ECCO PERCHE’ SI MUORE AL MOREGALLO - L’ULTIMA VITTIMA E I DIVIETI NON FERMANO I RAGAZZI CHE CONTINUANO A TUFFARSI DALLA GALLERIA MALEDETTA NEL LAGO DI COMO: “SO CHE DA LÌ SI PUÒ MORIRE, MI BUTTO PER ADRENALINA. UN TUFFO NEL VUOTO DI UNA QUINDICINA DI METRI È COME VOLARE” – IL SINDACO: “NON BASTANO I CARTELLI, NON BASTANO LE SBARRE, NON BASTANO PURTROPPO PIÙ NEMMENO I MORTI…”

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Anna Campaniello e Barbara Gerosa per corriere.it

 

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«Prendo la rincorsa e mi butto. L’adrenalina che si prova non si può spiegare. Sappiamo che è pericoloso, ma un tuffo nel vuoto di una quindicina di metri è come volare, ne vale la pena».

 

«Guardi gli altri che si tuffano e alla fine li segui, anche se sai che qualcuno non è più riemerso, l’emozione e la voglia di superare il limite sono più forti della paura». Ricardo, 31 anni, ecuadoriano, casa a Lecco, dalla galleria dove finisce la strada del Moregallo si è buttato decine di volte nel lago di Como. Francesco, 15 anni, da Cantù (Como), è andato apposta sulla spiaggia lecchese in motorino, con gli amici, dopo aver sentito parlare di quei tuffi proibiti.

 

 

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Non li ferma nessuno

Il sindaco di Mandello Riccardo Fasoli le ha provate tutte per impedire i tuffi dalle gallerie, ma niente sembra poter fermare le decine di ragazzi che ormai arrivano anche da fuori Lecco per lanciarsi nel lago. Sabato scorso, un 26enne ecuadoriano arrivato con gli amici da Milano non è più riemerso dal lago dopo il salto dalle rocce. Non è certo la prima vittima al Moregallo, ma poche ore dopo altri tuffatori erano pronti a buttarsi.

 

«Non bastano i cartelli, non bastano le sbarre, non bastano purtroppo più nemmeno i morti», scuote la testa il primo cittadino. Nei giorni scorsi, qualcuno ha tagliato con un flessibile una delle sbarre della grata messa per bloccare l’accesso al tunnel chiuso al traffico da anni.

 

Il Comune ha provato pure a mettere in vendita la vecchia strada, nella speranza che qualcuno la compri per darle nuova vita e scoraggiare così i pendolari dei tuffi. Ma nessuno si è ancora fatto avanti. «Io non rischio mai troppo, sto attento, mi tuffo dalla prima volta della galleria e poi faccio il giro per tornare indietro», racconta ancora Ricardo, che conosceva il ragazzo annegato sabato scorso, ma domenica era di nuovo al Moregallo.

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«Era un amico di mia cugina — dice —. Non so cosa sia successo. Forse ha sbattuto contro gli scogli oppure aveva mangiato e bevuto prima e si è sentito male. Paura dopo quello che è successo? No — chiude sicuro —. Conosco il lago, basta essere prudenti».

 

 

Sopra il tunnel

Ne è convinto anche Francesco: «Quando esci sulla scogliera dal secondo o terzo arco — racconta —, puoi scegliere diversi punti da cui buttarti. Pochissimi salgono sopra il tunnel, puoi arrivare a oltre 20 metri. Nessuno del mio gruppo lo ha mai fatto, ma ho visto il video di un ragazzo della mia scuola che ci è riuscito. Noi, come quasi tutti gli altri, scendiamo sulle rocce più in basso, salti da una decina di metri, devi solo stare attento. Lo fanno tutti».

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Di «prudenza» e «sicurezza» non si parla, dice Pino Carvelli, gestore del bar pizzeria «Avalon», a poca distanza dalla galleria dei tuffi proibiti: «Sento passare i ragazzi che vanno a buttarsi. Vengono nel mio locale per bere una birra o un caffè. Sono soprattutto giovani tra i 20 e i 30 anni.

 

Scommettono su chi farà il salto più alto o la foto più bella. Cerco sempre di dissuaderli. Ripeto che il lago in quel punto è molto profondo e che ci sono rocce pericolose. Ma difficilmente serve a scoraggiarli».

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