trump jerome powell

“LA DEFENESTRAZIONE DI JEROME POWELL NON ARRIVERÀ MAI ABBASTANZA RAPIDAMENTE” – TRUMP CONTINUA A RANDELLARE  IL CAPO DELLA FEDERAL RESERVE, RIBELLE AL DIKTAT SULLA RIDUZIONE DEI TASSI E REIO DI AVERLO ACCUSATO DI AVER DANNEGGIATO L’ECONOMIA CON I DAZI – IL TYCOON LO DEFINISCE “MATTO”, “RIDICOLO”, "UN NEMICO DELL’AMERICA, FORSE PEGGIORE DEL LEADER CINESE XI JINPING” E "STUDIA DIVERSE OPZIONI" PER SILURARLO – TUTTE LE TAPPE DELLO SCONTRO CHE DURA DA 7 ANNI - QUANDO TRUMP VOLEVA SOSTITUIRE POWELL CON DRAGHI...

Casa Bianca, Trump studia un modo per silurare Powell

(ANSA) - WASHINGTON, 18 APR - L'amministrazione Trump sta "studiando le opzioni" per silurare il capo della Fed Jerome Powell. Lo riferisce un funzionario della Casa Bianca. 

 

 

Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”  - Estratti

 

trump jerome powell

«Matto», «ridicolo», addirittura un nemico dell’America «forse peggiore del leader cinese Xi Jinping».

 

Lo scontro di Donald Trump col capo della Federal Reserve sfociato ieri in una minaccia non tanto velata di licenziamento («La defenestrazione di Jerome Powell non arriverà mai abbastanza rapidamente») non è semplicemente il frutto del rifiuto del leader della banca centrale americana di sottomettersi al diktat del presidente sulla riduzione dei tassi d’interesse e delle sue accuse relative ai danni all’economia provocati dai dazi della Casa Bianca:

 

quella fra Trump e Powell è una vera e propria saga iniziata sette anni fa, poco dopo che lo stesso The Donald, messa alla porta la «governatrice» Janet Yellen, aveva affidato il timone della politica monetaria Usa a un oscuro avvocato con qualche esperienza nella gestione di fondi d’investimento.

 

trump jerome powell

Probabilmente pensava di poter piegare la Fed, autonoma per legge e per statuto, ai suoi voleri mettendo alla guida un «signor nessuno». Ma Powell studiò, imparò presto e, circondato da altri banchieri centrali del sistema federale gelosi delle prerogative di indipendenza garantite dalla legge ai «sacerdoti della moneta», non cedette alle pressioni del presidente.

 

Il quale, furioso perché Powell non obbediva alla sua richiesta di abbassare i tassi per stimolare la crescita nel biennio precedente le presidenziali del 2020, cominciò a insultare con termini sempre più volgari il suo banchiere centrale.

 

E, con la solita eleganza mista a faccia tosta (per nulla preoccupato per l’accusa di aver scelto volutamente gente non qualificata), gli dette dell’ingrato, notando che «nessuno lo aveva mai sentito nominare prima che io lo scegliessi per la Fed».

 

JEROME POWELL - FED

Poi, dopo i rilievi di Powell (già alla fine del primo mandato di Trump avvertì che guerre commerciali e dazi avrebbero danneggiato l’economia), Trump sostenne che la cosa migliore era intervenire sull’economia sulla base del suo intuito personale, al diavolo la razionalità: «Dovete seguirmi perché io ho fegato, e il mio istinto vale più di tutti i vostri cervelli».

 

Quindi la stramba aspirazione a sostituire Powell con un banchiere straniero («L’ho nominato io, ma adesso vorrei che al suo posto ci fosse Mario Draghi») e un paragone con Xi Jinping dal sapore di accusa di tradimento.

 

jerome powell

Chi oggi rimane basito dalla durezza di Trump, dal modo in cui tenta di travolgere le istituzioni democratiche, i contrappesi ai poteri presidenziali, deve solo riarrotolare il nastro dei ricordi.

 

Nel primo mandato il presidente insultò, esercitò pressioni brutali, ma non minacciò licenziamenti: perché non ha il potere legale di cacciare un banchiere centrale prima della scadenza del suo mandato e perché aveva attorno a sé collaboratori magari arciconservatori, ma rispettosi della Costituzione e della dialettica tra poteri dello Stato.

 

elissa leonard jerome powell cena di gala alla casa bianca

Ora che tutti i collaboratori di un tempo sono stati sostituiti da «yes men», Trump pensa di poter forzare la mano di Powell minacciando di licenziarlo.

