giorgio parisi coronavirus

“MISURE DRASTICHE NEI PROSSIMI DUE-TRE GIORNI O CI SARANNO CENTINAIA DI MORTI AL GIORNO” – CENTO SCIENZIATI E PROFESSORI UNIVERSITARI SCRIVONO UNA LETTERA-APPELLO A MATTARELLA E CONTE: “PRENDERE MISURE EFFICACI ADESSO SERVE PER SALVARE L'ECONOMIA E I POSTI DI LAVORO. PIÙ TEMPO SI ASPETTA, PIÙ LE MISURE DOVRANNO ESSERE PIÙ DURE” – LE STIME DEL PRESIDENTE DEI LINCEI PARISI: SE NON ARRESTIAMO IL CONTAGIO TRA POCO I NUOVI POSITIVI AL GIORNO SARANNO…

1 – "MISURE DRASTICHE SUBITO", APPELLO SCIENZIATI A MATTARELLA E CONTE

Da www.adnkronos.com

 

coronavirus terapia intensiva icc casal palocco roma 2

Dare "piena adesione alla richiesta" del presidente dei Lincei, Giorgio Parisi "di assumere provvedimenti stringenti e drastici nei prossimi due o tre giorni" per "evitare che i numeri del contagio in Italia arrivino inevitabilmente, in assenza di misure correttive efficaci, nelle prossime tre settimane, a produrre alcune centinaia di decessi al giorno".

 

giuseppe conte sergio mattarella

E' quanto si legge nel testo di una lettera-appello che è stata appena inviata al capo dello Stato Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a firma di oltre cento tra scienziati e docenti universitari, tra cui figurano i nomi del Rettore della Normale di Pisa, Luigi Ambrosio e di Fernando Ferroni, ex presidente Istituto Nazionale Fisica Nucleare.

 

Luigi Ambrosio 1

"Come scienziati, ricercatori, professori universitari - si legge nel testo che AdnKronos ha potuto visionare - riteniamo doveroso ed urgente esprimere la nostra più viva preoccupazione in merito alla fase attuale di diffusione della pandemia da Covid-19 e riteniamo utile segnalare all'attenzione delle Istituzioni, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Governo, nella persona del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, le stime riportate nell'articolo del Presidente dell'Accademia dei lincei, professor Giorgio Parisi, pubblicato nelle scorse ore nel blog dell'Huffington Post".

 

GIORGIO PARISI 3

"Il necessario contemperamento delle esigenze dell'economia e della tutela dei posti di lavoro con quelle del contenimento della diffusione del contagio deve ora lasciar spazio alla pressante esigenza di salvaguardare il diritto alla salute individuale e collettiva sancito nell'art. 32 della Carta costituzionale come inviolabile", avvertono i i firmatari dell'appello, tra cui figurano anche Gianfranco Viesti, economista dell'Università di Bari, Carlo Doglioni geologo e presidente Istituto nazionale geofisica e vulcanologia, Alfio Quarteroni, matematico applicato, Enzo Marinari, ordinario di Fisica alla Sapienza, Roberta Calvano, ordinaria di Diritto costituzionale Unitelma Sapienza, Piero Marcati, prorettore Gran Sasso Institute, Alessandra Celletti astronoma vicepresidente Anvur.

Fernando Ferroni

 

"La salvaguardia dei posti di lavoro, delle attività imprenditoriali e industriali, esercizi commerciali, e le altre attività verrebbero del resto ad essere anch'esse inevitabilmente pregiudicate all'esito di un dilagare fuori controllo della pandemia che si protraesse per molti mesi - si legge nel testo inviato al Colle e a Palazzo Chigi - . Prendere misure efficaci adesso serve proprio per salvare l'economia e i posti di lavoro. Più tempo si aspetta, più le misure che si prenderanno dovranno essere più dure, durare più a lungo, producendo quindi un impatto economico maggiore".

