STRATEGIE PADANE - FLAVIO TOSI SI È INABISSATO E PARLA POCHISSIMO, MA ALLE PROSSIME ELEZIONI È PRONTO A CANDIDARSI PREMIER - ZITTO ZITTO SI È FATTO UN PARTITO CHE SI CHIAMA “RICOSTRUIAMO L’ITALIA” E HA SEDI ANCHE AL SUD

Giancarlo Perna per “Libero quotidiano

 

FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI jpegFLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI jpeg

Salvo i veronesi che ce l’hanno sotto gli occhi, per tutti gli altri Flavio Tosi è desaparecido. Il sindaco leghista di Verona sembra uscito di scena. Ma il risvolto stupefacente è che non sta affatto con le mani in mano: si dà un gran daffare, però nessuno se ne accorge. Se la sordina sia intenzionale o perché è un pirla della comunicazione, resta un mistero.

 

FLAVIO TOSI DOPO LA RIELEZIONE A SINDACO DI VERONA FLAVIO TOSI DOPO LA RIELEZIONE A SINDACO DI VERONA

C’era una volta Tosi, il sindaco sceriffo sulla bocca di tutti. Nel primo mandato, tra il 2007 e il 2012, riordinò la città con la ramazza. Chiuse i campi rom, suo vecchio pallino che anni prima, per avere promosso una campagna «antizingari», gli costò l’accusa di razzismo e una condanna (sospesa) a due mesi di gattabuia. Combatté le belle di notte che stazionavano sotto i lampioni, multando gli ingrillati che fermavano l’auto per contrattare le prestazioni.

 

Vietò l’accattonaggio, il fumo nei giardini pubblici e piazzò i braccioli centrali sulle panchine per ostacolare «la vergogna» di chi si stendeva per dormirci. La sua notorietà oltrepassò i confini quando il Wall Street Journal raccontò una iniziativa definita «da Alabama segregazionista».

 

STEFANIA VILLANOVA E FLAVIO TOSISTEFANIA VILLANOVA E FLAVIO TOSI

Cioè, «creare entrate separate sui bus per gli extracomunitari e per gli autoctoni». L’idea, mai messa in pratica, fu così giustificata da Tosi: «Volevo solo che gli immigrati entrassero dalla porta anteriore per controllare più facilmente i loro biglietti». Infine, entrato nel suo ufficio di sindaco, tolse subito il ritratto di Giorgio Napolitano, sostituito con Sandro Pertini. Spiegò che Napolitano non rappresentava la Nazione, ma tacque sulla scelta di Pertini. Poiché Flavio aveva equamente in antipatia tutte le sinistre, si pensò che preferisse un socialista morto a un comunista vivo. L’episodio ci permette di anticipare alcuni elementi della successiva metamorfosi di Tosi.

 

UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 2UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 2

Tre anni dopo l’ostracismo, Flavio ripristinò il ritratto del presidente. Era il 2010, centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, e, di lì a poco, Napolitano venne in visita celebrativa a Verona, su invito dello stesso sindaco. Cosa era accaduto? Andiamo con ordine. La riconciliazione di Flavio con Re Giorgio era avvenuta certamente per influsso di Roberto Bolis, suo portavoce. Bolis è un valente collega con un passato all’Unità, comunista nell’animo che però stima Tosi il quale ricambia riconoscendogli una congrua busta paga che in città ha suscitato invidie. Al sodalizio, che dura da anni, si deve una maggiore apertura del sindaco con le sinistre.

UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 3UMBERTO BOSSI E MATTEO SALVINI 3

 

Quando giunse a Verona, Napolitano prese la parola per elogiare Tosi per poi passargliela e farsi elogiare da lui. Da allora, i due sono abbinati come giacca e gilè. Un secondo risvolto della vicenda, è che l’invito di Tosi a Napolitano fu fatto per celebrare l’unità nazionale. Il che faceva del sindaco un’anomalia rispetto al leghista tipo. Da allora, la sua percezione pubblica cambiò.

 

Pur essendo anche segretario della Liga Veneta, la più radicale delle formazioni padane, Flavio è un convinto antisecessionista e il più «unitario» dei leghisti. La circostanza - aggiunta a beghe interne - lo mise in urto con Umberto Bossi non ancora azzoppato dai guai di famiglia e le ruberie di Belsito. Il Senatur iniziò col chiamarlo «il matto di Verona», per poi legnarlo ogni giorno di più.