 

Ma Powell, come aveva già fatto durante il primo mandato di Trump, tiene duro. Mercoledì, interrogato su questo all’Economic Club di Chicago, si è detto tranquillo. Per legge non può essere licenziato prima di fine mandato (metà 2026) salvo che per gravi reati.

 

O se il Congresso decide di abbreviare per legge il mandato dei presidenti della Federal Reserve (che è molto lungo proprio per metterli al riparo da pressioni politiche). Cosa che non avverrà perché, dice il capo della Fed, tanto i democratici quanto i repubblicani danno importanza all’autonomia dell’autorità monetaria.

 

Così Powell ha formulato liberamente il suo giudizio sulla politica dei dazi di Trump e ha assicurato che la Fed deciderà solo sulla base delle sue convinzioni. Furente perché accusato di danneggiare l’economia, Trump può essere tentato di forzare un’altra volta le leggi: può accusare Powell di qualche reato fantasioso, additarlo al disprezzo del suo popolo. Magari togliergli la protezione della scorta come ha già fatto con altri suoi ex servitori.

trump jerome powell

(…)

 

JEROME, L’AVVOCATO MITE CHE CONQUISTÒ OBAMA E SI RIFUGIA NELLA PREGHIERA

Eugenio Occorsio per “la Repubblica” - Estratti

 

Donald Trump lo chiama “Too late”, troppo lento (nell’abbassare i tassi). Ma non è la prima volta che Jerome “Jay” Powell si ritrova messo all’indice dallo stesso presidente che lo aveva nominato nel febbraio 2018.

 

DONALD TRUMP JEROME POWELL

Già all’inizio del 2019 le accuse erano analoghe, e se stavolta si intravvede qualche forma di maldestra ironia, allora Trump non andò per le spicce: il capo della Fed teneva i tassi alti per controllare la crescita americana che rischiava di tramutarsi in bolla speculativa, il tycoon voleva che li abbassasse per tenere alto il suo consenso mentre si avvicinavano le elezioni del 2020.

 

Si disse «pentito» di averlo nominato, lo definì «un nemico» perché «troppo innamorato dei tassi alti». Neanche con Biden, Powell ha avuto vita facile: il presidente democratico, anch’egli dopo averlo confermato nel 2021, lo invitò con veemenza ad alzare i tassi in risposta all’inflazione post-Covid. Lui avviò i rialzi solo nel marzo 2022, quando l’aumento del costo della vita aveva raggiunto l’8,5%.

 

jerome powell

In seguito, Powell riconobbe l’errore, peraltro privo di conseguenze drammatiche: l’economia americana è cresciuta a tassi sostenuti fino al 2024, e tutti i numeri – malgrado la narrazione negativa trumpiana – sono da record.

 

Powell è sempre andato dritto per la sua strada e alla fine si è conquistato il consenso della comunità economica internazionale malgrado lo scetticismo che aveva circondato la sua nomina: lui, avvocato (come Christine Lagarde alla Bce), sulla poltrona di gloriosi economisti come Greenspan, Bernanke, Janet Yellen. Ma i risultati hanno parlato a suo favore, e oggi Powell è visto come uno dei pochi, residui punti di riferimento sicuri nello sconvolto panorama istituzionale degli Stati Uniti.

 

Ora, a 72 anni, il capo della Fed si ritrova in trincea contro il presidente più fumantino della storia americana.

 

JEROME POWELL FED

(…)

 

C’è però il pericolo che Trump, con cui condivide solo la passione per il golf, nomini un membro del board di sua osservanza con il compito di “disturbarlo” dall’interno fino alla scadenza del mandato (di Powell) nel maggio 2026, creando l’ennesima situazione di tensione e incertezza in un ganglio vitale dell’economia.

 

Lui non si scompone, mai una dichiarazione fuori le righe (anche nel suo accorato discorso a Chicago di mercoledì ha evitato di pronunciare la parola “recessione”), tutt’al più si rifugia nella quiete delle comunità episcopali di solidarietà che ha creato, insieme con la moglie Elissa Leonard, produttrice cinematografica, nel villaggio di Chevy Chase, sobborgo di Washington. Aspettando la prossima bordata di Trump.

