UE, CACCIA I SOLDI! - SE NON TROVA UN ACCORDO SUL DEBITO, TRA UN MESE LA GRECIA È FALLITA. MA A TSIPRAS BASTA DARE UN SEGNO FORTE AI SUOI ELETTORI: VIA LA TROIKA. AL SUO POSTO, “UN’ISTITUZIONE PIÙ DEMOCRATICA” (PAROLA DI JUNCKER)

1. ALLA UE RESTANO POCHI GIORNI PER DISINNESCARE IL DEBITO GRECO

Marco Zatterin per “la Stampa”

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Jean-Claude Juncker si prepara a mediare. Domani mattina alle nove e mezza riceverà nel suo ufficio al piano presidenziale della Commissione Ue il premier greco Alexis Tsipras per parlare di futuro e soprattutto di soldi. «Pronti ad ascoltarlo e pronti a una discussione costruttiva», assicura il portavoce del lussemburghese. Mano tesa e si vedrà, soprattutto perché nel fine settimana il leader di Syriza ha addolcito i toni. «Le ultime prese di posizione sono un ottimo punto di partenza», dicono le fonti Ue. «Possibile ragionare sul rinnovo del programma di sostegno, ma perché succeda occorre che lo chiedano». L’impressione è che la destinazione sia chiara, il cammino difficile e da tracciare. Questione di pochi giorni. La bomba del debito sta per esplodere.

 

jean claude junckerjean claude juncker

LE RICHIESTE GRECHE

L’aspetto finanziario anticipa quello politico. Tsipras ha in mente quattro richieste: vuole uno sconto sul debito, almeno; auspica una revisione delle riforme negoziate in cambio del sostegno finanziario; esige l’archiviazione dell’odiata troika formata da Ue, Fmi e Bce; immagina che, in attesa di sviluppi, sarebbe utile estendere il puntello al bilancio. Quest’ultimo è il tema pressante. Il programma scade con febbraio e, se non fosse prorogato, Atene perderebbe l’ultima tranche di ossigeno (7,2 miliardi) e si ritroverebbe per la prima volta da cinque anni sola sul mercato per rinnovare un passivo che vale il 175% del Pil.

jean claude junckerjean claude juncker

 

LE SCADENZE

Urge una soluzione. Tsipras sa bene che non può durare a lungo. Fra dicembre e gennaio i depositi bancari greci si sono alleggeriti di 15 miliardi, il 10% della ricchezza liquida nazionale che è fuggito. I greci potrebbero tirare avanti per un po’ «sequestrando» i 4,3 miliardi che vanno restituiti al Fmi in marzo. Senza accordo con l’Ue e Fondo, a giugno si ritroverebbero tuttavia nei guai col primo di due bond da oltre 3 miliardi che giunge a maturazione. Priva di soccorso esterno, Atene (che nega di potersi rivolgere a Mosca) finirebbe per fallire.

EURO CRACEURO CRAC

 

L’estensione del programma è la soluzione più semplice. Aiuterebbe a prendere tempo. Se richiesta, va approvata da quattro Parlamenti (incluso il tedesco), dunque bisogna che si chiuda all’Eurogruppo del 16. Oppure nulla. «Le posizioni sono distanti», concedono alla Commissione. «Vogliono massima discontinuità», sebbene Tsipras giuri che gli obblighi sui prestiti con Bce e Fondo «saranno rispettati». Se ne parlerà domani, come della troika visto che - ricordano i portavoce Ue - Juncker s’è «impegnato in Parlamento a sostituirla con un’istituzione più democratica e responsabile». Dibattito aperto.

 

LE MEDIAZIONI

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Qui si incastra la politica. Da Berlino rimbalza che Angela Merkel non vuole farsi vedere con Tsipras prima del vertice europeo del 12 febbraio e che, allo stesso tempo, non vuol veder toccare la troika. Juncker pensa che vada superata, quindi la mediazione serve anche in casa Europa. A Roma e Parigi, il neopremier ascolterà i toni più concilianti, fermi sul debito, aperti al negoziato sui tempi. Il ruolo congiunto, magari coordinato, di Renzi e Hollande può essere determinante. I più ottimisti dicono che, dopo esser partito duro, il greco tirerà il freno. «Sono fiducioso sul fatto che avremo un accordo utile per tutti», ha detto sabato. La Borsa di Atene lo ha festeggiato. Fra oggi e domani deve far capire come pensa di poterci arrivare.

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2. SECCO NO ALL’ADDIO ALLA TROIKA

Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”

 

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Per Berlino il drappo rosso è la Russia, anche nel complicato negoziato con la Grecia. È dunque decisivo che ieri Alexis Tsipras abbia rassicurato i partner europei che non intende chiedere aiuti economici a Mosca. Un’ipotesi, quella di giocare su due tavoli e sfruttare la disponibilità di Putin a fornire aiuti al nuovo governo rosso-nero per strappare condizioni migliori ai partner europei, che secondo indiscrezioni rischiava di chiudere ogni porta al dialogo con i tedeschi. Ieri il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, ha espresso il suo fastidio per l’ipotesi che la Russia si sostituisca alla Ue negli aiuti.

 

L’omologo ellenico Yanis Varoufakis ha cercato di riparare al fatto di aver previsto incontri con tre omologhi europei, ignorando quello che resta il maggiore creditore della Grecia, telefonando al collega tedesco e concordando un incontro a Berlino per i prossimi giorni. Fonti del governo Atene ritengono tuttavia improbabile un incontro prima del 12 febbraio.

 

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Dopo la tumultuosa settimana di esordio, in cui Tsipras ha bloccato le privatizzazioni, cominciato a sostituire i vertici delle banche e annunciato il ripristino del vecchio salario minimo, Schaeuble ha avvertito Atene che «vogliamo che continui nel suo percorso di successo, nell’interesse della Grecia e dei greci, ma non accetteremo cambiamenti unilaterali del programma». E da Berlino è arrivato, anche dalla portavoce del governo, un «no» all’ipotesi di smantellare la troika.

 

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La scorsa settimana Varoufakis aveva puntualizzato che Atene vuole continuare a collaborare con Fmi, Bce e Ue, ma che rifiuta la mediazione attraverso gli ispettori incaricati di monitorare i progressi sugli aggiustamenti, che in Grecia sono il simbolo più odiato del commissariamento degli ultimi quattro anni.

 

Quanto alla Bce, una fonte fa notare che è vero che il 28 febbraio scade il termine per un nuovo accordo con la troika, e una rottura eventuale produrrebbe l’esclusione delle banche elleniche dalla possibilità di rifinanziarsi in cambio dei bond sovrani. Ma nelle più recenti linee guida sulla Grecia la Bce scrive che la condizioni per accettare i bond «spazzatura» è che la Grecia segua «un» programma, non necessariamente quello già concordato. Differenza non sottile: il nuovo governo non ha mai rifiutato una discussione su un nuovo piano di riforme, anche se rifiuta quello adottato sinora.

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