 

ANDAMENTO ESPONENZIALE DELLA SECONDA ONDATA

"E' per questo che il contagio va fermato ora, con misure adeguate, ed è per questo che chiediamo di intervenire ora in modo adeguato, nel rispetto delle garanzie costituzionali, ma nella piena salvaguardia della salute dei cittadini, che va di pari passo ed è anch’essa necessaria e funzionale al benessere economico", concludono gli scienziati che hanno fatto proprio l'allarme lanciato nelle scorse ore dal presidente dei Lincei, Parisi.

 

2 – MISURE DRASTICHE O A METÀ NOVEMBRE 500 MORTI AL GIORNO

Giorgio Parisi per www.huffingtonpost.it

 

coronavirus terapia intensiva icc casal palocco roma 1

Dai primi giorni di ottobre i casi accertati di Covid stanno raddoppiando ogni settimana e per ogni ottanta casi di Covid c’è un morto dopo una decina di giorni o poco meno. Una settimana è proprio il lasso di tempo che in media ci vuole perché un contagiato contagi qualcun altro. Quindi un raddoppio ogni settimana vuol dire che ogni contagiato ne contagia due. A febbraio e all’inizio di marzo ogni settimana i casi quadruplicavano. Ci stiamo avviando verso il disastro più lentamente di marzo, ma la direzione è la stessa.

 

Luigi Ambrosio

Attualmente abbiamo circa diecimila nuovi casi e una sessantina di morti al giorno. Nell’ultimo mese abbiamo visto che all’incirca ogni ottanta casi si registra un decesso, una settimana dopo, più o meno. Non ha molta importanza quanti dei nuovi casi siano sintomatici e quanti siano asintomatici, per capire la gravità della situazione: ci basta sapere che adesso muore circa una persona su ottanta diagnosticate positive.

 

Se andiamo avanti con lo stesso ritmo di aumento, ovvero se i numeri dei casi continueranno ad adagiarsi sulla stessa retta, fra tre settimane ci troveremo con quasi centomila casi al giorno, cinquecento morti al giorno e con la stessa crisi sanitaria del marzo scorso. Ma ben prima di arrivare a centomila casi al giorno, il sistema sanitario e il tracciamento collasserebbero con conseguenze disastrose. Centomila casi al giorno sembra un numero strabiliante, quasi incredibile, ma basta guardarsi attorno: il Belgio, un paese con una popolazione 5-6 volte più piccola dell’Italia, sta sugli undicimila casi al giorno, che, fatte le debite proporzioni, corrispondono a 60.000 casi per un paese grande come l’Italia.

 

roma dall'alto durante il lockdown foto mezzelani gmt 41

Certo, non sta scritto da nessuna parte che la crescita epidemica debba andare avanti con un raddoppio costante nel prossimo futuro. Tuttavia se la situazione non cambia, se non cambia il numero di persone che va al lavoro, che si affolla sui mezzi di trasporto pubblico, che lavora in situazioni insalubri, che s’incontra con decine di persone a feste dove inconsapevolmente è presente una persona infetta, se tutto questo non cambia, ogni malato continuerà a contagiarne due fino a quando la maggior parte della popolazione non si sarà infettata. Sappiamo cosa vuol dire l’infezione da Covid non controllata; lo abbiamo visto a Bergamo: le persone che morivano a casa, gli ospedali al collasso, i morti giornalieri passati da trenta a trecento, i servizi di pompe funebri intasati, le bare accumulate nei sotterranei degli ospedali.