JEROME POWELL JEROME POWELL DONALD TRUMP JEROME POWELL

Ultimi Dagoreport

pam bondi

DAGOREPORT - COME MAI L’INFORMAZIONE ITALICA SI È TOTALMENTE DISINTERESSATA DELLO SBARCO A ROMA DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, LA FOSFORESCENTE SESSANTENNE PAM BONDI, ARRIVATA CON TANTO DI AEREO DI STATO IL 10 DICEMBRE? - EPPURE LA FEDELISSIMA DI TRUMP NON SI È TENUTA NASCOSTA: HA ALLOGGIATO ALL’HOTEL ST. REGIS, SI E’ ATTOVAGLIATA AL BOLOGNESE DI PIAZZA DEL POPOLO, HA INCONTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DI VIA ARENULA CARLETTO NORDIO, HA AVUTO L'INESPRIMIBILE GIOIA DI CONOSCERE IL VICEPREMIER MATTEO SALVINI A UN RICEVIMENTO DELL'AMBASCIATORE USA IN ITALIA, TILMAN J. FERTITTA. E, FORSE, LA BEN DOTATA DALLA NATURA PAMELONA HA PURE INCOCCIATO IL MINISTRO PIANTEDOSI - MA DELLA “VACANZA ROMANA” DELL'ITALOAMERICANA CARISSIMA A TRUMP, NON SI REGISTRA MANCO UNA RIGA SUI GIORNALONI DE' NOANTRI - VABBE', A NATALE BISOGNA ESSERE BUONI: MAGARI ERANO TUTTI TROPPO IMPEGNATI A SEGUIRE LA FESTILENZA DI ATREJU DEI FRATELLINI DI GIORGIA…

john elkann theodore kyriakou leonardo maria del vecchio

DAGOREPORT - L’OSTACOLO PIÙ TOSTO DELLA TRATTATIVA IN CORSO TRA IL MAGNATE GRECO KIRIAKOU E JOHN ELKANN NON E' L'ACQUISIZIONE DEL GRUPPO GEDI BENSÌ COME “RISTRUTTURARE” UN ORGANICO DI 1300 DIPENDENTI, TRA TAGLI ALLE REDAZIONI LOCALI, PREPENSIONAMENTI E “SCIVOLI”, DI CUI CIRCA 280 GIORNALISTI FANNO CAPO A “REPUBBLICA” E ALTRI 170 A “LA STAMPA” - LA PARTITA SUL FUTURO DEL QUOTIDIANO TORINESE, ASSET CHE NON RIENTRA NEL PROGETTO DI KYRIAKOU, NON ACCELERA CON LA CORDATA VENETA MESSA SU DA ENRICO MARCHI - NEL CASO LA TRANSIZIONE ELLENICA NAUFRAGASSE, LEONARDINO DEL VECCHIO HA CONFERMATO DI ESSERE PRONTO: “NOI CI SIAMO” - “NOI” CHI? ESSENDO “QUEL RAGAZZO'' (COPY ELKANN), DEL TUTTO A DIGIUNO DI EDITORIA, I SOSPETTI DILAGANO SU CHI SI NASCONDE DIETRO LA CONTRO-OFFERTA CON RILANCIO DELL’AZIONISTA DELL’IMPERO DEL VECCHIO, IL CUI CEO MILLERI È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI CON CALTAGIRONE E LOVAGLIO, PER LA SCALATA DI MPS SU MEDIOBANCA-GENERALI - E DA TORINO, AVVISANO LE REDAZIONI IN RIVOLTA DI ROMA E TORINO DI STARE ATTENTI: DALLA PADELLA GRECA RISCHIANO DI FINIRE NELLA BRACE DI CHISSÀ CHI...

nietzsche e marx si danno la mano venditti meloni veneziani

VIDEO! “ATREJU E’ IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO, COME DIREBBE ANTONELLO VENDITTI” – GIORGIA MELONI CITA “COMPAGNO DI SCUOLA”, IL BRANO DATATO 1975 DEL CANTAUTORE DI SINISTRA. OVVIAMENTE MARX E NIETZSCHE NON SI DIEDERO MAI LA MANO, NÉ AD ATREJU NÉ ALTROVE. CIÒ È STATO ANCHE IMMAGINATO NELL’ULTIMO LIBRO DI MARCELLO VENEZIANI “NIETZSCHE E MARX SI DAVANO LA MANO”. LO SCRITTORE IPOTIZZA COME MISE EN SCÈNE CHE LA SERA DEL 5 MAGGIO 1882 I DUE SI SIANO TROVATI IN UNA LOCANDA DI NIZZA (DOVE ENTRAMBI PASSARONO). NON SI CAPISCE BENE SE LA MELONI CI ABBIA CREDUTO DAVVERO – VIDEO

