
TRUMP ERA ALL’OSCURO DEL BLITZ DI ISRAELE IN QATAR? L'IDIOTA DELLA CASA BIANCA SI DICE “DISPIACIUTO” PER IL RAID E CHIAMA NETANYAHU: “COSÌ ALLONTANI LA PACE” – LA PORTAVOCE DELLA CASA BIANCA LEAVITT SMENTISCE CHE IL PRESIDENTE ABBIA DATO A NETANYAHU IL VIA LIBERA, SPIEGANDO CHE “È STATO INFORMATO DELL’OPERAZIONE DAI NOSTRI MILITARI. POI L’INVIATO SPECIALE WITKOFF HA ALLERTATO IL QATAR” - I DIPLOMATICI SI CHIEDONO SE LA CASA BIANCA SIA SINCERA NEL DIRE CHE NON ERA STATA INFORMATA IN ANTICIPO E NON AVEVA DATO VIA LIBERA. SE COSÌ FOSSE, NON CAPISCONO COME POSSA PROSEGUIRE IL NEGOZIATO PER LA PACE. NETANYAHU DÀ UN COLPO ALLA STABILITÀ DEL GOLFO E AVVICINA LA RESA DEI CONTI CON L'IRAN - EFFETTI COLLATERALI POTREBBERO ESSERE LA RIPRESA DEL TERRORISMO E LA MORTE DEGLI ACCORDI DI ABRAMO - VIDEO
Giordano Stabile per la Stampa - Estratti
DONALD TRUMP E BENJAMIN NETANYAHU ALLA CASA BIANCA
Con la più grande base americana in Medio Oriente, a pochi chilometri da Doha, un contingente turco di rinforzo, un gigantesco giacimento di gas in condivisione con l’Iran,
il più potente soft power nel mondo arabo, e cioè la tivù Al-Jazeera, e un forziere infinito per comprarsi squadre di calcio e consensi in tutto il mondo, il Qatar, tra i Paesi più ricchi del Pianeta, se ne stava seduto in mezzo al Golfo in una torre di avorio e d’acciaio, tranquillo, sereno, mentre i missili lo sorvolavano senza mai colpirlo.
Nel giro di tre mesi l’incantesimo è andato in frantumi. Il 23 giugno, la guerra fra Israele e l’Iran ha spezzato questa neutralità dorata, la Repubblica islamica ha preso di mira la base statunitense di Al-Udeid, non senza aver avvisato prima le autorità qatarine e la Casa Bianca.
Un avvertimento, simbolico, ma comunque la fine dell’immunità. Ieri è stata colpita la stessa Doha, dagli israeliani, e non per finta. Il Qatar è diventato un nuovo campo di battaglia di un’infinita guerra per procura: il teatro della decapitazione di Hamas, di un attacco diretto ai mediatori e agli stessi negoziati di pace, il sigillo, la parola fine, sulla possibilità di una tregua.
Ma dietro il messaggio esplicito ce ne è uno più profondo. La fine dell’immunità comporta la fine dell’ambiguità. Lo Stato ebraico è al lavoro contro “l’Asse del Male” da una ventina d’anni. E l’ha di fatto smantellato, poco ci manca. L’elenco degli Stati da “demolire”, letterale, lo ha dato il generale Wesley Clark in una celebre intervista sul “piano Wolfowitz”.
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donald trump benjamin netanyahu
Per esempio, ospitare il leader spirituale della Fratellanza musulmana, Yusuf al-Qaradawi, dare rifugio ai leader di Hamas in nome della “causa palestinese”. Il capo politico Ismail Haniyeh era di casa, viaggiava tra Doha, Istanbul e Teheran, ma è stato nella capitale iraniana che Benjamin Netanyahu ha deciso di eliminarlo.
Ora i margini si sono ristretti. Con l’Amministrazione Trump granitica nel suo supporto, “King Bibi” può fare quello che ai tempi di Bush non poteva fare. Annettersi altri pezzi dei Territori, allargare le fasce di sicurezza in Libano e Siria, uno spostamento di fatto delle frontiere, colpire in “ogni parte del mondo” i suoi nemici, sotto un’etichetta di terrorismo molto elastica. O di qua o di là, sembra il messaggio.
Recapitato a Doha ma con il frastuono che riecheggia anche a Riad, Abu Dhabi, o Il Cairo. Non ci sono più santuari, per nessuno, mentre si avvicina la resa dei conti con la Repubblica islamica. Tutto lascia presagire che sarà di più ampia portata rispetto alla guerra dei dodici giorni di giugno.
E questa volta i Paesi del Golfo dovranno schierarsi. Così come dovranno schierarsi il Libano e la Siria. La decapitazione di Hamas è un passaggio di un più vasto programma. Il conflitto di giugno ha messo in luce alcune vulnerabilità che lo stato maggiore israeliano vuole spazzare via.
DONALD TRUMP E BENJAMIN NETANYAHU ALLA CASA BIANCA
Proprio la collana di basi americane lungo le coste del Golfo, troppo vicine alle migliaia di missili iraniani, si sono rivelate un ostacolo. O diventano una testa di ponte contro il nemico, e serve una netta decisione politica da parte degli emiri, o rimangono un punto debole. Libano e Siria devono essere portati nel campo occidentale in maniera definitiva.
A Damasco, la caduta del regime di Bashar al-Assad non è bastata. Assad era l’uomo degli iraniani ma il nuovo leader Ahmed al-Sharaa è un uomo della Fratellanza musulmana, deve mettersi alle spalle le ambiguità, pena una balcanizzazione del Paese con drusi e curdi pronti a ritagliarsi Stati autonomi o indipendenti.
A Beirut Hezbollah e l’alleato sciita Amal fanno ancora parte di un governo che dovrebbe provvedere al loro disarmo. Non sarà facile. Ma intanto la Casa Bianca ha imposto la fine della missione Unifil da qui a un anno. Se l’esercito libanese non provvederà ci penserà quello israeliano, senza intralci.
A quel punto ipotizzare un corridoio terrestre lungo quella che una volta era la Mezzaluna sciita non sarà più un’utopia. E poter spostare a ridosso del confine iraniano commando, truppe speciali, e forse anche di più, è considerato un elemento essenziale per mettere in ginocchio la guida suprema Ali Khamenei. Se prima non sarà già stato ucciso. In tutto questo la distruzione di Hamas, Gaza City, e magari qualche pezzo di Cisgiordania, sono soltanto propedeutiche.
TRUMP
Paolo Mastrolilli per repubblica.it - Estratti
«Bombardare unilateralmente all’interno del Qatar, una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti, che sta lavorando duramente e correndo coraggiosamente rischi con noi per mediare la pace, non promuove gli obiettivi di Israele o degli Usa».
Un tono così non si era mai sentito prima dalla portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, commentando l’attacco israeliano a Doha. Quindi ha aggiunto: «Sebbene eliminare Hamas sia un obiettivo meritevole, il presidente è profondamente dispiaciuto» per il luogo dove è avvenuto l’attacco. Leavitt ha smentito che Trump avesse dato a Netanyahu il via libera, spiegando che «è stato informato dell’operazione dai nostri militari. Poi l’inviato speciale Witkoff ha allertato il Qatar».
La portavoce non ha chiarito se i militari americani erano stati a loro volta informati dagli israeliani, ma ha aggiunto che dopo l’azione il presidente ha sentito il premier dello Stato ebraico, che gli ha confermato di «volere la pace».
Come arrivarci è la domanda rimasta senza risposta, dopo un bombardamento sul territorio del Paese che finora aveva gestito la mediazione per conto degli Stati Uniti, consegnando ad Hamas l’ultima proposta di pace, inclusa la richiesta di liberare subito tutti gli ostaggi, che Hamas doveva analizzare proprio a Doha.
La premier italiana Meloni ha fatto una dichiarazione per dare solidarietà, senza rompere con Israele e Usa: «Esprimo sincera vicinanza all’Emiro Tamim bin Hamad Al Thani e al Qatar, ribadendo il sostegno italiano a tutti gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza.
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Il britannico Starmer ha condannato i raid: «Violano la sovranità del Qatar e rischiano di aggravare ulteriormente la situazione nella regione». Secondo il francese Macron «gli attacchi israeliani contro il Qatar sono inaccettabili, qualunque ne sia la ragione. In nessun caso la guerra dovrebbe estendersi a tutta la regione».
I diplomatici si chiedono se la Casa Bianca sia sincera a dire che non era stata informata in anticipo e non aveva dato via libera. Se così fosse, non capiscono come possa proseguire il negoziato per la pace. Netanyahu non lo vuole e detta la linea, ma così dà un colpo anche alla stabilità del Golfo e dei Paesi che aiutavano gli Usa a cercare di superare la guerra.
attacco israeliano a doha 6
DONALD TRUMP CON AL THANI IN QATAR
ALI KHAMENEI IN UNA MOSCHEA
starmer bin salman
attacco israeliano a doha 2