giovanni tria wolfgang schaeuble

TRIA CON LE PALLE (QUASI) - IL MINISTRO FA UNA MEZZA MARCIA INDIETRO SUL ''RICATTO DELLA GERMANIA SUL BAIL-IN'' SUBITO DA SACCOMANNI: ''ESPRESSIONE EVOCATIVA MA INFELICE''. OVVIAMENTE IL RICATTO C'È STATO E ANZI CE NE SONO STATI VARI (ECCO UNA LISTA), DA ULTIMO QUELLO DI SCHAEUBLE A PADOAN RACCONTATO DA VAROUFAKIS - BORGHI: ''L'UE, UN SISTEMA DOVE TI CHIEDONO DI DANNEGGIARE I TUOI CITTADINI SOTTO MINACCIA DI FAR SALTARE LE BANCHE E/O SALIRE LO SPREAD''

 

 

 

 

 

  1. NON SOLO BAIL-IN, ECCO TUTTI I RICATTI DELLA GERMANIA

Giuseppe Liturri per www.startmag.it

 

giovanni tria e claudio borghi

“…Anche la Banca d’Italia si oppose a questo bail-in. Dalle notizie che si hanno l’Italia, allora era ministro Saccomanni, (almeno) ho letto una sua dichiarazione che fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco, che se l’Italia non accettava si sarebbe diffusa la notizia che l’Italia non accettava perché aveva il sistema bancario prossimo al fallimento, il che significava avere il fallimento del sistema bancario…”

 

Queste le testuali parole pronunciate, ieri pomeriggio in Commissione Finanze del Senato, dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, parlando a proposito del famigerato bail-in.

Nulla di particolarmente nuovo, infatti in un’intervista apparsa sul Corriere del 10 giugno 2017, il Governatore Ignazio Visco rimproverava sostanzialmente a Saccomanni (senza mai nominarlo) di essersi fatto fregare dai tedeschi che gli avevano promesso l’avvio contemporaneo di bail-in ed assicurazione comune sui depositi, senza poi attuarla. Visco sosteneva che

 

Giovanni Tria e Bruno Le Maire

“…in altri termini abbiamo sempre sostenuto il bail-in per via contrattuale e sempre respinto il bail-in per via legale e applicato in modo retroattivo. Ma nella fretta della discussione o nella difficoltà di arrivare a un accordo sull’unione bancaria, questi tre punti non sono passati». 

 

Che il bail-in sia stato anticipato di due anni al 2016 comporta che chi lo voleva, la Germania, abbia fatto concessioni per indurre chi non lo voleva, l’Italia, ad accettare. Vi avevano promesso che sarebbe scattata anche l’assicurazione europea sui depositi?

 

«È possibile, ma la Banca d’Italia non partecipa alle trattative tra i governi a Bruxelles. Può essere che ci fu questo impegno e poi non fu attuato…”

 

GIOVANNI TRIA VALDIS DOMBROVSKIS

Ma, soprattutto, Tria si riferisce a quanto dichiarato da Saccomanni il 21 dicembre 2017 nel corso dell’audizione presso la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario.

In quella sede Saccomanni, al termine di una lunga relazione, si sofferma su quanto accaduto in quelle convulse giornate del dicembre 2013, in preparazione del Consiglio Ecofin del 18. In sostanza, pur non pronunciando mai la parola ‘ricatto’, Saccomanni afferma che quel negoziato si svolse in condizioni di urgenza dettate dall’imminente rinnovo del Parlamento Europeo del giugno 2014.

 

fabrizio saccomanni

Bisognava chiudere in fretta e l’Italia non disponeva di alcun appoggio negli altri Paesi per fare passare una versione del bail-in più morbida e, soprattutto, non retroattiva. La posizione della Germania era egemone e premeva verso l’adozione di una forma di bail-in estesa a tutte le passività bancarie. Saccomanni afferma che quella trattativa si svolse sotto la minaccia della reazione dei mercati verso un ritardo o, peggio, un fallimento dei negoziati. Ciò avrebbe comportato lo slittamento di ogni provvedimento di almeno 1 anno, a causa del rinnovo del Parlamento e della Commissione Europea.

