SILVIO, TORNA A BORDO, CAZZO! - COL BANANA CHE NON SCENDE DAI MONTI AVENDO OTTENUTO IL SALVACONDOTTO PER MEDIASET, NEL PDL CRESCE IL GRUPPO DI CHI VUOLE STACCARE LA SPINA PRIMA DELLA DEFLAGRAZIONE ELETTORALE DEL PDL - VERDINI PROSPETTA UN CLAMOROSO CAPPOTTO ALLE AMMINISTRATIVE, CON LA “PERDITA SECCA” IN TUTTI E 28 I CAPOLUOGHI E LE 7 PROVINCE (ALLORA SÌ CHE RIGOR MONTIS RISCHIERÀ LA POLTRONA)…

Francesco Bei per "la Repubblica"

«Da qui a maggio, la data delle amministrative, può accadere di tutto: anche una scissione, certo. Ormai, in parlamento, la spaccatura tra chi sostiene Monti e chi lo avversa è verticale». A parlare è un ex ministro di Berlusconi. Che sta lavorando in questi giorni al reclutamento. Avvicinando uno a uno i deputati per chiedergli «tu che farai se bisognerà staccare la spina al governo? Sarai dei nostri?».

Ecco, al di là della retorica, l´impressione è che l´onda alta provocata dall´arrivo dei tecnici abbia investito prima e con più forza il Pdl. Sottoposto a una fortissima pressione centrifuga a causa del sostegno a Monti. Incalzato dalle lobby, che reclamano modifiche al decreto liberalizzazioni. Schiacciato dal ricatto di Bossi sulla giunta della Lombardia, allettato da Casini al Sud.

Con la matematica certezza, come si legge nel report riservato che Denis Verdini ha sottoposto giorni fa al «capo», di un clamoroso cappotto alle amministrative, con la «perdita secca» in tutti e 28 i comuni capoluogo e le 7 province che vanno al voto. Quella davvero sarebbe la fine. «Sono pessimista - ha confessato l´ex premier ancora ieri a un´amica - e questa rottura con Bossi non so dove ci porterà».

Altro dunque che "il Caimano". La scena che si sono trovati di fronte gli uomini e le donne del Pdl, chiamati giovedì sera a raccolta a palazzo Grazioli, «sembrava - confessa uno dei presenti - piuttosto quella di un funerale». Il Cavaliere, depresso oltretutto per la condanna che ritiene ormai «certa» al processo Mills, li aspettava con un montaggio dei suoi 18 anni di impegno politico: dalle strette di mano con Clinton al G8 dell´Aquila. Una Spoon River per immagini, che alla fine lo ha anche commosso, con tutti che gli dicevano «caro Silvio, i prossimi 18 anni saranno anche migliori, vedrai, torneremo al governo».

Ecco, per comprendere il «male oscuro» che ha preso il Pdl bisogna partire da qui, dall´eclissi del leader che finora ha tenuto insieme le tre grandi anime del partito: gli ex missini, gli ex socialisti e gli ex democristiani. Fuori lui da palazzo Chigi, senza voglia e possibilità di rientrarci, sta saltando tutto. Tanto che ormai si parla apertamente di scissione, di federazioni di partiti, di Pdl del Nord e del Sud. Il tutto in un vortice di libanizzazione tra clan, correnti, potentati in lotta fra loro.

E, a proposito di Libano, giusto ieri Franco Frattini e Claudio Scajola erano proprio a Beirut, ospiti del falangista Gemayel, per l´internazionale democristiana. Insieme a Pier Ferdinando Casini. Un caso? Scajola è il più avanti nell´elaborazione di una strategia che porta il Pdl a sciogliersi nella futura casa dei moderati.

«Siamo arrivati un bivio - spiega dalla sua stanza a Beirut -, si tratta di darci finalmente un´identità: decidere chi siamo, dove dobbiamo andare e con chi». Scajola, e con lui Frattini e la gran parte degli ex Dc, sono per sostenere Monti senza se e senza ma. «Dobbiamo approfittare del fatto che non governiamo - dice l´ex ministro dello Sviluppo - per preparare la strada del domani. Altrimenti saranno altri a occupare lo spazio dei moderati».

Sono considerazioni che Frattini ripete spesso ad Angelino Alfano. E proprio il segretario del partito, in gran segreto, sta pianificando un tour di accreditamento personale presso le cancellerie europee che lo porterà presto a Londra, Parigi e Madrid. Presentandosi come il leader italiano del Ppe. Alfano deve crescere in fretta. Muoversi in anticipo prima che il partito gli si sciolga sotto al naso. Per non farsi trovare impreparato, in vista della candidatura del 2013, ha persino promesso all´amico Frattini di imparare l´inglese entro la prossima estate con un corso accelerato.

Ma il tempo corre troppo veloce anche per i piani di Angelino, l´eterno delfino. Gli ex An infatti scalpitano, guidati da Ignazio La Russa. Che intravede il crollo del sistema di potere messo in piedi in Lombardia in quindici anni. Esagerazioni? Ieri "Libero" apriva la prima pagina con un irriverente «ADDIO PDL».

Con Daniela Santanché che è arrivata a paragonare il Cavaliere al comandante della Costa, ingiungendogli un «Sali sulla nave, Berlusconi, cazzo!». L´eclissi del leader, fermo sullo scoglio mentre la nave affonda. In questa Babele di lingue, di tattiche contrapposte che è diventato il Pdl, chi cerca di tenere la baracca in piedi sono i capigruppo. Diventati, forse anche loro malgrado, le uniche bitte a cui ancorare il vascello alla deriva.

È stato Maurizio Gasparri a fare la spola con palazzo Chigi per limare il decreto sulle liberalizzazioni la notte prima dell´approvazione. Ed è stato Fabrizio Cicchitto a gestire la partita della mozione comune sull´Europa. E proprio Cicchitto ha instaurato la consuetudine di una consultazione pressoché quotidiana e riservata con il dirimpettaio Dario Franceschini, capogruppo del Pd. È la nascita, di fatto, di quella cabina di regia parlamentare che Casini reclamava in aula un paio di settimane fa.

E che La Russa vede come fumo negli occhi. Del gruppo fa parte anche Gaetano Quagliariello, che lavora insieme agli sherpa del Pd per una nuova legge elettorale. La scommessa è un triplo salto mortale: sostenere Monti, salvare il Pdl e il bipolarismo. «C´è un interesse convergente - osserva Sandro Bondi - tra noi e il Pd per fare le riforme. La rotta è quella e alla fine gli elettori, anche quelli della Lega, sapranno giudicare chi ha messo al centro gli interessi del paese». Ma il problema, a questo punto, è se ci sarà ancora un Pdl sulla prossima scheda elettorale.

 

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