giorgia meloni balla ad atreju

GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! - ZOMPETTANDO COME UN MISIRIZZI, LA MELONI CAMALEONTE HA MESSO IN SCENA CIO' CHE SA FARE BENISSIMO: IL BAGAGLINO DI CORBELLERIE (''QUESTO È IL LUOGO IN CUI NIETZSCHE E MARX SI DANNO LA MANO'') E DI SFOTTO' SU ELLY SCHLEIN: "IL CAMPO LARGO L'ABBIAMO RIUNITO NOI... CON IL SUO NANNIMORETTIANO 'MI SI NOTA DI PIÙ SE VENGO O STO IN DISPARTE O SE NON VENGO PER NIENTE' HA FATTO PARLARE DI NOI" -UBRIACA DI SE' E DEI LECCAPIEDI OSPITI DI ATREJU, HA SCODELLATO DUE ORE DI PARACULISSIMA DEMAGOGIA: NULLA HA DETTO SU LAVORO, TASSE, SANITA', ECC - IDEM CON PATATE SULLA GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SUL CONFLITTO STATI UNITI-EUROPA, SUL RUOLO DEL GOVERNO SU DIFESA E IL RIARMO EUROPEO - IN COMPENSO, HA STARNAZZATO DI VITTORIE DEL GOVERNO MA  GUARDANDOSI BENE DI CITARE MINISTRI O ALLEATI; SI E' INFERVORATA PER IL PARTITO MA NON RICORDA CHE L’HA FONDATO CON CROSETTO E LA RUSSA ('GNAZIO E' STATO DEL TUTTO OSCURATO AD ATREJU) - "GIORGIA! GIORGIA!", GRIDA LA FOLLA - OK, L'ABBIAMO CAPITO: C’È UNA PERSONA SOLA AL COMANDO. URGE UN BALCONE PER LA NUOVA MARCHESA DEL GRILLO - DAGOREPORT+VIDEO 

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

NAZARENO, ABBIAMO (PIU’ DI) UN PROBLEMA - L’ASSEMBLEA PD DI DOMANI RISCHIA DI TRASFORMARSI IN UN BOOMERANG PER SCHLEIN: I DELEGATI DISERTANO, A RIDOSSO DI NATALE, NESSUNO SPENDE SOLDI E TEMPO PER VENIRE NELLA CAPITALE AD ASCOLTARE UNA RELAZIONE SENZA DIBATTITO – LA MOSSA DEI PRETORIANI DI ELLY PER SCONGIURARE LA SALA VUOTA ED EVITARE IL CONFRONTO IMPIETOSO CON MELONI CHE CONTEMPORANEAMENTE FARA’ IL PIENO A ATREJU – SORGI: “BONACCINI ENTRERA’ IN MAGGIORANZA MA SE I RIFORMISTI NON DOVESSERO RICEVERE RASSICURAZIONI SULLE LISTE ELETTORALI, IL RISCHIO DI UNA EVENTUALE SCISSIONE, SI FAREBBE PIÙ CONCRETO…”

ignazio la russa theodore kyriakou pier silvio berlusconi giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT - LA TRATTATIVA DI ELKANN PER LA VENDITA DEL GRUPPO GEDI AL GRECO THEO KYRIAKOU STA SCOMBUSSOLANDO IL GOVERNO MELONI E DINTORNI - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” VEDE DI BUON OCCHIO LA TRANSIZIONE ELLENICA E SALVINI HA BEN GRADITO LA PROSPETTIVA CHE IL GRECO ANTENNATO SISTEMI PER LE FESTE I “COMUNISTI” DI ‘REPUBBLICA’ E ‘STAMPA’, PER FORZA ITALIA C’È STATO IL VEEMENTE INTERVENTO DEL ‘’PRESIDENTE IN PECTORE’’ DEL PARTITO, PIER SILVIO BERLUSCONI, CHE VEDE IN KYRIAKOU UN COMPETITOR PERICOLOSISSIMO, ALFIERE DI QUEL CAPITALISMO DI STAMPO LIBERISTA, PER NULLA “LIBERAL”, CHE PREDICA IL PRIMATO DELL’ECONOMIA SULLA POLITICA - COSI', DIMENTICANDO IL SUO ATTIVISMO IN GERMANIA PER CREARE UN GIGANTE EUROPEO DELLA TV COMMERCIALE, L’EREDE DEL BISCIONE NON HA TROVATO DI MEGLIO CHE RISPOLVERARE LA BANDIERINA DELL’ITALIANITÀ (“CHE UN PEZZO DI STORIA DELL'INFORMAZIONE DEL NOSTRO PAESE VADA IN MANI STRANIERE UN PO' DISPIACE’’) - MA IL COLPO DI SCENA ARRIVA DAL CO-FONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA E SECONDA CARICA DELLO STATO, IGNAZIO LA RUSSA, QUANDO SI È DICHIARATO DISPOSTO A FARE DA INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI “COMUNISTI” DI GEDI E IL GRECO USURPATORE (ULTIMA USCITA DELLA GUERRIGLIA DI ‘GNAZIO IN MODALITÀ ''LA RISSA'' CONTRO LA DITTATURA DELLE SORELLE MELONI...)