mose venezia

LA TRAVERSATA DEL MOSE – STELLA: DALL’ANNUNCIO DI DE MICHELIS AD AMBURGO NEL 1985, 34 ANNI DI POLEMICHE, SPRECHI, MAZZETTE, RINVII, INCHIESTE GIUDIZIARIE, MANETTE, DIMISSIONI, COMMISSARI. ALLA FINE DI OTTOBRE UN ALTRO RINVIO - DOPO L’ALLUVIONE DEL ’66, MONTANELLI: “A VENEZIA NON SI PUÒ PROCEDERE AL BUIO. UNO SBAGLIO, CHE A MILANO PUÒ ESSERE CORRETTO E RIMEDIATO, PER VENEZIA PUÒ SIGNIFICARE LA MORTE”

Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera

 

mose

«Vento e piova / Che el Signor la mandava / Dai Tre Porti / Da Lio, da Malamocco / L' acqua vegniva drento de galopo / La impeniva i canali, / La bateva in tei pali...». A vedere montare l' acqua alta, l' altra notte, i veneziani hanno rivissuto i versi disperati del poeta ottocentesco Francesco Dall' Ongaro.

Le sirene del primo allarme sono arrivate alle sei del pomeriggio: 145 centimetri. Le seconde verso sera: 160. Le terze alle 22.50: «La laguna subisce gli effetti di non previste raffiche di vento da 100 km orari. Il livello potrebbe raggiungere i 190 centimetri alle 23.30».

 

Arriverà in realtà a 187. Solo sette centimetri in meno della disastrosa «aqua granda» del 1966.

venezia san marco

Anche i più previdenti, come Gianpietro Zucchetta che anni fa scrisse per Marsilio «Storia dell' acqua alta a Venezia», un libro pieno di cronache antiche e illustrazioni e rapporti scientifici, nulla hanno potuto davanti alla violenza della marea. Sul portone di casa aveva montato una robusta paratoia che arrivava a un metro e 75 centimetri.

Più di così! Nella notte le acque se la sono portata via e la stanza d' ingresso è finita sotto. Le foto pubblicate da Corriere.it dicono tutto.

Gondole strappate all' ormeggio e lasciate dalla corrente in mezzo alle calli e ai campielli.

 

 

E poi vaporetti sollevati come barchette e sbattuti di sbieco sulle rive del Canal Grande. Alberghi di lusso come il Gritti coi divani e i tavolini del Settecento galleggianti tra le stanze dorate col ritratto di un doge severo appeso alla parete. Negozi di oreficeria e suppellettili e vestiti travolti dalla marea, con borse e borsette che affogano in un liquido scuro. Maschere da carnevale inzuppate e sformate. Negozianti con le mani nei capelli.

mose

 

La cripta di San Marco invasa dalle onde e così la Basilica e la Piazza, coi turisti che si muovono silenziosi trascinando gli stivaloni. Eccetto il solito bulletto, che sguazza ridendo nell' acqua per la foto ricordo. Del tutto ignaro della tragedia che si va compiendo. E sintetizzata dal procuratore di San Marco così: «Siamo stati a un soffio dall' Apocalisse».

 

Solo la piena del '66 fu così devastante. Al punto di sollevare un' indignazione mondiale contro il continuo aumentare dei giorni di acqua alta. E di spingere Venezia, il Veneto, l' Italia, a cercare una soluzione. «Non c' è tempo da perdere!», dicevano tutti. «Non c' è tempo da perdere!». Poi le acque si ritirarono, il fango fu asciugato, le botteghe vennero riaperte, i tavolini dei bar tornarono al loro posto e coi tavolini tornò al suo posto anche il sole. I lavori «urgentissimi» si fecero «urgenti», poi «necessari in tempi brevi», poi diluiti nei dibattiti: «Bisogna pensarci bene». I danni gravissimi al patrimonio umano, artistico, culturale non servirono neppure a rallentare la costruzione in corso del grande Canale dei Petroli. Che c' entrava, quel canyon scavato in una laguna profonda in media 110 centimetri, con l' acqua alta?

INDRO MONTANELLI

 

Tre anni dopo, nel 1969, Indro Montanelli si sfogava contro certe iniziative «prese e tirate avanti senza che si fossero studiati gli effetti che potevano sortire sul delicato equilibrio acqua-aria-terra su cui Venezia si regge, e che ora dà segni di catastrofico sconvolgimento». E ammoniva che a Venezia «non si può procedere al buio. Uno sbaglio, che a Milano può essere corretto e rimediato, per Venezia può significare la morte. Ci si astenga quindi da imprese, di cui prima non si siano studiate a puntino le conseguenze».

 

Ci pensarono per quasi vent' anni, dopo l' alluvione, prima di decidere. Poi scesero di aggiornare l' idea «molto grandiosa» che un certo Augustino Martinello aveva proposto al Doge nel 1672 e cioè di fare un «muro a archi» alle bocche di porto con «delle porte da alzare e bassare per regolare le acque in caso di bisogno». Già nel 1982, come prova un' Ansa , c' era chi era perplesso.