 

ACCORDO EXPO GIUSEPPE SALA ENRICO LETTA ROBERTO MARONI GIULIANO PISAPIAACCORDO EXPO GIUSEPPE SALA ENRICO LETTA ROBERTO MARONI GIULIANO PISAPIA

Nel 2012 ci fu la rottura, quando Tosi decise di ricandidarsi sindaco con liste civiche, escludendo la Lega. Era un’aperta ribellione, la scelta di Bobo Maroni come nuovo leader e l’addio al centrodestra berlusconiano. Bossi reagì con un urlo dei suoi: «È uno st..zo, che ha fatto entrare i fascisti nelle nostre sedi e vuole spaccare la Lega».

 

Tosi fu rieletto a furore di popolo e riprese stabilmente il suo posto tra i sindaci più amati d’Italia. Ultimamente, come avviene quando il potere si prolunga, è nato qualche scandalo e oggi si parla apertamente di «sistema Verona». Il suo braccio destro, Vito Giacino, è stato ammanettato per presunte mazzette ma il sindaco l’ha difeso. «Giacino è e resterà sempre un amico», ha detto. Anche qui, va notato - sempre per l’anomalia tosiana - che Giacino è di origine meridionale. Dunque, oltre a non essere secessionista, Flavio non è neanche mangia terroni.

 

Roberto Maroni e Umberto Bossi a Pontida Roberto Maroni e Umberto Bossi a Pontida

Anzi. E qui si apre l’ultimo capitolo che all’inizio mi ha fatto dire che Tosi si dà da fare, ma niun lo sa. In vista della scadenza del mandato cittadino tra un paio d’anni e forte del suo ecumenismo italiano (in contrasto col padanismo leghista), Tosi si è fitto in capo di diventare premier. Vuole le primarie del centrodestra, togliere lo scettro a quel «bollito» - così lo definisce - del Berlusca e battere Matteo Renzi alle urne.

 

E qui, stupite perché - esperti esclusi - la cosa è sfuggita a tutti: ha fondato un proprio partito. Si chiama «Ricostruiamo l’Italia», ed è unitario e nazionale fin dal nome. RI è nato un anno fa e ha decine di sedi in tutto lo Stivale, anche nelle più remote province meridionali. Questi presidi sono detti Fari, dal simbolo del partito: un faro che getta un doppio fascio di luce, a destra e a sinistra (a Sud come a Nord). Pare che Tosi sia continuamente in giro tra Puglia, Calabria, Toscana, Emilia, ecc per illustrare il suo «programma per l’Italia di oggi e di domani».

 

Roberto Maroni Roberto Maroni

Come detto, questo sforzo resta invisibile ai più. L’assurdo, tanto per dire, è che «Italia Unica», il movimento di Corrado Passera, nato da meno tempo e uscito di clandestinità con un paio di interviste su Libero, sia già più noto della oscurissima creatura tosiana. Perciò, se tra due anni non vuole trovarsi con un pugno di mosche, il sindaco deve svegliarsi.

 

Tanto più che nel centro destra, Matteo Salvini, l’ex gemello (oggi, tra i due, c’è rivalità) sta velocemente rosicchiandogli la scena. Campanello d’allarme sono state le elezioni europee di maggio, nelle quali il veneto Flavio è stato messo in ombra, proprio nella sua regione, dal lombardo Matteo che ha raccolto centodiecimila preferenze contro le sue novantanovemila.

 

Giorgio  Napolitano Giorgio Napolitano

Se ne fossi il curatore d’immagine, direi a Tosi di valorizzare gli atout che, per modestia, tiene celati. Intanto, sorrida di più e addolcisca il broncio mandibolare così da perdere l’aria amara di chi ha appena trangugiato fiele alla veneta con osèi. Dovrebbe poi pubblicizzare due cose. La prima, è che gioca nell’Atletico Riovalli, squadra composta per metà da calciatori africani, il che prova l’inesistenza dei pregiudizi che gli sono attribuiti. La diffusione di una sua foto con i compagni sotto la doccia, farebbe perfettamente alla bisogna. L’altra è che ogni capodanno si getta in costume nel Lago di Garda e, in caso sia ghiacciato, fa un buco col piccone e si tuffa comunque.

 

Anche qui, dovrebbe farne un cortometraggio da mostrare nei comizi. Immaginate come si giocherebbe questa carta Beppe Grillo. Flavio invece, che è all’antica, sbagliando, tace. Poiché le cronache riferiscono che ha appena incontrato una nuova compagna, la senatrice leghista Patrizia Bisinella, non resta che auguragli di trovare in lei il pungolo di cui difetta.

 

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