ZEMAN E LA JUVE. E’ FORSE POSSIBILE PARLARE D’ALTRO? - CHRISTIAN ROCCA (“GOBBO”): “ZEMAN È UNA SPECIE DI ORONZO CANÀ GIUSTIZIALISTA, MA DI SINISTRA” - PIGI BATTISTA (“GOBBISSIMO”): “QUANDO LA ROMA SI SARÀ SPENTA A METÀ CLASSIFICA, VEDREMO…” - ERNESTO FELLI (ROMANISTA): “DI FRONTE AL GIOVANE AGNELLI E A JOHN ELKANN QUASI RIMPIANGO MOGGI” - “MA LA VERITÀ È CHE NOI TUTTI, E L’ITALIA TUTTA, SIAMO CON ZEMAN”…

Alessandro Giuli e Michela Maisti per Il Foglio

Zeman e la Juve. E' forse possibile parlare d'altro?
Il non-vincente di successo boemo fa ritorno a Roma, sponda giallorossa - laziali di nuovo in lacrime, anche se non lo ammetteranno mai: considerano Zeman cosa loro, ma contano di consolarsi vincendo una volta ancora tutti i derby a disposizione, come nella stagione 1997-'98, quando cantavano irridenti verso la curva sud zemaniana:

"E' la dura legge del gol, 4 derby dodici gol" - ed è ricominciata la guerra fotonica con i bianconeri, con la loro torinesitudine abusiva, coi loro scudetti sgraffignati, con la memoria del doping anni Novanta (corpi del reato: quelli di Vialli e Del Piero sui quali spuntarono muscoli erculei dalla notte al giorno), con le inchieste del giudice torinese Guariniello, i piagnistei contro gli arbitri compiacenti, e la sudditanza psicologica verso Luciano Moggi, il tradimento di Fabio Capello dopo lo scudetto con la Roma nel 2001, la solita famiglia Agnelli/Elkann (sillogismo curvaiolo: se quel che va bene alla Fiat va bene all'Italia, e quel che va bene alla Fiat è la Juventus, chi altri potrà vincere il tricolore?).

Poi ci sarebbe anche l'attualità giudiziaria: il caso Antonio Conte, la sua omissione di denuncia, la squalifica a dieci mesi, le assoluzioni per Pepe e & Co., la "caccia alle streghe" lamentata dal solo Agnelli disponibile a mettere la faccia sulla Signora del Terzo millennio (Andrea, anima di golfista prestata al pallone). Dubbie verosimiglianze, bugie ragionevoli, errori forti, verità deboli: tutto s'incrocia e tutto si amalgama sul lastricato di lava che collega Roma e Torino, quando al casello d'ingresso c'è scritto Zemanlandia.

Dunque la Juve e Zeman. Siccome il Foglio è il più democratico e pluralista tra i giornali fondati sul dispotismo asiatico, ha ritenuto doveroso interessare al tema la metà bianconera del cielo pallonaro. Malgrado ci accusi di "deriva guatemalteca" (nel senso di giustizialismo à la Ingroia), lo juventino-siciliano di Alcamo Christian Rocca accetta di parlarci. Lo fa da fogliante della prima ora prestato ai poteri nordici (è direttore di IL, mensile del Sole 24 Ore, e in effetti gli stivali da campagna decantati nell'ultimo numero della rivista sono da urlo).

"Certo che non si parlerà d'altro se non di Zeman contro la Juventus", dice Rocca. "Oltre alla Juve quest'anno c'è soltanto la Roma a fare da sfidante. Moratti, nella sua suprema sportività, vista la squalifica di Conte ha pensato bene di far gareggiare anche la sua Inter senza allenatore. Berlusconi ha svenduto il Milan. Resta la Roma per mancanza di concorrenti, altrimenti la Juventus avrebbe già vinto lo scudetto". Paura eh? "Di Zeman?".

E' un genio, vi massacrerà. "Anche di Frank Zappa non si è mai capito se fosse un genio o un ciarlatano. Zeman è una specie di Oronzo Canà giustizialista, ma di sinistra". La moralità è sempre di sinistra. "Infatti Zeman vorrebbe essere lo Zagrebelsky della serie A, senza avere nemmeno il cognome da generale polacco di cui può fregiarsi il presidente emerito della Consulta".

