salvini di maio

IL CLUB DEL DOPPIO MANDATO – SALVINI TIENE IN PUGNO DI MAIO PERCHÉ SA CHE L’EX BIBITARO NON PUÒ MINACCIARE IL RITORNO ALLE URNE – AD AVER RAGGIUNTO LA SECONDA E ULTIMA LEGISLATURA NON È SOLO IL VICEPREMIER, MA ANCHE FICO, SOTTOSEGRETARI E MINISTRI – SULLA PRESCRIZIONE I GRILLINI ESULTANO, MA ANCHE STAVOLTA HA VINTO SALVINI: LUI HA INCASSATO IL DECRETO SICUREZZA, LA NORMA DEL M5S ENTRA IN VIGORE NEL 2020

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

matteo salvini luigi di maio

È complicato per Di Maio tener testa a Salvini, e sono (anche) le regole del Movimento a metterlo in difficoltà, fino a zavorrarlo. Se la competizione con il leader del Carroccio è una sfida ad handicap, è perché nella faticosa gestione quotidiana il capo di M5S non può minacciare il ritorno anticipato alle urne, che nel gioco democratico può servire come exit strategy o come strumento di pressione politica al tavolo delle trattative di governo con gli alleati. Il vincolo del «doppio mandato» - che è il tratto distintivo dello statuto grillino - sottrae però allo stato maggiore dei Cinquestelle un' arma formidabile, e tatticamente lo pone in una condizione di svantaggio al cospetto della Lega .

 

SALVINI DI MAIO

Il fatto è che ad aver raggiunto la seconda legislatura non è il solo Di Maio, ma la gran parte dei membri del governo e dei rappresentanti istituzionali: in base al regolamento i ministri Fraccaro, Grillo, Lezzi e Toninelli, i sottosegretari Buffagni e Castelli, il presidente della Camera Fico, la vice presidente del Senato Taverna - oltre a numerosi parlamentari - non potrebbero più ricandidarsi. Così l' intero vertice del Movimento è oggi un'«anatra zoppa», non è in grado cioè di esercitare appieno le sue funzioni perché di fatto considerato in scadenza.

 

Questa condizione sbilancia il rapporto con il Carroccio e influenza le dinamiche interne ai Cinquestelle, finendo per indebolire il controllo sui gruppi parlamentari. Ce n' è la prova con i cinque senatori che si sono rifiutati di votare ieri il dl Sicurezza: il fatto che siano stati segnalati ai probiviri è il tentativo di mostrare il pugno di ferro.

 

CARTA IGIENICA SALVINI DI MAIO

Ma fino a un certo punto, perché non è alle viste una loro espulsione: il motivo non è solo legato ai numeri risicati del governo al Senato, il problema è che i vertici di M5S non hanno la forza politica per un simile atto di forza.

 

A indicare il «re nudo» è stato nei giorni scorsi proprio uno dei «dissidenti», De Falco, che ha usato proprio il vincolo del doppio mandato per replicare a Di Maio: «Minaccia di cacciarmi? Ricordo che anche lui è a termine».

 

ALESSANDRO DI BATTISTA IN GUATEMALA

Altro che «testuggine»: questo meccanismo riduce i margini di manovra del vice premier grillino con il vice premier leghista. Perché Salvini può giocare con due carte, il governo e il voto, mentre Di Maio ha solo la prima. L' altra ce l' ha Di Battista, che avendo ancora un mandato da usare si prepara a rientrare dalle vacanze sudamericane.

 

E che ieri è tornato a ricordarlo: «Sulla prescrizione vedremo se la Lega sta con l' Italia o con Berlusconi». Il suo bersaglio non era il Carroccio, nel mirino aveva il capo di M5S, di cui vuole saggiare - al cospetto della base - la capacità di resistere all' alleato di governo su un tema che è un richiamo della foresta per i grillini: la giustizia.

luigi di maio matteo salvini

 

Senza la carta del voto anticipato, Di Maio - stretto nella morsa - potrà tentare di resistere fino alle Europee, che è considerata una possibile «dead line» della legislatura. Dopo, la sua condizione di «anatra zoppa» sarà ancor più evidente.

