AVERE 76 ANNI E VIVERE A BERGAMO VUOL DIRE ANCHE PERDERE SETTE AMICI CARI PER IL COVID - VITA E AMORI DI ROBY FACCHINETTI: ''5 FIGLI DA TRE DONNE DIVERSE? MA QUANDO GIRAVAMO IN TOUR IO ERO IL PIÙ SERIO DI TUTTI. LE RAGAZZE CI ENTRAVANO NEL CAMERINO, I CANTANTI ATTIRAVANO PIÙ DEI CALCIATORI. UNA VOLTA ABBIAMO SFONDATO IL LETTO DELL'HOTEL DI SANREMO'' (MA NON È PER QUELLO CHE PENSATE…)

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Candida Morvillo per il ''Corriere della Sera''

 

ROBY FACCHINETTI A SANREMO 2018 ROBY FACCHINETTI A SANREMO 2018

Roby Facchinetti, 76 anni di cui cinquanta da Pooh, cinque figli da tre donne e sei nipoti, ha composto 1.500 brani, ne ha incisi quattrocento. Fra questi, successi come Tanta voglia di lei , Pensiero , Noi due nel mondo e nell'anima , Dammi solo un minuto , Chi fermerà la musica , Uomini soli e Piccola Katy , un cavallo di battaglia dal 1968, che ora ha ispirato il suo primo romanzo, «Katy per sempre», appena uscito con Sperling & Kupfer. Il libro, spiega lui, racconta quella Katy che scappava di casa di notte, forse per andare a ballare, forse per raggiungere un fidanzatino e racconta «tutte le donne che hanno attraversato gli anni 70 e 80 riuscendo a emanciparsi a prezzi altissimi, spesso sostenute dalla forza salvifica della musica».

 

Chi era il Roby ventiquattrenne che componeva «Piccola Katy»?

«Un ragazzo con il sogno di fare il musicista, che non significava soltanto girare l'Italia in furgoncino con la band, ma vivere di qualcosa che emozionasse me per primo. Avevo capito la forza della musica a nove anni. Un mio amichetto si era accasciato sul campo di pallone per una peritonite e la sera non c'era più. Il maestro di pianoforte mi disse: non ti dimenticare mai che, in questi momenti, hai la musica».

 

Ha ancora di «questi momenti»?

«Mi sento un sopravvissuto: vivo a Bergamo, ho perso sette persone care per via del Covid-19. Però la musica mi ha salvato anche stavolta. Mi sono messo al piano con la paura diventata un magone costante e che, ogni tanto, si trasformava in pianto ed è nato un inno alla vita, Rinascerò Rinascerai . Stefano D'Orazio ha scritto il testo in poche ore. E quando evochi la positività, la musica parla a tutti, salva tutti. L'hanno tradotta in trenta lingue».

giampaolo celli riccardo fogli roby facchinetti giampaolo celli riccardo fogli roby facchinetti

 

Perché nel 2016 i Pooh si sono sciolti?

«Valerio Negrini, che era la nostra anima poetica, era morto, Stefano D'Orazio era uscito: senza di loro non eravamo più i Pooh. Abbiamo scelto di arrivare al cinquantennale, fare la reunion con Stefano e Riccardo e lasciare un'ultima fotografia di una storia perfetta. Sono venuti a vederci in 600 mila».

 

Per 36 anni, siete stati lei, Stefano, Red Canzian, Dodi Battaglia: quanto andavate d'accordo e quanto litigavate?

«Il rispetto non è mancato neanche nelle discussioni più furibonde. Ognuno ha avuto delle crisi, ma la tentazione di buttare tutto all'aria svaniva in trenta secondi, il tempo di renderci conto che cosa eravamo insieme».

 

Discussioni furibonde perché?

«Per un titolo, per la copertina di un disco, per la scelta di un pezzo».

E per decidere la voce solista di una canzone?

«Decideva il brano stesso, non noi. In questo, eravamo bravissimi produttori di noi stessi, infatti abbiamo venduto 80 milioni di dischi».

 

Chi era il mattacchione del gruppo?

«Stefano: teneva banco colorando di fantasia aneddoti che diventavano un'altra cosa».

 

Chi aveva più successo con le donne?

«A turno e a periodi. Io meno di tutti. Ero il più serio nel resistere alle tentazioni».

Vi trovavate le ragazze in camera?

«Capitava a tutte le band. I musicisti erano più ambiti dei calciatori di oggi».

 

La Katy del libro esiste?

roby facchinetti riccardo fogli roby facchinetti riccardo fogli

«È ispirata a una fan. Dopo il concerto di addio dei Pooh il 30 dicembre 2016, mi arrivò un messaggio che diceva: la mia vita non sarà più la stessa, tu sai che la vostra musica mi ha sempre salvata. Lo firmava "Piccola Katy" e mi ricordavo di lei. Sono detto "asola", perché attacco bottone con tutti e, anni prima, questa fan mi aveva raccontato la tentata fuga da casa a sedici anni, poi il coraggio di lasciare un marito violento e crescere una figlia da sola e i Pooh come colonna sonora. La musica si può ascoltarla o viverla, ma se la vivi, ti cambia dentro».

 

Com' erano quei primi anni col furgoncino?

«L'autostrada finiva a Battipaglia e noi avevamo il calendario aperto: andavamo dove ci chiamavano. Ero l'unico con la patente e scarrozzavo tutti. Un venerdì sera, suonammo a Catania, caricammo gli strumenti, viaggiammo tutta la notte, il sabato giorno e notte, la domenica e suonammo a Vercelli la sera. Ma la passione è vera se ti tiene sveglio la notte. E, se fai cose incredibili per inseguire i sogni, la vita pensa: ah però, questo mica scherza, lo voglio accontentare».

