“SIAMO SICURI CHE I MAGISTRATI SIANO COSI’ POPOLARI?” – I DUBBI DI SCHLEIN SUL REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA: “NON SIAMO IL PARTITO DEI PM, NON SAREMO NOI A POLITICIZZARE LA SFIDA” – ELLY SA CHE CHI PERDE IL REFERENDUM CHE SI TERRÀ TRA FINE MARZO E METÀ APRILE RISCHIA DI USCIRE SCONFITTO, L’ANNO DOPO, ANCHE ALLE POLITICHE E RIFERISCE DI UN RECENTE SONDAGGIO SECONDO CUI IL 33% DEGLI ITALIANI È FAVOREVOLE ALLA RIFORMA, ALTRETTANTI, PERÒ, SONO I CONTRARI, E IL RESTO DEI CITTADINI È INDECISO - NEL PD PERÒ C’È ANCHE CHI NON È CONTRARIO ALLA RIFORMA. HANNO DETTO CHE VOTERANNO SÌ BETTINI, DE LUCA…
Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera" - Estratti
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Già, perché nella sala Koch di Palazzo Madama tutti si rendono conto del rischio che il Pd e il centrosinistra intero stanno correndo: chi perde il referendum che si terrà tra fine marzo e metà aprile rischia di uscire sconfitto, l’anno dopo, anche alle Politiche.
Elly Schlein è consapevole della posta in gioco e per questo ha voluto riunire i «suoi» parlamentari. La segretaria è solita decidere da sola le sue strategie, lo farà anche questa volta, ma vuole coinvolgere gli altri esponenti dem perché la responsabilità sia condivisa.
«Vince chi sarà più bravo a mobilitare il suo elettorato», spiega la leader dem nel suo intervento di chiusura. Insomma, chi porta più tifosi alle urne potrà sperare nel successo. Ci si interroga sull’«effetto Garlasco».
E, soprattutto, ci si chiede: siamo sicuri che i magistrati siano così popolari? Peraltro un pm che popolare lo era sul serio, Antonio Di Pietro, ha già annunciato il suo sì al referendum. E infatti Schlein spiega che il Pd «non si farà schiacciare sui magistrati»: «Noi non siamo il partito dei pm ma il partito che ne rispetta l’indipendenza».
La segretaria riferisce di un recente sondaggio secondo cui il 33% degli italiani è favorevole alla riforma, altrettanti, però, sono i contrari, e il resto dei cittadini è indeciso. Insomma, avverte la leader, i margini per convincere chi non si è fatto ancora un’idea ci sono tutti. Su quali tasti battere? Schlein aveva pensato di dare l’allarme sulla «democrazia in pericolo».
Ma le reazioni alla sua uscita su questo argomento al Congresso del Pse di Amsterdam sembrano averla resa più cauta. «Dobbiamo fare questa battaglia con parole misurate e moderate», dice adesso. E in sala c’è qualche brusio da parte di chi ricorda le sue «affermazioni olandesi». Poi la leader dem avverte: «Non saremo noi a politicizzare o personalizzare il referendum, lo faranno loro».
Dunque, non sarà un duello Schlein-Meloni. Anche se in molti nel Pd ritengono che alla fine si possa andare a parare proprio lì. «Ma Meloni non ci farà questo piacere, non commetterà l’errore di Renzi», commenta un deputato riformista. Sono due i punti su cui la segretaria ha intenzione di insistere.
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Primo: «Il referendum è una trappola per non parlare d’altro, cioè delle condizioni degli italiani». Secondo: «Dobbiamo usare le parole di Nordio che ha ammesso che questa riforma non fa niente per migliorare la vita dei cittadini». Serve solo al governo «che vuole essere sopra la legge».
Nella riunione gli interventi sono molti, ma non viene presa nessuna decisione. Gli esperti si concentrano sui dettagli, gli altri sulle tecniche di comunicazione. Cuperlo propone la «strategia del carciofo», ossia di insistere su più argomenti a seconda della platea. L’idea piace. Boccia, che ha aperto l’assemblea, accusa: «Vogliono trasformare il capo di governo in capo di Stato».
Nel Pd però c’è anche chi non è contrario alla riforma.
Hanno detto che voteranno sì Goffredo Bettini, Vincenzo De Luca, Stefano Ceccanti, Giorgio Tonini, Enrico Morando e Claudia Mancina.


