Cal Newport per “New York Times”
Sono un ‘millennial’, informatico, professore associato della ‘Georgetown University’, autore di libri e gestore di un blog. Demograficamente parlando, dovrei essere un utilizzatore compulsivo di social media ma non è così. Non ho mai nemmeno avuto un account sui social, il che mi rende una anomalia, ma credo che altri, come me, farebbero meglio a rinunciare a questi servizi.
I problemi legati ai social sono tanti, dalla corrosione della vita civica alla vacuità culturale, ma non è questo il punto. Fareste meglio ad abbandonarli perché vi rovinano la carriera. Lo so, è una affermazione che va contro il ruolo che riconosciamo ai social media nella sfera professionale. Ci hanno detto che ci forniscono delle opportunità, dei contatti, e che, senza, saremmo invisibili.
i millennial sempre hanno il cervello in carica
Oggi ci si sente obbligati ad aggiornare il profilo ogni mezz’ora, a diventare blogger professionisti, manager di se stessi. Credo sia il comportamento sbagliato. Nell’economia capitalista, il mercato ricompensa le cose che sono rare e preziose. E i social media non sono né l’uno né l’altro. Qualsiasi sedicenne con uno smartphone può inventare un hashtag e ripostare un articolo virale. Questa attività di poco valore non porterà ad una carriera di maggior valore.
Il successo professionale si raggiunge con il sacrificio ma non è troppo complicato. Devi perfezionare la tua abilità e applicarla alle cose che più interessano alle persone. Insomma, come dice Steve Martin: «Siate così bravi da non poter essere ignorati». Funzionerà, indipendentemente da quanti seguaci avete su Instagram. Se siete bravi, il mercato vi cercherà. Non c’è bisogno dei social media, per attirare contatti e opportunità.
Mi obiettano sempre che i social media, in fondo, sono innocui, non fanno male a nessuno. Be’, non la penso così. Indeboliscono la capacità di concentrazione, sono programmati per dare dipendenza. Si è così connessi durante le ore di veglia, che il cervello non tollera oltre qualche minuto di noia off line.
Dedicarsi a coltivare il vostro marchio social è un approccio passivo all’avanzamento professionale. Toglie tempo e attenzione, vi distoglie dal produrre il lavoro che conta, mentre tentate di convincere il mondo di quanto contiate. Se davvero volete avere un impatto sul mondo, spegnete i telefonini, chiudete i browser, tirate su le maniche e fate il vostro lavoro.