COSA SUCCEDE DAVVERO NELLE SALE SLOT? IL LIBRO “I GIOCATORI” DELL’ANTROPOLOGA MANUELA VINAI RACCONTA IL MONDO IGNOTO DELLE SALE DA GIOCO - LA RELAZIONE TRA GIOCATORI PRESENTA ALCUNI TASTI DELICATI. PER ESEMPIO, UNA SLOT MACHINE CHE È STATA ALIMENTATA A LUNGO SENZA DARE GRANDI VINCITE È MOLTO AMBITA E CERTI GIOCATORI SONO SEMPRE PRONTI A OCCUPARLA - I PROBLEMI IN CASO DI GROSSA VINCITA…

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Giulia Villoresi per “il Venerdì di Repubblica”

 

I giocatori - Etnografia nelle sale slot della provincia italiana I giocatori - Etnografia nelle sale slot della provincia italiana

Nel 2019 gli italiani hanno speso oltre 110 miliardi di euro nel gioco d' azzardo. Di questa somma (pari a circa quattro manovre finanziarie) la quota più importante viene da "apparecchi e congegni da intrattenimento", circonlocuzione un po' vintage con cui l'Agenzia dei Monopoli definisce slot machine e videolottery. Parole tabù.

 

Che rimandano ad ambienti oscuri - le sale slot - dove si presume abbia luogo buona parte di quel dramma che è stato definito «azzardo di massa». Il settore conta 87 mila esercenti in tutta Italia. Molti, per regolamento comunale, devono rispettare una distanza minima di 500 metri dai «luoghi sensibili», come scuole e luoghi di culto. È opinione condivisa che le slot machine siano più pericolose dell' insieme dei giochi d' azzardo, ed è su questa base che diverse associazioni chiedono la chiusura delle sale slot/vlt. Ma le parti in causa - società civile, filiera del gambling, Stato - stentano a trovare un dialogo.

 

sala slot sala slot

Un libro appena pubblicato da Meltemi potrebbe offrire a questo scopo spunti preziosi: I giocatori. Etnografia nelle sale slot della provincia italiana è l' inchiesta di una giovane antropologa, Manuela Vinai, che ha trascorso quasi un anno come osservatrice nelle sale da gioco del Piemonte. Una ricerca nata su commissione delle Asl di Biella e Vercelli che si è trasformata nella prima vera indagine etnografica sull' Italia delle slot machine. Com' è noto, il lavoro sul campo spesso riserva al ricercatore un piccolo shock: Vinai non ha trovato in questi luoghi l'alienazione che si aspettava. Il che solleva una questione interessante: chi si occupa di contrasto al gioco d' azzardo conosce davvero le sale da gioco?

 

DENTRO LA MACCHINA

In Italia i locali slot/vlt fanno capo a un circuito di concessionari che riproduce in serie un design quasi invariabile: vetri oscurati all' esterno, illuminazione esclusivamente artificiale all' interno, moquette, area fumatori, un bar e un office per cambiare i soldi.

 

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Ordine e pulizia sono quasi ossessivi, a dissimulare la centralità dell' elemento sporco: il denaro. Ogni macchinetta ha un corollario di accessori - sgabello, cambiamonete, segnaposto, tavolino, posacenere - che crea una dimensione ergonomica, progettata per ridurre al minimo azioni superflue al gioco. Il codice di comportamento è rigido: si parla poco e a bassa voce; non si guarda lo schermo altrui; non si fanno commenti, soprattutto a chi sta vincendo.

 

«Ma i giocatori sono molto attenti a ciò che accade intorno a loro» spiega Vinai. «Hanno i sensi allenati e sanno sempre cosa succede al vicino. Alcuni dicono di saper riconoscere il giocatore patologico dal suo modo di "stare dentro la macchina". A volte ci sono riuscita anche io: è una fissità, una proiezione verso lo schermo che ti rende un tutt' uno con la macchina».

 

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La relazione tra giocatori presenta alcuni tasti delicati. Per esempio, una slot machine che è stata alimentata a lungo senza dare grandi vincite è molto ambita (non in base al calcolo delle probabilità, ma a credenze sui meccanismi della fortuna) e certi giocatori sono sempre pronti a occuparla. I cosiddetti avvoltoi, secondo la tipologia proposta dallo svedese Philip Lalander. Per ridurre le tensioni si usano i segnaposto, ma in genere una macchina vuota non si può tenere bloccata per più di mezz' ora. Capita anche che un avvoltoio fortunato regali del denaro al giocatore precedente - che ha lasciato la macchina senza segnaposto - in segno di gratitudine.

 

«L'ambiente è molto variegato» spiega Vinai. «In una sola giornata si può incontrare il pensionato, il ragazzo, la donna in carriera in pausa pranzo, il genitore col figlio, la coppia di fidanzati o di amici». Non sono rari gli habitué che spariscono per lunghi periodi perché hanno giocato troppo. O perché hanno vinto troppo. «Questa è una regola che ha messo d' accordo tutti i miei interlocutori: la vincita di una grossa somma spesso coincide con i problemi di dipendenza».

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Quando si vince troppo Il giocatore convive con questo spettro, ne sente l' alito, elabora strategie per tenerlo sotto controllo. Racconta la signora L.: «Mio figlio ogni tanto gioca.

Una volta ha preso 2.900 euro; mi ha chiamato: "Vieni mamma, così me li tieni e non li gioco". Li ha dati a me perché è quando prendi le botte grosse che ti frega». E qui veniamo a uno dei punti chiave messi a fuoco da Vinai: «La maggior parte delle ricerche sul gambling tratta solo la sua declinazione patologica. Anche la società civile ha fatto propria l' idea del gioco d' azzardo come malattia tout court. Ma i giocatori non sono tutti malati. Anzi. E trattarli come tali non sembra una strategia efficace».

 

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Più i clienti, i gestori e gli impiegati delle sale slot assorbono l' idea di essere in un contesto riprovevole e malato, più la vergogna e il senso di colpa inibiscono la disponibilità al dialogo. C' è poi una questione più sottile, ma molto significativa: «Con grande sorpresa, come antropologa, ho scoperto che si instaurano relazioni. Anche relazioni intime. Non solo tra clienti, ma tra clienti e personale. Spesso sono i gestori e gli assistenti di sala a intervenire sui clienti più problematici. Perché li conoscono. Sanno come comunicare con loro». Da qui, una delle proposte di Vinai a chi si occupa di prevenzione: investire nella formazione dei gestori e del personale delle sale slot. Sfruttarne le competenze. Responsabilizzare la filiera, invece di demonizzarla.

 

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