Lui viene dal popolo. "Aveva ragione Gianni Agnelli, quando ricordò che abbiamo salvato anche Zeman dal comunismo. Quella fu la sentenza definitiva. Ma poi che ha combinato Zeman nella sua carriera, ne vogliamo parlare? Lui dice che abbiamo vinto 22-23 scudetti, naturalmente è un falso come il passaporto di Recoba, ma il numero è pur sempre inferiore a quello dei suoi esoneri". La scomodità si paga. "Vada ad allenare in Guatemala, vedrete che sarà esonerato prima di Ingroia". Dietro tanta animosità si cela l'ammirazione, è una legge di natura.

E infatti Rocca fa coming out. "Io sono sempre stato un estimatore del calcio zemaniano. Lo seguo da quando allenava il Licata". Aneddoto: "Nella stagione 1979-'80, da scolaro delle medie inferiori, andai allo stadio della mia città per vedere la partita Alcamo-Licata. L'Alcamo aveva la maglia bianconera". Il Licata Zeman in panchina. "E la maglia blu. Non ci potevo credere. A quei tempi non c'era ancora neppure la zona mista di Niels Liedholm, e il Licata già faceva la zona pura col fuorigioco. Uno spettacolo estasiante, ero incantato: i giocatori dell'Alcamo finivano sempre in off side e alla fine del primo tempo il Licata vinceva di quattro gol a zero, con il suo Maurizio Schillaci, fratello di Totò, grande marcatore".

Se si fosse limitato a quello, Zeman, invece di cercare il doping nelle vene bianconere... "Io non ci credo a tutta 'sta retorica della purezza zemaniana, al suo ‘fuori le farmacie dal calcio'. Avesse detto ‘fuori le banche', mi sarei complimentato, ma come la metteremmo con Unicredit che controlla la Roma? Avesse detto ‘fuori i petrolieri', chapeau, ma Zeman non può attaccare Moratti perché l'Inter è l'ultima ridotta che gli manca per la grande battaglia finale contro il Caimano bianconero. Finirà così".

Paura eh? "Certo se Zeman quest'anno parte bene avrà molte possibilità, d'altra parte, come ho detto, voi romanisti siete aiutati dalla non partecipazione al campionato di Milan e Inter". E ci fidiamo della magistratura. "Infatti il pm Guariniello è l'unico uomo che abbia perso più partite di Zeman".

Per fortuna c'è Pierluigi Battista a riequilibrare tanta faziosità. Lui è romano e juventino, oltreché terzista al Corriere della Sera. "Ne riparliamo tra qualche settimana, quando la Roma si sarà spenta a metà classifica, vedremo se parlerete ancora di Zeman contro la Juve". Chissà quanto avrà già rubato, la Juve. "Per la sfida scudetto, la Juve si preoccupa del Milan e dell'Inter. La Roma al massimo si giocherà il posticino in Europa league".

Solito moderato. "Ne ho assoluta certezza. Certo la Juve per vincere dovrebbe scegliersi un top player migliore dell'avvocato Giulia Buongiorno". Paura eh? "Guarda, su Zeman penso che alla fine la famiglia Agnelli-Elkann sia stata troppo dura, dicendo che Carrera in un giorno solo ha vinto più di lui. Non hanno tenuto conto che Zeman, allenatore di fascia C, con il Pescara s'è fatto notare".

Chiedetelo a Riccardo Ruggeri, torinese e torinista in casa d'altri (e che casa: è un ex dirigente Fiat), se tutta 'sta sicumera juventina ha motivo d'essere. Ruggeri è dunque uno che di göbe se ne intende. E ci scrive così: "Molti anni fa, per almeno un decennio, ogni domenica ero al Comunale, alternativamente per Toro e Juve. Col Toro in curva Filadelfia, ai margini degli ultras, perché il mio estremismo granata, molto più radicale del loro, era tutto interiore, quindi non apprezzato. Quando giocava la Juve ero nella tribuna vip, ospite di un amico juventino ricco. In curva, sempre in piedi, mi agitavo, soffrivo, tornavo stanchissimo.

