procuratore federico cafiero de raho intervistato foto di bacco

Nel suo appunto e nell'audizione Palamara ha evidenziato anche la contrarietà dei vertici della magistratura al conferimento di un incarico presso la Direzione nazionale antimafia al pm palermitano Nino Di Matteo, al centro di «invidie e gelosie di prime donne», e svela anche un retroscena sulla scelta del capo della stessa Dna: «La nomina di Di Matteo è in concomitanza con quella di Federico Cafiero De Raho alla Procura nazionale antimafia in relazione alla quale visti i suoi trascorsi alla Procura di Reggio Calabria vi è stata una diretta interlocuzione con l' allora ministro degli interni Marco Minniti». Sembra di capire che il calabrese Minniti si sia interessato alla nomina del magistrato che aveva guidato la Procura reggina.

 

LORIS DAMBROSIO

Palamara, infine, fa riferimento al procedimento Tempa rossa, che portò l' ex ministro Federica Guidi a dimettersi senza essere mai stata indagata e che «arrivò a sfiorare Elena Boschi, che infatti venne interrogata a Roma». E qui Palamara svela un clamoroso retroscena: «Per me fu abbastanza singolare che, dopo l' interrogatorio della Boschi, Luigi Gay, Laura Triassi e Francesco Basentini (i pm del fascicolo, ndr) vollero incontrarmi per tranquillizzarmi sull' andamento della indagine quasi a cercare una copertura da parte del Csm. [...], presenti le scorte, l' incontro avvenne presso il bar Vanni.

 

MARIA ELENA BOSCHI

Mi venne riferito che l'interrogatorio della Boschi non era durato due o tre ore come dicevano i primi lanci Ansa, ma molto di meno e che le lungaggini erano dovute a una circostanza molto più banale e grottesca: il computer si era inceppato e con grande imbarazzo di tutti nessuno sapeva cosa fare. Le circostanze da chiedere alla Boschi erano minime. Non mi capacitavo a quel punto della necessità di tutto quel clamore sulla vicenda. Comunque mi era chiaro che essendo prossimo il procuratore Gay alla pensione tanto Basentini che la Triassi ambivano ad incarichi semidirettivi. Basentini verrà poi nominato procuratore aggiunto di Potenza».

marco minniti (2)francesco basentini 2federica guidiluca palamara al csm 1

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...