 

“…Che cosa poteva succedere all’Italia, al debito pubblico, al nostro spread, in un periodo di tale durata? Era effettivamente un rischio importante… Pertanto, questa combinazione di fattori, con diversa composizione delle posizioni all’interno del consiglio ECOFIN, ha fatto sì che anche le argomentazioni che noi avanzavamo venissero accolte privatamente dicendo: s?`, in effetti voi avete ragione, questa situazione rischia di essere difficile da gestire, pero`… Lascio i puntini di sospensione per non dire cose più sgradevoli…”.

saccomanni ciampi draghi

 

Addirittura arriva a citare De Gasperi, per testimoniare la drammaticità del momento: “…nei confronti dell’Italia in quel momento c’era una situazione quasi degasperiana, cioè c’era il rispetto per le persone che erano l?`, che rappresentavano l’Italia, ma non di più. Come disse De Gasperi: posso contare solo sul vostro rispetto personale…”.

 

Saccomanni termina dicendo che “…si era in una situazione in cui non c’era alcuna possibilità di bloccare il negoziato e, se anche ci fosse stata, sarebbe stato molto probabilmente più dannosa che altro…”.

 

LETTA E SACCOMANNI images

Alla luce di questo resoconto, le parole di Tria risultano clamorose, non tanto per il contenuto (noto) quanto per la sede in cui le ha rese e per la logica conclusione che trae dalle parole di Saccomanni. Sembra quasi una voce dal sen fuggita. In altre parole, se c’era un clima di urgenza e di pressione per evitare il fallimento dei negoziati e la soluzione da adottarsi era quella tedesca chi, se non il ministro tedesco, aveva interesse a far notare al collega italiano che, se non si fosse piegato, i mercati avrebbero picchiato inesorabilmente sull’Italia?

 

Ma c’è un altro, a suo modo ancora più clamoroso documento che rende plausibile il clima di ricatto in cui si svolse quel negoziato. In una lettera del 13 dicembre 2013 (soli 5 giorni prima dell’Ecofin del 18), Saccomanni sollevava numerosi dubbi sul negoziato in atto. In particolare, esprimeva perplessità sui fondi a disposizione del Fondo di Risoluzione Unico (altra gamba dell’Unione Bancaria) e concludeva dicendo che non bisognava correre per creare un’unione bancaria imperfetta ma piuttosto prendersi il tempo necessario per averne una ben funzionante.

cancellieri saccomanni letta

 

Si sa com’è finita. Il bail-in è stato approvato ed il fondo di risoluzione è rimasto ben poca cosa rispetto alle dimensioni del sistema bancario europeo.

Soli 5 giorni dopo, Saccomanni commentava trionfante su twitter “con l’Unione Bancaria risparmiatori meglio tutelati, possibilità più credito e costo denaro più basso”. Cosa gli ha fatto cambiare idea in soli 5 giorni? Accettando regole che tutti, Banca d’Italia in testa, sapevano essere letali per il nostro sistema bancario?

 

Ma non finisce qua. Per capire cosa possa essere accaduto nelle segrete stanze dell’Ecofin, viene in nostro soccorso quanto scritto da Varoufakis nel suo libro Adulti nella stanza, uscito in italiano nell’estate scorsa. Sono circa 500 pagine di dettagliate descrizioni delle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin da febbraio a luglio 2015 e ne emerge un dato inequivocabile. Tutte le decisioni sono adottate sfruttando il potere coercitivo della BCE e dei mercati, opportunamente imbeccati.

 

Schaeuble

La linea è sempre dettata dalla Germania o dall’asse franco-tedesco, con la maggioranza dei Paesi coagulati intorno a questo asse, o per convinzione o per convenienza, allo scopo di non finire vittime del potere tedesco. La gravità delle accuse e delle ricostruzioni di conversazioni private riportate da Varoufakis è dirompente e, non a caso, poco o nulla è mai trapelato sulla grande stampa.

 

Uno dei passaggi più clamorosi di tale libro riguarda proprio l’Italia e Padoan. Quando questi chiese a Schauble cosa fosse possibile fare per smussare la sua aggressività, si sentì suggerire la riforma del lavoro poi nota come Jobs act. Quando quella legge passò in Parlamento, si sciolse il gelo tra i due. Padoan a quel punto suggerì a Varoufakis ‘perché non fai anche tu qualcosa del genere?’.

 

Dopo un episodio del genere, qualcuno ha ancora dei dubbi sui rapporti di forza che determinano le decisioni a livello europeo e sulla voce dal sen fuggita del Ministro Tria, seppur piuttosto goffamente rettificata e derubricata ad ‘espressione infelice’, addirittura ‘taggando’ il Ministero delle Finanze tedesco ed il portavoce del Governo per blandire pietà?

