renzi d alema dalema bersani ditta pd sinistra bindi letta

DIPARTITO DEMOCRATICO - COFFERATI A GENNAIO, PASTORINO A MARZO, CIVATI A MAGGIO, FASSINA E GREGORI A GIUGNO: CONTINUA LA LENTA AGONIA DEI ‘SINISTRATI’ - SE RENZI RESTA AL POTERE, NON È PIÙ CORAGGIOSA UNA SCISSIONE PILOTATA?

Federico Geremicca per “la Stampa”

 

COFFERATI BURLANDOCOFFERATI BURLANDO

Cofferati a gennaio, Pastorino a marzo, Civati a maggio, Fassina e Gregori a giugno... Magari non è un’emorragia - come quella dalle urne delle regionali - ma il rubinetto del Pd comincia a perder acqua.

 

Goccia a goccia, mese dietro mese... Gli ultimi due ad andarsene sono stati la Gregori - giovane deputata di Tivoli - e Stefano Fassina, uno che dal 4 gennaio dell’anno scorso, diciamoci la verità, non era altro che un morto che camminava: politicamente parlando, s’intende.

 

Il famoso «Fassina chi?», sussurrato da Matteo Renzi ai giornalisti proprio in quel giorno d’inizio anno, determinò le immediate dimissioni da viceministro con Letta del più eretico dei bocconiani: era un’avvisaglia. Restò nel Pd - anzi, ci è rimasto ancora diciotto mesi - ma fu chiaro a tutti che la sua corsa (Renzi imperante) era finita lì. Stagioni di tormenti politici, le uscite di altri «compagni di strada» e l’indifferenza del premier-segretario ad ogni richiesta di cambiar rotta, alla fine hanno convinto Fassina che l’ora era suonata. Era suonata già molto prima, in verità: ma questo nulla toglie alla rilevanza del gesto. E aggiunge qualcosa, anzi, al travaglio che deve averlo accompagnato.

vendola civati fassinavendola civati fassina

 

E’ un peccato per chi continua a credere che i partiti e le loro discussioni interne ancora abbiano un senso. Ed è anche una perdita, in realtà: perché non erano in pochi a immaginare che il duello perfetto per le future primarie del Congresso che verrà poteva essere proprio quello tra il «destro» Renzi e il radicalissimo Fassina.

 

Andrà in un altro modo, e vedremo come. Ma per i tanti inquieti che affollano la minoranza Pd, il segnale è chiaro e forte: se molla perfino un dirigente che un anno e mezzo fa era viceministro e prima sedeva in segreteria con Bersani, quale altra strada è percorribile al di là dell’abbandono?

 

STEFANO FASSINA E FRANCESCO BOCCIASTEFANO FASSINA E FRANCESCO BOCCIA

Quando si parla, si scrive o si ragiona intorno a ipotetiche scissioni nel Pd, la reazione dei «lealisti» e dei possibili scissionisti è servita in fotocopia: «Fesserie, va tutto bene, restiamo nella stessa casa». Poco importa che la casa, intanto, perda intonaco, mostri crepe e rischi di andare alla malora. L’importante è resistere un minuto in più dell’avversario. Ed è per questo, in fondo, che quando invece qualcuno molla - oggi Fassina, ieri gli altri - l’atto è accolto quasi come una diserzione, un vulnus all’illusione che sia cosa buona e giusta restare comunque assieme: a qualunque costo e qualunque cosa accada.

 

orenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoom orenzo Guerini Debora Serracchiani Luca Lotti Maria Elena Boschi b b adb c f a b ba MGzoom

Lo confermano, a ben vedere, persino le reazioni all’uscita dal partito di Stefano Fassina, che oggi è accompagnato alla porta con blande solidarietà (Bersani: «Oggi il Pd è più povero»), accuse di codardìa (Guerini: «Abdica alla sfida del cambiamento») e perfino di alto tradimento (Orfini: «E’ stato viceministro sostenuto da Berlusconi, perché se ne va ora?»). Uno che va via, infatti, rovina l’antica e rassicurante favola: «E’ solo dialettica, il Pd è un partito unito». E invece è dall’indigerita ascesa di Matteo Renzi che il Pd non è più unito: e a questo punto, riconoscerlo e trarne qualche conseguenza, potrebbe esser meglio che continuare a far finta di niente.

 

ORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATIONORFINI E RENZI GIOCANO ALLA PLAYSTATION

Perché intendiamoci: il Partito democratico può gestire i suoi affari interni come crede, fingere unità mentre affila i coltelli e simulare - quando riesce - un comune sentire che non esiste più. Se non fosse che il Pd è il maggior partito di governo, amministra Regioni e città e rischia - anzi ha già rischiato - di sentirsi rivolgere la contestazione che solitamente veniva rivolta alla vecchia e litigiosissima Dc: non potete scaricare le vostre divisioni sulle istituzioni, paralizzandole.

 

In effetti, è paralizzata Roma: e non solo per gli affari di Mafia Capitale, ma per il solito - preesistente e perdurante - duello tra amici e nemici di Renzi. E’ paralizzata la Campania: dove litigi e divisioni hanno reso imbattibile la candidatura di De Luca alle primarie e alla presidenza, col corollario di guai che poi ha generato. Ed è di fatto annientata la possibilità che Renzi apra a confronti e modifiche vere su questo o quel passaggio delicato, visto che la fiducia reciproca è a livelli tali da trasformare un ipotetico dialogo in un campo zeppo di trappole e di tagliole.

 

Il Partito democratico, dunque, può gestire fino a un certo punto i suoi affari interni come crede: oltre quel punto, infatti, pagherà - perché lo avrà fatto pagare al Paese - un prezzo che rischia d’esser alto. Saggezza e realismo consiglierebbero scelte conseguenti e chiare, da parte d’un fronte e dell’altro.

renzi dalema fassina civati   gioco dello schiafforenzi dalema fassina civati gioco dello schiaffo

 

Chiare come la decisione degli «scissionisti» - Cofferati, Civati, Fassina e altri - di riunirsi sabato 4 luglio per aprire la via a un nuovo soggetto politico. E chiarezza per chiarezza, si immagina che fissare il «battesimo» della creatura proprio nel giorno dell’americanissimo e capitalissimo «Independence Day», sia stato solo un caso. A meno che, naturalmente, anche loro non abbiano una indipendenza da festeggiare...

 

 

Ultimi Dagoreport

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)

2025agnoletti

CAFONAL ''AGNOLETTI & TORTELLONI'' – AL CIRCOLO CANOTTIERI ANIENE, PER IL PARTY DI “JUMP COMUNICAZIONE” DI MARCO AGNOLETTI, EX PORTAVOCE DI RENZI, E "SOCIAL COM" DI LUCA FERLAINO, UNA MARIA ELENA BOSCHI IN MODALITA' PIN-UP SI PRESENTA CON LA SUA NUOVA FIAMMA, L'AVVOCATO ROBERTO VACCARELLA, CHE QUI È DI CASA (SUA SORELLA ELENA È LA COMPAGNA DI MALAGÒ, GRAN VISIR DEL CIRCOLO DELLA “ROMA BENISSIMO”) – UN GRAN MISCHIONE ALLA ROMANA DI DESTRA E SINISTRA E TIPINI INTERMEDI HA BRINDATO AL NATALE, STARRING: LUCIO PRESTA, PEPPE PROVENZANO, ANTONELLA GIULI, FITTIPALDI, ALESSIA MORANI, FAUSTO BRIZZI, PAOLO CORSINI, NELLO MUSUMECI, SIMONA SALA, ALBERTO MATANO, SALVO SOTTILE, MYRTA MERLINO E MARCO TARDELLI, MICHELA DI BIASE, ITALO BOCCHINO, LAURA TECCE CON VESTITUCCIO SBRILLUCCICANTE CHE NON AVREBBE SFIGURATO AL MOULIN ROUGE, GIORGIA CARDINALETTI IN LOVE... 