 

Ma nell' 85 ad Amburgo il progetto fu lanciato con turbo-ottimismo: «La marea sarà prevedibile con un anticipo minimo di cinque ore e le paratoie, suddivise in "porte'' da cinque metri ciascuna, saranno innalzabili in meno di un' ora e capaci sia di resistere a mareggiate molto forti...». Nell' 86 Bettino Craxi diede il via libera definitivo: «Le opere per la difesa di Venezia verranno ultimate entro il 1995».

mose

 

Due anni dopo, un pimpante Gianni De Michelis presentava il prototipo di una delle paratoie. Gongolò l' allora doge socialista: «Per Venezia è un giorno storico. Per la prima volta si passa dai progetti, dalle intenzioni, dai dibattiti e dalle chiacchiere a qualcosa di concreto. Se tutto andrà bene, dopo questi mesi di sperimentazione, potremo finalmente cominciare il conto alla rovescia per la sistemazione di queste paratoie che proteggeranno la laguna dall' acqua alta». Ciò detto, battezzò quella che considerava una «sua» creatura: «Chiamiamolo Mosè». Poi Mose.

 

Appena nato, si legge sul Corriere di quel giorno, segnava già un record: «È il prototipo forse più costoso mai costruito al mondo. Una "brutta copia" da venti miliardi di lire. È un colosso alto 20 metri, lungo 32, largo 25. Pesa 1.100 tonnellate e vivrà circa otto mesi, il tempo di collaudare il funzionamento della "paratoia", quell' enorme cassone piatto e internamente vuoto, lungo 17 metri, largo 20 e spesso quasi 4, ancorata agli angoli da quattro gru».

 

Ma i tempi? De Michelis: la scadenza «resta quella del 1995». Certo, precisava, «potrebbe esserci un piccolo slittamento, visto che siamo partiti con tanto ritardo. Ma ormai il processo è avviato». Sono passati, dallo spot pubblicitario di Amburgo, 34 anni. Quasi quanti quelli trascorsi dal Mosé biblico e dal suo popolo nell' interminabile traversata del deserto.

venezia san marco

 

E qual è la situazione? Prendiamo dall' Ansa l' ultima promessa, il 12 settembre scorso: « È fissata al 31 dicembre 2021 la consegna definitiva del sistema Mose, a protezione della Laguna di Venezia dalle acque alte. La data è contenuta nel Bilancio 2018 del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario per la costruzione del Mose.

 

Il completamento degli impianti definitivi del sistema è previsto per il 30 giugno 2020, con l' avvio dell' ultima fase di gestione sperimentale».

 

Rileggiamo: «Fase sperimentale». Tre decenni e passa di prove tecniche. Polemiche.

Sprechi. Mazzette. Rinvii. Inchieste giudiziarie. Manette. Dimissioni. Commissari. E buonuscite astronomiche come quei 7 milioni di euro (duecentotrentatremila per ogni anno di lavoro: lo stipendio annuale del Presidente della Repubblica!) dati come liquidazione all' ingegner Giovanni Mazzacurati, il deus ex machina del Consorzio che se l' era già filata a vivere in California, dove poi sarebbe morto, prima ancora di sapere come sarebbe finito il processo che avrebbe potuto condannarlo a risarcimenti milionari...

venezia

 

Otto miliardi di euro, contando i soldi per le opere di contorno, è costato finora il Mose: quasi il triplo dei due miliardi e 933 milioni (euro d' oggi) dell' Autostrada del Sole. Prospettive? Un' ottantina di milioni l' anno per la manutenzione delle cerniere sottomarine. Se andrà bene. Notizia d' agenzia del 31 ottobre: «Non c' è pace per il Mose, la grande opera che dovrebbe salvaguardare la città e la laguna dalle alte maree. (...) Il Consorzio Venezia Nuova ha reso noto oggi che è stato rinviato a un' altra data il sollevamento completo della barriera posata alla bocca di porto di Malamocco». Colpa della scoperta di «vibrazioni in alcuni tratti di tubazioni delle linee di scarico».

PORTO DI MALAMOCCO MOSE

 

Vale la pena di insistere? Questo è il nodo.

«La domanda che va posta è se una scelta tecnologica fatta quarant' anni fa sia tuttora idonea, soprattutto alla luce dell' analisi costi benefici», scrivono in Corruzione a norma di legge Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri, «Si dirà che oggi è troppo tardi, ma è una domanda che, in quarant' anni, mai è stato consentito porre, sempre con la scusa che "ormai i lavori sono quasi finiti"». Manca poco... Manca poco...

E intanto la città che fu serenissima è andata di nuovo sotto. Con la paura che arrivino altri «effetti di non previste raffiche di vento»...

INDRO MONTANELLIpiazza san marco veneziabettino craxi gianni de michelis 1gianni de michelis 2giuseppe conte a veneziaVENEZIA ACQUA ALTA VENEZIA ACQUA ALTA acqua alta a san marcovenezia acqua alta e maltempovenezia acqua alta e maltempo 6venezia acqua alta e maltempo 7giuseppe conte a veneziavenezia acqua alta e maltempo 4venezia acqua alta e maltempo 2venezia acqua alta e maltempo 3venezia acqua alta e maltempo 5alluvione venezia 66

Ultimi Dagoreport

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")