 

Il leader del Movimento è consapevole del problema, che è al centro di conversari riservati in riunioni ristrette. Anche perché il «doppio mandato» è argomento tabù per i grillini. Ma nell' inner circle del vice premier se ne discute e non c' è dubbio che la questione sarà affrontata. Anche perché, se così non fosse, Di Maio vivrebbe una strana condizione: sarebbe capo politico per dieci anni senza poter più avere incarichi parlamentari o di governo.

 

Servirà allora sfatare quel tabù. Un primo strappo alle regole è già avvenuto per il voto del 4 marzo, quando le «parlamentarie» sono state usate solo per i candidati del proporzionale, mentre i candidati sull' uninominale sono stati scelti in modo discrezionale. Un' altra «deroga» è allo studio per selezionare la squadra dell' Europarlamento. Ma il nodo politico è il doppio mandato: scioglierlo non sarà indolore.

 

 

PRESCRIZIONE, INTESA CON RINVIO AL 2020 DI MAIO ESULTA MA È ANCORA SALVINI A VINCERE

Manuela Perrone per www.ilsole24ore.com

 

ALFONSO BONAFEDE MATTEO SALVINI

Dopo giorni ad alta tensione, è arrivata la fumata bianca sulla prescrizione dal vertice mattutino tra il premier Conte, i vice Di Maio e Salvini e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. La riforma che blocca la prescrizione dopo il primo grado ci sarà, come chiesto da Di Maio e dal M5S, ma entrerà in vigore soltanto da gennaio 2020 e soltanto se nel frattempo sarà entrata in vigore la riforma del processo penale, come preteso da Salvini.

 

L'ennesimo compromesso è stato raggiunto dopo neanche mezzora, ratificando la trama che gli sherpa andavano tessendo da ieri. È stato Bonafede a esultare fuori da Palazzo Chigi: “Basta impuniti! La norma sulla prescrizione sarà nel disegno di legge anticorruzione. Ed entro l'anno faremo anche la riforma del processo penale. Processi brevi con tempi certi. Finalmente le cose cambiano davvero”.

 

ALFONSO BONAFEDE ABBRACCIA LUIGI DI MAIO E DI BATTISTA GUARDA

Ma è di tutta evidenza come politicamente l'abbia spuntata ancora una volta Salvini, frenando con decisione quella che era stata letta dai leghisti come una fuga in avanti dei pentastellati, non concordata. È infatti lui (e non Di Maio) a fornire i dettagli sui tempi e a parlare di “mediazione positiva”: “La norma sulla prescrizione sarà nel Ddl ma entra in vigore da gennaio del 2020 quando sarà approvata la riforma del processo penale. La legge delega, che scadrà a dicembre del 2019, sarà all'esame del Senato la prossima settimana”.

 

La sproporzione tra i due leader della maggioranza si fa plastica ogni giorno di più, al di là dei sondaggi che vedono svettare il segretario della Lega. Salvini ha appena incassato il primo via libera a Palazzo Madama al suo provvedimento bandiera: il decreto sicurezza. Ha sventato le norme più indigeste e reagito con compostezza agli attacchi più scomposti, come l'evocazione della “manina” sul decreto fiscale. Di Maio è costretto ad aspettare. Ha dovuto far digerire alla sua base la soluzione per l'Ilva, il sì al Tap, il condono fiscale, le sanatorie edilizie per Genova e il Centro Italia.

DAVIDE CASALEGGIO E ROBERTO FICO

 

Ha cinque dissidenti usciti allo scoperto in Senato (proprio sul Dl sicurezza). È impantanato sulle grandi opere assieme al suo ministro Danilo Toninelli, in attesa del responso dell'analisi costi-benefici. E teme che, dopo la giustizia, anche il reddito di cittadinanza sia alla fine costretto a slittare a data da destinarsi. Ma il Movimento non può aspettare Godot. Le europee di maggio sono dietro l'angolo.

danilo toninelli 3

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