Il destino di noi del Toro, dopo Superga, ci fu subito chiaro: soffrire, unica valvola di sfogo, seppur miserabile, ‘disprezzare i gobbi', anche socio-antropologicamente (noi operai, loro alto borghesi). Papà, nato nel 1906 (col Toro), così declinava göba: ‘Postura tipica di chi si piega ai potenti (Re, Mussolini, Agnelli)'. Nella tribuna vip della Juve fui sempre in grande imbarazzo: se prendeva un gol non potevo, per una sciocca forma di educazione, alzarmi urlando tutta la mia gioia; se segnava, rimanevo seduto, unico nello stadio, guardato dai nobili sabaudi col disprezzo riservato ai servi, mentre la plebe venuta da lande lontane festeggiava oscenamente.

Col passare degli anni gli juventini della tribuna vip si abituarono a me, mi sorridevano persino, fui io, di certo sbagliando, che non riuscii mai ad abituarmi a loro, almeno allo stadio. Frequentandoli, capii due cose. La locuzione ‘a fine stagione torti e ragioni si pareggiano' era un colossale falso. Devo ammetterlo, il primo che ebbe il coraggio di dirlo in pubblico fu il nipote di uno juventino doc (!). Fui spiazzato, malfidente per anni tenni d'occhio costui, ora devo riconoscerlo: Zeman è uno a posto.

Ero certo che la tecnologia da un lato, la stampa libera dall'altro, avrebbero fatto uscire la Juve dal tabernacolo nel quale i suoi cardinali, dai ricchi paramenti sacri, la tenevano come reliquia, e non vi sarebbe mai più rientrata. Moviola, giornalisti indipendenti, pubblicazione delle intercettazioni a strascico, controllo delle ‘farmacie', tolsero ai tre big del calcio tutto il loro allure centenario, più colpita fu la Juve per la sua (arrogante) emblematicità.

L'aspetto più drammatico in questi anni è stata la sua incapacità a uscire dal culo di sacco ‘comunicativo' nel quale si era cacciata. Solo un approccio ironico, scanzonato (è un gioco, no?), l'occasione irripetibile della serie B (non colta), poteva umanizzare la sua immagine, purtroppo non era nel suo Dna: lo stesso Avvocato riusciva sì a essere ironico, ma solo verso alcuni giocatori, mai però verso la Juve.

In me anche gli ormoni anti juventini stanno trovando una loro seppur precaria pacificazione, avrei un'idea per la giovane dirigenza (che a livello personale stimo molto): dotarsi di un innovativo direttore delle relazioni esterne e immagine. Sarà pure una vecchia Signora ma ormai è così fanée, dalle cinquanta sfumature di grigio (il bianco e il nero si stanno stingendo), che un chirurgo plastico si impone. Con un grande comunicatore 2.0, ‘sfumatura Zeman', la göba potrebbe drizzarsi. Detto, come ovvio, con sabaudo rispetto".

Illusione per illusione, c'è un romanista di rango come il prof. Ernesto Felli, anche economista, che in questa pagina sembra la sola persona a conservare un po' di senno ed equilibrio. Eccolo: "Sono un grande tifoso della Roma e per questo motivo sono piuttosto scaramantico sulle sorti che avrà la squadra guidata da Zdenek Zeman nel campionato che sta per iniziare. Tuttavia sento di poter affermare, in modo quasi apotropaico e compiendo un'operazione di ‘contro-scaramanzia', che quest'anno sarà scudetto.

La contesa per il titolo di campioni d'Italia sarà senz'altro con la Juventus che è una delle squadre favorite. Anche qualora la mia previsione iniziale non dovesse realizzarsi, sono certo che la Roma concluderà il campionato posizionandosi fra le prime tre squadre della classifica. La guida del nuovo allenatore potrebbe essere davvero determinante per la Roma.

D'altronde ebbi modo di scrivere di Zeman e delle sue qualità per il Foglio già qualche tempo fa, quando in un articolo misi a confronto le doti di José Mourinho (che allora allenava l'Inter di Maurizio Crippa) e quelle del tecnico boemo, a mio avviso le personalità più interessanti che il calcio italiano possa mai dire di aver vantato nella sua storia recente. Già allora ebbi modo di sottolineare il valore tecnico di Zeman, incentrato sulla offensività del gioco piuttosto che sulla strategia, elemento che invece ha sempre contraddistinto Mourinho.