Merkel Schaeuble

 

Se il clima è questo, l’unica ragionevole possibilità che l’Italia riesca ad ottenere decisioni meno sfavorevoli in sede europea è quella di mettere sul tavolo, con promessa di usarlo effettivamente e non per fare un bluff alla greca stile luglio 2015, il deterrente nucleare dell’uscita dall’euro e dall’Unione.

 

Solo così si potrà sfruttare tutto il nostro peso di contributori netti dell’Unione, e di Paese secondo solo alla Germania come produzione industriale ed attivo di bilancia commerciale.

 

È l’unico modo per rispondere efficacemente al ‘se ci dicono di no’ ma, per farlo, è necessaria una solida maggioranza politica che non appare esserci. Nel frattempo, ci accontentiamo di gridare al ricatto, con qualche malpensante che si spinge a credere che tale ricatto sia tuttora in corso. Ma, si sa, a pensar male, si fa peccato, ma…

 

 

 

TSIPRAS VAROUFAKIS

  1. TRIA, RICATTO GERMANIA SU BAIL IN. POI RETROMARCIA

 (ANSA) - L'Italia ha accettato le regole del bail in perché sotto ricatto della Germania, che minacciava di diffondere la notizia, e quindi il panico sui mercati, di un sistema bancario italiano prossimo al "fallimento". Parole che il ministro dell'Economia Giovanni Tria pronuncia in Parlamento, nel corso di una ufficiale audizione in commissione Finanze, e che suonano come una chiara accusa all'allora ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Scheauble, di avere ricattato il suo omologo italiano durante il governo Letta, Fabrizio Saccomanni.

 

Ma si è trattato, dice lo stesso titolare di via XX Settembre facendo marcia indietro, solo di una "espressione infelice": non la volontà di lanciare una "accusa specifica" a Berlino e al ministro dell'epoca ma quella di contestualizzare il clima in cui maturò l'approvazione della direttiva sulle crisi bancarie. La situazione, come peraltro lo stesso Saccomani ricordava poco più di un anno fa sempre in Parlamento, davanti alla commissione d'inchiesta, vedeva l'Italia isolata, la percezione Roma potesse rappresentare "un rischio dirompente" e la Germania che dettava la linea a capo del nutrito gruppo dei Paesi 'rigoristi'.

Schauble Padoan

 

Un veto insomma, come dice oggi anche Tria correggendo il tiro, poteva essere controproducente. Il ministro si è detto comunque convinto, così come il presidente dell'Abi Patuelli che si tratti di uno strumento "che dovrebbe essere abolito". La speranza dell'Italia, secondo fonti finanziarie, non sarebbe tanto quella dell'abolizione del bail in, procedura complessa e che richiede largo consenso" ma di una sua "revisione" con la possibilità di usare i fondi obbligatori in maniera preventiva. Posizione su cui oggi, a distanza di cinque anni, si registrerebbe il consenso della federazione bancaria europea e la non opposizione della stessa Germania, mentre ancora non convincerebbe alcuni Paesi del Nord.

 

In attesa di modifiche alle norme Ue, l'Italia resta comunque alle prese con la grana dei rimborsi ai risparmiatori, su cui i governi hanno le mani legate proprio in virtù del bail in. L'esecutivo gialloverde ha puntato tutto sulla "urgenza sociale" per convincere Bruxelles della bontà del suo intervento. Le norme non prevedono più la valutazione del misselling caso per caso da parte di giudici o arbitri, ma rimborsi generalizzati dopo una più semplice valutazione dei documenti da parte di una commissione tecnica del Mef che sarà comunque formata, come ha spiegato il sottosegretario Alessio Villarosa, da figure "come magistrati o arbitri Anac".

 

ALESSIO VILLAROSA

L'urgenza sociale è tra le voci che consentono un intervento nel rispetto delle regole Ue, ricorda Villarosa, assicurando, come ha fatto anche Tria, che non ci sono quindi "violazioni". Il decreto, che dovrebbe arrivare "a giorni", indicherà anche un ampliamento della platea a "microimprese e organizzazioni di volontariato", mentre la Consap, assicura sempre Villarosa, sarà solo "ente erogatore" dei rimborsi, per i quali il governo ha stanziato 1,5 miliardi in tre anni.

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO