di battista renzi toninelli lezzi

"NO A UN NUOVO GOVERNO CON RENZI. HA DIMOSTRATO DI NON ESSERE UNA PERSONA AFFIDABILE" – TONINELLI, BARBARA LEZZI E UN PEZZO DI M5S CHE FA CAPO A "DIBBA" DICONO NO A UN NUOVO GOVERNO CON MATTEUCCIO. INSOMMA SE QUALCUNO IMMAGINA UNO SCHEMA DEL TIPO: REINCARICO A CONTE, CHIARIMENTO CON RENZI, E NUOVO ESECUTIVO CON LA VECCHIA MAGGIORANZA RINFORZATA DA UN PATTUGLIONE DI “RESPONSABILI”, SAPPIA CHE LA BANDA DI BATTISTA È PRONTA A FARE LE BARRICATE – IL RACCONTO BY RONCONE

Fabrizio Roncone per corriere.it

 

toninelli lezzi

Le riunioni nei giornali viaggiano ormai su Teams, WhatsApp, sms, e tutti stiamo sempre con un occhio alle agenzie e uno ai siti.

 

 

Sullo schermo del pc, ad un certo punto, compare la facciata di San Luigi dei Francesi con i suoi meravigliosi Caravaggio, il ciclo dedicato a San Matteo, quella pazzesca lama di luce della Vocazione, e subito — per ricordarci che siamo terreni, dentro una miserabile crisi politica — ecco pure il senatore grillino Danilo Toninelli, lo sguardo al solito un po’ fisso.

Ma forse sotto la mascherina sta dicendo qualcosa.

C’è uno di noi che s’incuriosisce.

Mai dare niente per scontato, qui pure le mezze frasi possono darci un po’ di bussola.

Forza, alza un po’.

di battista

 

Toninelli, in effetti, sta dicendo proprio una frase intera (riferita ad un altro Matteo): «Renzi, no. Renzi ha dimostrato che non può esserci un uno per cento di possibilità di essere una persona affidabile». Tradotto in italiano: non si fida di Renzi.

 

Lasciate stare quanto sia drammatico che si esprima così un ex ministro della Repubblica, magari su questo ci torniamo dopo. Un suo peso politico, la frase ce l’ha. Significa che un pezzo di M5S è pronto a mettersi di traverso. Insomma se qualcuno immagina uno schema del tipo: reincarico a Conte, chiarimento con Renzi, e nuovo esecutivo con la vecchia maggioranza rinforzata da un pattuglione di «Responsabili», sappia che la banda Di Battista è pronta a dire no, escluso, non ci stiamo.

 

luigi di maio stefano buffagni riccardo fraccaro danilo toninelli barbara lezzi

L’ideuzza che ronza da tempo nella mente di Alessandro Di Battista detto Dibba è questa: aspettare che si torni a votare e rientrare in Parlamento guidando un gruppo di scissionisti, grillini puri della prima ora (tra l’altro, lui così troverebbe finalmente un lavoro.

 

Ne ha provati parecchi, negli ultimi tempi, s’è dato da fare, ma sempre senza fortuna: il suo reportage per Sky sull’America Centrale è stato giudicato da Aldo Grasso il peggior documentario del 2019; ha provato a fare il falegname, però era troppo faticoso; allora la scorsa estate s’è pure cimentato in un mestiere antico e di grande suggestione, il barman, era lì sulla spiaggia di Ortona e funzionava, i suoi gin tonic erano squisiti, ma era un lavoretto stagionale, non ci campi una moglie e due figli).

 

 

 

renzi a porta a porta

Comunque: Dibba pensa — probabilmente a ragione — che ci sia uno spazio elettorale, una fetta di elettorato grillino deluso, forse disgustato da certe capriole, certe scene, con i parlamentari peones aggrappati in queste ore agli scranni di Palazzo Madama e di Montecitorio e con i loro capi che pensano ad accroccare un altro governo anche per poi continuare a distribuire incarichi nelle partecipate, potere su potere, caccia al potere, mentre Di Maio — nel suo piccolo — fa sapere che non intende schiodare dalla poltrona di ministro degli Esteri se non per andarsi a sedere su quella di premier (alla Casa Bianca, del resto, c’è già Biden).

 

Dibba, in attesa di eventi, fa il duro e i suoi li telecomanda da fuori.

Toninelli. E la Lezzi (più altri che non vale la pena di citare).

TONINELLI ESULTA CON LA LEZZI BY LUGHINO

 

La senatrice Barbara Lezzi cammina muro muro, l’altro giorno le sono andati dietro con i microfoni e lei, poverina, è inciampata. Un operatore della Rai, come in un western: «Lasciamola sta’. Tanto questa nun parla».

 

Ma davvero, senatrice, lei non parla?

 

«Ho scritto su Facebook».

 

Una cosetta in più?

 

«Chi sarebbe cosetta? Io?».

 

Chiedevo: un dettaglio in più?

 

«Con Renzi, noi non ci stiamo».

 

E dove andreste?

 

matteo renzi

«In che senso?».

 

Lezzi, 48 anni, da Lecce, arriva al Senato due legislature fa e si presenta nell’emiciclo con un apriscatole. Lo agita minacciosa: «Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno! Cambieremo tutte le brutte abitudini!». Poi, subito, assume la figlia del compagno. Stupore, polemiche, volgarissimo caso di parentopoli. La ragazza viene licenziata in fretta, mentre lei, la Lezzi, non molla la scena. All’Aria che Tira, su La7, chiede che il cittadino «venga informato a 370 gradi». Poco tempo dopo spiega che «l’aumento del Pil non è merito del governo a guida Pd, ma del caldo e dell’uso, eccessivo, dei condizionatori».

A Beppe Grillo sembrava un talento assoluto. Grillo la adorava.

 

di battista

Così, quando i vertici del Movimento, nel patto di governo con la Lega, dovettero assegnare il delicatissimo ministero del Mezzogiorno, prima pensarono a Laura Castelli (che però, avendo lavorato in un Caf, preferì continuare a fare il sottosegretario all’Economia, più nelle sue corde) e poi, appunto, a lei, a questo talento della Lezzi (in possesso di un altro solido curriculum: diploma di perito aziendale, impiegata 20 anni in un’azienda che produce materiale per orologiai).

 

Saggiamente, Dibba capisce che decodificare la Lezzi e Toninelli può essere un filo complicato. Così va da Accordi&Disaccordi su la Nove e dice: «Renzi fuori dal governo».

La storia è questa.

 

Quando al giornale abbiamo deciso di scriverla, dall’archivio hanno tirato fuori un mucchio di materiale.

di battista renzi

 

Toglie ancora il fiato la foto di Toninelli — all’epoca ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti — che, ospite di Bruno Vespa, ride davanti al plastico del Ponte Morandi (appena crollato).

di battista

Ultimi Dagoreport

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)