 

Presto quella banda di capelloni fu prima in classifica.

roby e francesco facchinetti roby e francesco facchinetti

«Il complimento più gentile era: pidocchione, tagliati i capelli. E il musicista era considerato uno senza voglia di lavorare. Fu un momento storico irripetibile: lo scontro epocale fra i giovani che smettono di ubbidire ai genitori matusa. I ragazzi scappavano al Piper di Roma, cambiavano la loro vita. Ed è stato attraverso band e musica che i giovani potevano comunicare ed essere ascoltati».

 

Come nascevano le canzoni?

« Piccola Katy , per dire, era una poesia scritta da Negrini e capitata sul mio piano. Una sera, dopo un addio al celibato, passammo la notte a cantare e registrarci. Lo facevamo spesso. Finito il repertorio, presi la poesia e, per essere aggregante, improvvisai un coro: Ooh Piccola Katy... La sera dopo, alle dieci, era già incisa».

 

Momenti memorabili coi Pooh?

«I primi cinque anni, in cui abbiamo imparato il mestiere facendolo. Poi trovarci primi in classifica, nel '71, con Tanta voglia di lei e subito con Pensiero ... Il primo Sanremo: non ci eravamo andati per 24 anni e vincemmo. E Uomini soli era tutt' altro che sanremese».

Temevate il «Trottolino Amoroso» di Minghi e Mietta?

«Fra loro e Toto Cutugno con Ray Charles, i presupposti per non vincerlo c'erano. Dalla gioia, abbiamo saltato su un letto dell'albergo e l'abbiamo sfondato».

ROBY FACCHINETTI ROBY FACCHINETTI

 

Un momento duro?

«L'addio di Stefano D'Orazio: non immaginavo che uno di noi potesse scendere dall'astronave. Spiegò che sentiva di non avere più niente da dare. Non lo presi sul serio, pensai: vabbè è successo anche a me. Siamo andati avanti per due anni credendo gli fosse passata, invece, voleva solo onorare gli impegni presi. Un giorno, feci uno dei miei discorsi sul futuro, lui mi guardò: Roby, non hai capito, io basta, esco. Solo Dodi aveva compreso e rispettava la decisione, Red era come me».

 

E nel 1972 l'uscita di Riccardo Fogli?

«Fu peggio: eravamo ragazzini. Dopo Pensiero e tre successi pazzeschi non riuscivamo ad accettarlo. Io, con tutto il rispetto per il suo amore con Patty Pravo, pensavo che stesse stroncando il nostro sogno».

Roby Facchinetti Roby Facchinetti

 

Il successo, i soldi le hanno mai dato alla testa?

«Ho la testa nei sogni e i piedi per terra. Mio padre era un bravissimo falegname figlio di contadini, più volte poteva mettersi in proprio, ma ha sempre detto: ho cinque figli, non posso rischiare. Io sono cresciuto in una valle di sette o otto fattorie, lì il problema di uno era il problema di tutti. Ora, le persone si buttano alla finestra perché i drammi si consumano fra quattro mura. Lì non poteva accadere».

Che padre è stato?

«Un padre che si sentiva in colpa perché non accompagnava i figli a scuola o cenava con loro. Sono più bravo come nonno, dato che i Pooh non ci sono più. Però non smetto di lavorare: il 25 esce un doppio Cd live più un terzo con Rinascerò e quattro inediti scaccia tristezza, come Fammi volare , nato nel lockdown per esprimere la voglia di evadere e vedere dall'alto un mondo fantastico».

 

Il suo terzogenito Francesco diventò punkabbestia e non diceva il cognome per non essere associato ai Pooh nazionalpopolari.

roby facchinetti riccardo fogli roby facchinetti riccardo fogli

 «Aveva 16 o 17 anni. Chiaro: poi, l'hanno scoperto. Però è ancora vivo. E devo riconoscergli che La Canzone del capitano ha avuto un successo incredibile prima che si sapesse che era mio figlio. Gli fa onore, come la carriera da agente di influencer. Ha capito per primo un nuovo linguaggio».

 

Lei si è divertito a partecipare al reality «The Facchinettis»?

«L'ho fatto seduto sui carboni. Non sapevo più che inventarmi per sottrarmi. Ma Francesco mi tampina, scrive: papà, papà, papà rispondi. Poi, chiama: devi venire in un ristorante, ti aspettano, ti vogliono, non puoi dire di no. E mi trovo in tv con lo chef Andrea Berton».

 

Che famiglia allargata è la vostra?

«Sono cinque fratelli veri, si amano, fanno vacanze insieme come se fossero nati dalla stessa mamma. Con le madri li abbiamo tenuti fuori dai nostri problemi. C'è Alessandra, che fa la stilista, ha lavorato per Prada, Valentino, Gucci... Valentina fa l'ufficio stampa di Rtl, Roberto ha studiato Lettere ed è la mente colta, lavora con Francesco. Giulia è laureata in Bocconi ed è un'imprenditrice di palestre. Io li ho sempre portati tutti in tour, sono cresciuti insieme dietro il palco».

 

POOH 1979 POOH 1979

Con Giovanna Lorenzi, sposata nell'89, sta da 33 anni.

«È l'amore perfetto, la compagna che ha capito il mio lavoro, dandomi un equilibrio che prima non avevo».

Andare verso gli 80 anni, che effetto le fa?

«Non mi fa paura in sé, chiedo solo una cosa: che la vita mi conservi la fantasia».

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