IL SOSPETTO DI UN “AIUTINO” DELLA MAGISTRATURA A OBAMA OFFUSCA LA CONVENTION DEI DEMOCRATICI - IL GIUDICE ERIC SCHNEIDERMAN, CHE INDAGA SULLA “DISINVOLTURA FISCALE” DI ROMNEY E’ UN “AMICO” DI BARACK, COPRESIDENTE DI UNA COMMISSIONE DELLA CASA BIANCA, IN POLE PER UN SEGGIO DEMOCRATICO AL SENATO - LE OPERAZIONI DI CUI E’ ACCUSATO MITT DIFFUSISSIME E MAI CONTESTATE PRIMA…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

Archiviata la convention repubblicana di Tampa, poco generosamente liquidata da Barack Obama come uno spettacolo d'altri tempi, da tv in bianco e nero, da domani tocca ai democratici riunire i loro «stati generali» a Charlotte. Per l'assemblea che deve lanciare la volata del presidente verso il voto del 6 novembre, il partito della sinistra americana ha scelto una terra, il North Carolina di un Sud non ancora «profondo», sicuramente inospitale, ma che ha qualche speranza di riconquistare.

Un tentativo di rilancio basato, oltre che sulla figura carismatica di Bill Clinton (avrà il palco tutto per sé mercoledì sera), sull'immagine di Michelle Obama, oggi assai più popolare del marito, che aprirà la convention domani insieme al giovane sindaco di San Antonio Julian Castro (37 anni). Donne, giovani, ispanici: i tre blocchi sui quali i democratici puntano per riconquistare la Casa Bianca e recuperare seggi al Congresso dopo la batosta delle elezioni di mid term del 2010.

Intanto si continuerà a «lavorare ai fianchi» Mitt Romney, cercando di dimostrare la sua inadeguatezza: un ricco «allergico» alle tasse con poca personalità e un programma fatto più di ideologia che di cifre e misure. Nella loro campagna contro la «disinvoltura fiscale» del candidato repubblicano alla Casa Bianca, ora i democratici dispongono di una nuova arma: l'inchiesta aperta dal procuratore generale dello Stato di New York, Eric Schneiderman, per appurare se alcune delle maggiori società americane di private equity compresa Bain Capital, quella fondata da Romney, hanno commesso abusi nell'applicare pratiche di elusione fiscale grazie alle quali hanno pagato centinaia di milioni di dollari di imposte in meno.

Un'arma che rischia di essere a doppio taglio perché se l'elusione, come abbiamo raccontato ieri, è imponente e ha prodotto benefici economici dei quali il leader conservatore continua a godere ancora oggi, 13 anni dopo aver lasciato il gruppo specializzato in compravendita di società in crisi, è anche vero che quelle pratiche erano molto diffuse: sono avvenute per anni alla luce del sole ed erano generalizzate.

Per quanto se ne sa, l'Irs, il fisco federale, non le ha mai contestate apertamente: perché allora il procuratore si muove solo oggi, in piena campagna elettorale e con i riflettori sulle abitudini fiscali di Romney riaccesi qualche giorno fa alla pubblicazione di 900 pagine di documenti finanziari e fiscali di Bain Capital sul sito Gawker.com?

Il sospetto, ovviamente, è quello di un atto giudiziario legittimo ma che ha anche motivazioni politiche, tanto più che il procuratore generale in America viene eletto dal popolo e spesso, dopo essersi fatto le ossa con la magistratura, passa all'amministrazione della cosa pubblica: tutti e due i predecessori di Schneiderman - Eliot Spitzer e Andrew Cuomo - sono poi diventati governatori dello Stato di New York.

Mentre per lo stesso Schneiderman, vicino a Obama e copresidente della commissione della Casa Bianca che indaga sullo scandalo dei mutui subprime, si parla di un possibile futuro da senatore.

Ieri, dopo che la notizia dell'inchiesta è stata pubblicata dal New York Times c'è stata molta cautela: il team di Romney si è limitato a esprimere qualche perplessità sulla natura dell'iniziativa. Né i democratici sono saltati immediatamente sul caso. La Procura si è limitata a fare presente che l'iniziativa - una serie di inviti a comparire diretti contro molti dei principali nomi del private equity - risale alla fine di luglio. È quindi precedente alle polemiche fiscali di agosto e alla pubblicazione, 10 giorni fa, dei documenti di Gawker.

Tutto ruota attorno alla «management fee waiver»: espressione misteriosa per indicare l'abitudine di molte di queste società di trasformare le fee, le provvigioni incassate dai clienti (tassate al 35 per cento) in capital gain sui quali si paga solo il 15 per cento. Si paga meno perché si tratta di un investimento che comporta rischi, ma nel caso specifico queste società di private equity non rischiavano nulla. Ma nessuno, fin qui, come detto, ha avuto nulla da ridire.

 

BARACK OBAMA E MITT ROMNEY Eric Schneiderman, BARACK OBAMA BILL CLINTON michelle Il fotomontaggio del settimanale spagnolo «Fuera de Serie»Bain Capital

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