"IL NOME D'ARTE? A ME NON E’ MAI PIACIUTO. SUI SET MI PRENDEVANO IN GIRO. MI CHIAMAVANO MUTI, LA MUTA” - ORNELLA MUTI CONFESSIONS: “LA RELAZIONE CON CELENTANO? NON È IL CASO DI PARLARNE. OLTRETUTTO È STATO LUI A FARE DICHIARAZIONI IN MERITO CON SUA MOGLIE PRESENTE, UN ERRORE. MA QUESTO È L'UNIVERSO MASCHILE - LA VOCE SEXY? È PERSINO CAPITATO CHE AL TELEFONO MI SCAMBIASSERO PER UN UOMO - DAMIANI? INUTILMENTE SEVERO" – LA STAFFILATA A ALAIN DELON - "A 18 ANNI MIA MADRE MI SUGGERÌ L'ABORTO: RIFIUTAI, COSI’ E’ NATA NAIKE". E SULLA CHIRURGIA PLASTICA RIVELA CHE… - VIDEO

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Emilia Costantini per il “Corriere della Sera”

 

«Ho debuttato al cinema a soli 14 anni e avevo perso mio padre tre anni prima. Avrei avuto bisogno di una figura maschile di riferimento e invece non ce l'avevo. Mi sono affacciata alla vita da "zoppa", senza sapere chi sono gli uomini».

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Ornella Muti ha di sicuro il dono della sincerità e, pur essendo diventata una delle attrici di cinema, teatro e televisione più celebri, non nasconde le sue amarezze di donna. Fu Damiano Damiani a sceglierla, per un ruolo molto particolare, nel film La moglie più bella , che raccontava una storia vera.

«La dura vicenda umana di una vera combattente, Franca Viola, la prima donna siciliana che, nel 1965, si è ribellata al dogma del finto rapimento che sarebbe sfociato nel matrimonio riparatore. Con incredibile coraggio, disse: No, io non mi sposo e andate tutti al diavolo!».

 

Come e perché venne scelta lei, una ragazzina di 14 anni?

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«Non mi ero candidata per quel film, avevo semplicemente accompagnato mia sorella Claudia, più grandi di me, a fare il provino.Venni scelta io proprio perché avevo l'età del personaggio».

 

E pure lo stesso nome della protagonista del film, Francesca...

«È stato Damiani a farmi cambiare nome, da Francesca Rivelli a Ornella Muti, un connubio che si rifà a due opere di Gabriele D'Annunzio: la Ornella della Figlia di Iorio e la Elena Muti del Piacere . Ma a me non è mai piaciuto. Oltretutto, ogni tanto su certi set qualcuno, i primi tempi, mi prendeva in giro, giocando su Muti la muta... vabbé, la cattiveria non manca mai... ci può stare...».

 

Quattro anni dopo è diventata madre.

«Ragazza madre. A 18 anni. Non è stato tanto facile».

 

Ha pensato all'aborto?

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«Innanzitutto erano altri tempi, praticamente la preistoria rispetto a oggi, e poi non ho voluto. Mia madre però me lo chiese: anche se in Italia l'aborto era illegale, all'estero si poteva fare tranquillamente. Persino il mio agente cinematografico di quel periodo me lo consigliò, perché dovevo girare un film. Avrei dovuto abortire per fare un film? Assolutamente no! Quindi ho deciso di portare a termine la gravidanza, altrimenti il Signore mi avrebbe detto "pussa via!"... ed è nata Naike».

 

Una ragazza madre coraggiosa. Gli uomini l'hanno delusa?

«Sono una sognatrice, mi creo dei film in testa, mi costruisco dei racconti romantici, favole che non corrispondono alla realtà. Noi donne, a volte, veniamo messe sugli altari dagli uomini, altre volte ci comportiamo come le geishe. Io non appartengo né all'una, né all'altra categoria. L'importante è comunque credere nell'amore, però io sono cieca e vado sbattendo a destra e a manca: in certi casi nella mia testolina bacata non ho voluto vedere ciò che era evidente».

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Nella sua professione ha contato di più la bellezza o la bravura?

«La bellezza mi ha portato avanti, aprendomi molte strade, impossibile negarlo, ma mi ha anche penalizzato, perché esiste il pregiudizio: pensano che sei bella e non brava, quindi devi impegnare il triplo della fatica per dimostrare che non è così. A volte ammetto di aver avuto la sensazione che alcuni registi mi abbiano usato solo per l'aspetto fisico senza preoccuparsi delle mie capacità artistiche».

 

Bell'aspetto fisico e voce sexy.

«Sarà pure sexy, ma non è un vezzo, ho un reale problema alle corde vocali. È persino capitato che al telefono mi scambiassero per un uomo».

 

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E adesso è tornata in teatro con lo spettacolo «Mia moglie Penelope», liberamente tratto dal libro «Itaca per sempre» di Luigi Malerba, con Pino Quartullo nel ruolo di Ulisse.