alfredo mantovano papa leone xiv italia agenti servizi segreti

OGGI ALLE 11 ALFREDO MANTOVANO E I VERTICI DELL’INTELLIGENCE ITALIANA SONO STATI RICEVUTI IN UDIENZA DA PAPA LEONE XIV, A CITTÀ DEL VATICANO – SARANNO PRESENTI I COMPONENTI COPASIR, IL DIRETTORE GENERALE DEL DIPARTIMENTO DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA (DIS), VITTORIO RIZZI, I DIRETTORI DELLE AGENZIE INFORMAZIONI E SICUREZZA ESTERNA (AISE), GIOVANNI CARAVELLI, E INTERNA (AISI), BRUNO VALENSISE. È LA PRIMA VOLTA DI UN PAPA TRA GLI SPIONI (DI CERTO NON E' LA PRIMA VOLTA DI SPIE INTORNO A UN PAPA...) - PREVOST: "MAI USARE INFORMAZIONI PER RICATTARE" (SI VEDE CHE L'INTELLIGENCE NON È IL SUO FORTE)

brunello cucinelli giorgia meloni mario draghi massimiliano di lorenzo giuseppe tornatore nicola piovani

DAGOREPORT - L’AUTO-SANTIFICAZIONE DI BRUNELLO CUCINELLI È COSTATA CARA, NON SOLO AL “SARTO CESAREO” DEL CACHEMIRE, MA ANCHE ALLE CASSE DELLO STATO - IL CICLOPICO DOCU-FILM “IL VISIONARIO GARBATO”, DIRETTO DAL PREMIO OSCAR GIUSEPPE TORNATORE E BATTEZZATO CON TANTO DI PARTY ULTRACAFONAL IN UNO STUDIO DI CINECITTÀ ALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI, È COSTATO LA SOMMETTA DI 9.987.725 MILIONI DI EURO. DI QUESTI, I CONTRIBUTI RICEVUTI DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON IL MECCANISMO DEL TAX CREDIT RAGGIUNGONO LA CIFRA DI 3.955.090 MILIONI - DA PARTE SUA, PEPPUCCIO TORNATORE AVREBBE INTASCATO 2 MILIONI PER LA REGIA E 500 MILA PER SOGGETTO E SCENEGGIATURA – A PRODURLO, OLTRE A BRUNELLO STESSO, LA MASI FILM DI MASSIMILIANO DI LUDOVICO, CHE IN PASSATO HA LAVORATO SPESSO CON IL PRODUTTORE MARCO PEROTTI, COINVOLTO NEL CASO KAUFMANN (FU LUI A INOLTRARE LA DOMANDA DI TAX CREDIT PER IL FILM “STELLE DELLA NOTTE” DEL FINTO REGISTA-KILLER) - IL MONUMENTO A SE STESSO GIUNGE AL MOMENTO GIUSTO: DUE MESI FA, UN REPORT DI ''MORPHEUS RESEARCH'' ACCUSO' L'AZIENDA DI CUCINELLI DI VIOLARE LE SANZIONI UE ALLA RUSSIA…

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin valery zaluzhny

DAGOREPORT - ZELENSKY, FINITO NELLA TENAGLIA PUTIN-TRUMP E SOSTENUTO SOLO PARZIALMENTE DA UNA UNIONE EUROPEA BALCANIZZATA, CERCA LA MOSSA DEL CAVALLO PER SPARIGLIARE LE CARTE E SALVARE IL SALVABILE: PORTARE L’UCRAINA A ELEZIONI NEL GIRO DI 2-3 MESI. SAREBBE UNA VITTORIA DI PUTIN, CHE HA SEMPRE CHIESTO DI RIMUOVERE IL PRESIDENTE (DEFINITO “DROGATO”, “TOSSICOMANE”, “MENDICANTE”). IN CAMBIO “MAD VLAD” DOVREBBE ACCONSENTIRE A UNA TREGUA PER PERMETTERE IL VOTO, SOTTO ATTENTO CONTROLLO DEGLI OSSERVATORI OCSE – IN POLE POSITION L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE, VALERY ZALUZHNY. MA SIAMO SICURI CHE UN INTEGERRIMO GENERALE COME LUI SIA DISPOSTO A METTERE LA FACCIA SULLA RESA?