LO SCANDALO PEDOFILIA FU IL VERO MOTIVO DIETRO ALLE DIMISSIONI DI RATZINGER – BENEDETTO XVI CHIESE MASSIMA TRASPARENZA E VARÒ UNA CAMPAGNA DI TOLLERANZA ZERO, MA SI RIVELÒ UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO QUANDO INIZIARONO AD ESSERE ACCUSATI PRETI TEDESCHI – NEGLI ANNI ’80, DA ARCIVESCOVO DI MONACO DI BAVIERA, ACCOLSE NELLA SUA DIOCESI “PADRE H”, ACCUSATO DI MOLESTIE SU MINORI – IL TESTO SULLA PEDOFILIA COLLEGATA AL “COLLASSO MORALE” DELLA RIVOLUZIONE SESSUALE DEL ’68…

 

Fausto Gasparroni per l’ANSA

 

JOSEPH RATZINGER NEL 1977

Benedetto XVI è stato il primo Papa ad avviare una campagna di "tolleranza zero" per sradicare il fenomeno della pedofilia nel clero e per punire i colpevoli, compresi i vescovi 'omertosi'. Fu lui - a cui, all'epoca ancora cardinale, si deve la clamorosa denuncia della "sporcizia nella Chiesa" nella Via Crucis del 2005 - a portare a sentenza l'annoso processo sul 'caso Maciel', il fondatore dei Legionari di Cristo.

 

E fu lui a volere massima trasparenza su ogni caso, contro la prassi degli insabbiamenti delle denunce di abusi e dei semplici spostamenti dei pedofili da una diocesi all'altra. L'emergere di sempre nuove vicende risalenti ai decenni passati (una lambì la stessa figura del Pontefice, per il cambio d'incarico a un prete pedofilo quand'era arcivescovo a Monaco) fece però divampare ancora di più lo scandalo a livello globale.

 

Il Papa indirizzò anche una lettera "ai cattolici d'Irlanda", Paese tra i più colpiti. Ma nell'estate del 2011 l'uscita delle relazioni governative sugli abusi nelle diocesi d'Irlanda innescò perfino una crisi diplomatica con Dublino. La forte spinta anti-pedofili da parte di Benedetto XVI, insomma, sembrò diventare un'arma a doppio taglio, che s'infiammò ancora di più negli anni successivi con le uscite delle varie indagini indipendenti o governative in diversi Paesi europei, in singole diocesi, come pure negli Stati Uniti.

 

PAPA FRANCESCO E JOSEPH RATZINGER

Lo scandalo, all'inizio del 2010, investì anche la Chiesa tedesca e in marzo arrivò a sfiorare lo stesso Benedetto XVI, già arcivescovo di Monaco di Baviera dal 1977 al 1982: proprio in quel ruolo, l'allora cardinale Joseph Ratzinger accettò nel 1980 di accogliere nella sua diocesi, da quella di Essen, al solo scopo di farlo curare, un sacerdote sospettato di molestie sessuali su minori.

 

Secondo la ricostruzione fatta dalla diocesi di Monaco, l'allora vicario generale della capitale bavarese, mons. Gerhard Gruber, decise però di affidare al religioso, definito retrospettivamente come "padre H.", un ruolo pastorale in una parrocchia. Ciò senza avvertire il suo superiore, ovvero lo stesso Ratzinger.

 

BERGOGLIO SULL AEREO CON PADRE FEDERICO LOMBARDI

Il sacerdote si rese poi responsabile di nuovi crimini di pedofilia tanto che nel 1986 il tribunale dell'Alta Baviera lo condannò a 18 mesi di carcere e a una multa di 4 mila marchi tedeschi. Immediatamente, sia il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sia l'arcivescovado di Monaco sostennero l'assoluta estraneità di Benedetto XVI a quanto accaduto. Lo stesso ex vicario generale, mons. Gruber, si assunse ogni colpa, con una dichiarazione pubblicata sul sito diocesano.

 

Ma il caso tornò a galla nel gennaio 2022, quasi nove anni le dimissioni di Benedetto XVI - intanto nel 2019 suscitò non poche polemiche un suo testo sulla pedofilia nella Chiesa, da lui collegata al "collasso morale" della rivoluzione sessuale del '68 - con l'uscita del rapporto indipendente sugli abusi sessuali nell'arcidiocesi bavarese, che ha accusato Ratzinger di "comportamenti erronei" nella gestione di singoli casi.

 

joseph ratzinger

Tra l'altro, in quei giorni l'autodifesa del Papa emerito conobbe uno spiacevole inciampo quando dovette correggere una sua dichiarazione essenziale rilasciata in relazione al dossier. Contrariamente al suo precedente resoconto, infatti, Ratzinger partecipò alla riunione dell'Ordinariato il 15 gennaio 1980, durante la quale si parlò del prete giunto da Essen che aveva abusato di alcuni ragazzi ed era venuto a Monaco per una terapia. Tuttavia, dichiarò il segretario particolare mons.

 

Georg Gaenswein, nell'incontro in questione "non fu presa alcuna decisione circa un incarico pastorale del sacerdote interessato". Piuttosto, la richiesta fu approvata solo per "consentire una sistemazione per l'uomo durante il trattamento terapeutico a Monaco di Baviera". La questione che restava in piedi, però, era che Benedetto sapeva del prete accusato di pedofilia, anziché il contrario.

 

WOJTYLA E RATZINGER

In seguito, al prete fu affidata la cura delle anime e continuò nei suoi comportamenti. E l'accusa che veniva rivolta all'allora arcivescovo Ratzinger era di non aver preso alcun provvedimenti affinché ciò non accadesse. Un'accusa che è costata all'ormai 95/enne Ratzinger anche una denuncia sporta in sede civile al Tribunale provinciale di Traunstein, nella Baviera tedesca, da un uomo che ha riferito di aver subito gli abusi proprio dal recidivo H. nella località di Garching an der Alz.

 

 Il Papa emerito, agli inizi di novembre 2022, ha anche accettato di difendersi nella causa insieme agli altri tre denunciati: oltre al prete già condannato penalmente, anche il cardinale Friedrich Wetter, successore di Ratzinger sulla cattedra di Monaco, e l'arcidiocesi stessa. Se non si fosse dichiarato disposto alla difesa, il Pontefice emerito, nella quiete dell'ex monastero Mater Ecclesiae, avrebbe rischiato una condanna in contumacia.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?