«Interpretare Penelope, una donna che aspetta vent' anni il ritorno del marito, difendendosi dai Proci e proteggendo il figlio Telemaco, è una bella sfida. È una figura femminile forte, che nutre dei sacrosanti dubbi nei confronti di Ulisse, in un gioco di reciprocità.

 

Infatti, anche lui sospetta che lei lo abbia tradito. Ma Penelope, sia pure rattristata dai sospetti del suo uomo, resta ferma nelle proprie convinzioni, è una che ha imparato a difendersi. Nell'impersonarla ci metto la mia anima. Le donne, in fondo, allora come oggi, devono sapersi difendere».

 

A lei è capitato spesso di doversi proteggere dalle molestie?

«Ovviamente sì, ogni donna, chi più chi meno, è oggetto di attenzioni sgradite. Voglio essere onesta: tutte abbiamo avuto avances, ma ho saputo difendermi. Quando avvertivo uno sgradito odore di piacioneria molesta, prima di tutto cercavo di non mettermi in condizioni tali per cui qualcuno potesse approfittarne e, quando proprio mi trovavo con le spalle al muro, recitavo la parte di quella che si sentiva male, un improvviso malore... e scappavo via. Il #MeToo è stato un movimento importante, perché le ragazze sono fragili agnelli in un mondo di lupi».

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A proposito di uomini, lei ha lavorato con i più grandi registi. C'è stato fra loro qualcuno più duro con lei, al quale ha reagito dicendo basta?

«Il più duro fu proprio Damiani. Ero piccola, inesperta e mi ha buttato a fare un film drammaticissimo... devo dire che, in certi momenti, non è stato molto carino con me, inutilmente severo. Gli altri, per esempio Marco Ferreri, Mario Monicelli o Dino Risi, tutti registi con forti caratteri, capivano che ero molto ingenua, insicura ed erano accondiscendenti, sapevano che altrimenti sarei fuggita. Cercavano però di tirarmi fuori da quella che definivano la mia Disneyland, dicevano che amavo vedere il mondo come un parco giochi, altrimenti non ce l'avrei fatta a vederlo quant' è brutto».

E con le colleghe? È vero che Romy Schneider e Lisa Gastoni non la vollero nei loro film? Temevano il confronto?

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«Ma no... sono pettegolezzi che mi sono stati riportati e chissà se sono veri, magari se li sono inventati gli agenti. Piuttosto, tornando nuovamente agli uomini, un tipo col carattere difficile era Alain Delon: bellissimo, con dei cani cattivissimi... una star che aveva potere e lo dimostrava, te lo faceva pesare. Mentre invece Woody Allen, quando mi scritturò per un minuscolo ruolo in To Rome with Love , mi disse: "Sono onorato di lavorare con te...". Non ci potevo credere che fosse onorato! L'ho trovato così educato, elegante...».

 

Lei ha mai avuto la tentazione di fare la diva?

«Cosa significa essere una diva? Non mi sono mai comportata così, non sono una che se la tira, se poi qualche volta appaio tale non lo faccio apposta, non appartiene al mio modo di essere. Sono una persona semplice. Non ho mica salvato milioni di vite, io ho solo fatto ridere o piangere il pubblico, tutto qui».

 

E la relazione amorosa, vera, con Adriano Celentano?

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«Non è il caso di parlarne... Oltretutto è stato lui, una volta, a fare dichiarazioni in merito con sua moglie presente, un errore da parte sua e io sono rimasta francamente un po' sorpresa. Che ci vogliamo fare? Questo è l'universo maschile: io, a suo tempo, ho avuto rispetto della sua famiglia».

 

Abbiamo parlato di bellezza. E che dire degli anni che passano? Ha mai pensato alla chirurgia estetica?

«Il cammino esistenziale è una parabola e occorre farsene una ragione. Ovviamente cerco di mantenermi, faccio yoga facciale, rispetto una dieta seria, ma non è facile stare al passo col tempo che passa. Lo confesso, a volte non mi piaccio, sono molto esigente con me stessa, ma questa sono e non ci posso fare niente...

 

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Comunque, sdoganerei la chirurgia: tutti, donne e uomini, dicono che non si sono mai ritoccati, ma diamoci una calmata, e chi se ne importa se ti sei ritoccata. Nel mondo di oggi siamo bene o male tutti sempre esposti: bisogna essere perfetti ed è inutile far finta che l'aspetto esteriore non conti, conta eccome! Oltretutto la vita si è molto allungata e questo, diciamo, non aiuta.

 

Non temo la vecchiaia, mi spaventa la malattia. L'importante è seminare bene gli affetti: io ho i figli e dei nipoti meravigliosi che, per fortuna, quando mi sveglio la mattina non mi dicono: "Nonna, oggi c'hai un occhio gonfio". Ti abbracciano, Ti baciano, Ti accolgono per quella che sei. Loro sono un autentico regalo».

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