Sull'uomo Zeman e sulla sua storia calcistica posso dire che siamo in presenza di un simbolo dell'anti politicamente corretto; di un personaggio che, per la sua storia e per come la vita è stata in grado di plasmarlo, ha sempre rappresentato il prototipo di un bastian contrario immerso nel piattume desolante del calcio italiano. E proprio per questo suo modo di essere ‘contro', le critiche nei confronti del boemo da parte dei tifosi e della dirigenza della Juventus non solo sono iniziate a piovere ancor prima dell'avvio del campionato, ma si sono anche riproposte in modo quasi identico a quello in cui furono mosse anni fa.

D'altronde la migliore strategia in casa Juventus sembra essere ancora una volta quella della negazione dell'evidenza (si vedano il caso ‘Calciopoli', le reazioni alla squalifica di Antonio Conte di queste settimane e le provocazioni di John Elkann a Zeman). Da romanista quale sono, di fronte alla gestione del giovane Agnelli e di John Elkann, quasi rimpiango la Juventus di Luciano Moggi".

La verità (ma anche no) di Bar Sport. L'ultima parola sul caso Zeman-Juventus spetta necessariamente ai foglianti di chiara fama e famigerata esperienza calciofila. Dalle Eolie parla Lanfranco Pace, peraltro unico interprete milanista della nostra sarabanda calciofila nonché animatore di Bar Sport assieme a Maurizio Crippa (su ilfoglio.it).

Voce equidistante? "Mi definisco risolutamente zemaniano". Ecco fatto. "Anzitutto per una questione di stile. Zeman è un uomo che ha un bel volto, parla molto poco, ma quando lo fa colpisce sempre nel segno. E soprattutto parla contro il perbenismo diffuso". Ti riferisci al famoso scandalo della "farmacia-Juventus"? "Sì, ma non solo. Ricordo a tutti che Zeman è stato l'unico ad avere il coraggio di scontrarsi col buonismo piagnone di chi ha sempre preteso di trattare Pistorius come un atleta normodotato".

E gli altri motivi di questa tua "risolutezza" zemaniana? "Beh, le ragioni della mia stima vengono da lontano, già dai campionati passati in cui Zdenek Zeman allenava le due squadre della capitale. Da milanista quale sono, il mio sogno è sempre stato quello che un giorno il presidente Berlusconi decidesse di affidare le chiavi del mio Milan all'allenatore boemo. A quel punto sì che avrei goduto come un satiro!". E' amore vero. "Ancora mi ricordo la grandezza di Zeman quando era alla Lazio: un 4-0 memorabile contro la Juventus, con un Alen Boksic selvaggio, scatenato nell'area di gioco dei bianconeri! E' per questo che trovo di una volgarità assoluta le critiche che il finto Agnelli (che di cognome fa Elkann) ha mosso pochi giorni fa a Zeman".

Certo anche citare così encomiasticamente la Lazio non è proprio una finezza. "Sarà anche vero che Zeman non ha mai allenato squadre di supercampioni (e già per questo manca la controprova del suo essere ‘perdente'), ma di sicuro ha fatto diventare un supercampione un giocatore come Francesco Totti, ai tempi della prima panchina romanista. E poi non è affatto vero che Zeman non ha vinto niente. Tutti, sia alla Roma sia alla Lazio, ancora se lo ricordano! E io pure, visto che continuo ad avere il rimpianto che non alleni il mio Milan".

Conclusione: "Quindi le critiche che la Juve sta muovendo a Zdenek Zeman sono insane... sono cose da rosiconi". Parole di miele per definire il "tradizionale scontro tra morale boema e moralismo savoiardo". E quindi vince il boemo. "Vince lui, vince Zeman, per me. E poi, meglio stare tre anni con lui e non vincere, piuttosto che stare con Capello, Ancelotti e Allegri avendo sempre ragione".

Meglio perdere bene che vincere male? "Sì, e non se ne dispiacciano Battista, Rocca e Mughini, ma la verità è che noi tutti, e l'Italia tutta, siamo con Zeman" (rumore di sottofondo, come un ritmico fruscio insistito di mani sul basso ventre: i romanisti non sono affatto scaramantici, siete voi che gliela tirate).

 

 

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