GIORGIO PARISI 2

 

Sono convinto che non arriveremo a questo punto e che riusciremo a fermare la crescita prima, ma per fermare la crescita e arrivare a una situazione in cui i casi non aumentano più, servono provvedimenti drastici ADESSO. Dobbiamo dimezzare i contatti per far sì che ogni persona ammalata ne contagi in media una. Durante il lockdown duro di marzo aprile tre persone ammalate ne contagiavano in media due. Adesso tre persone ne contagiano in media sei e invece se vogliamo arrivare a una situazione stazionaria ne devono contagiare solo tre. Non è facile: il sistema di tracciamento, finché funziona, consente di isolare i malati e questo riduce il numero dei contagi; ma più il numero di malati salirà, meno sarà utile il tracciamento, finché l’unica possibilità per fermare la crescita sarà il lockdown duro.

coronavirus terapia intensiva icc casal palocco roma

 

Le prossime due settimane dunque saranno cruciali: infatti, ben prima di arrivare al di là dei cinquantamila casi, ci troveremo nell’impossibilità di fare cinquecentomila tamponi al giorno, e con il collasso del sistema di tracciamento e l’imminente collasso del sistema sanitario, un nuovo lockdown sarà necessario e inevitabile.

 

CORONAVIRUS - OSPEDALE

Il Governo ha già approvato varie misure per cercare di rallentare la crescita dei contagi. Saranno sufficienti a fermare la crescita o almeno a rallentarla? Difficile dirlo. Gli effetti non sono immediati, dal momento del contagio ai sintomi passano 5-6 giorni, 3 giorni dai sintomi alla diagnosi e 1-2 per entrare in statistica. Quindi gli effetti sul numero dei casi si vedono una decina di giorni dopo un’eventuale riduzione del numero delle infezioni. Quindi è impossibile saperlo prima; anche perché un eventuale rallentamento nella crescita dei casi potrebbe essere solo il segnale che i tamponi fatti sono diventati insufficienti per segnalare tutti i casi.

coronavirus Italia

 

L’ideale sarebbe ridurre i contagi senza arrivare a un lockdown duro: ma per farlo senza agire alla cieca, sarebbe necessario avere informazioni più precise di quelle che ci vengono fornite ogni giorno: servirebbe un grande database nazionale in cui fossero riversate tutte le informazioni disponibili su dove sono avvenuti i contagi, le attività lavorative dei contagiati, l’uso di mezzi pubblici, le attività svolte.

 

Quanto influiscono sui contagi in Italia i ristoranti, le cene in famiglia, le riunione in ufficio, le convivenze familiarie, le feste? Quali sono le attività più a rischio, oltre ovviamente quelle che già si sanno: la sanità, le celle frigorifere, la preparazione dei salumi, i centri di distribuzione postale? Servono numeri, gli articoli di giornale con casi di cronaca sono del tutto inutili.

 

Sulla scuola, dove le ASL fanno particolari controlli, ci sono dati precisi, che permettono di escludere che fino a questo momento ci sia stata una propagazione sostenuta dell’epidemia dentro le classi,ma abbiamo informazioni molto poco precise su quello che succede in altri contesti: sappiamo il numero dei focolai o poco più. Senza dati precisi come fare a valutare gli effetti positivi o negativi di provvedimenti come la chiusura dei centri commerciali durante il weekend o delle scuole elementari?

 

coronavirus Italia

Queste informazioni sono cruciali anche per capire come mai dopo la situazione quasi stazionaria di settembre ci sia stata l’esplosione dei casi di ottobre: ci sono congetture in proposito, alcune ragionevoli, altre strampalate, i fattori possono essere stati molteplici, ma nessuno è in grado di dire, dati alla mano, in che misura ciascun fattore abbia influito. Ma se non sappiamo bene perché i casi da noi si sono impennati a ottobre, le misure che si possono prendere saranno generiche e non mirate al cuore del problema.

 

giuseppe conte sergio mattarella 1

Io temo fortemente che in Italia non sia stata fatta una raccolta sistematica delle informazioni cruciali sulle circostanze in cui il virus si è trasmesso: la lettera di Giorgio Alleva e Alberto Zuliani (già Presidenti Istat) al Corriere del 17 ottobre mi conferma in questo timore.

 

“In tanti mesi - scrivono - non abbiamo investito in un sistema di raccolta di dati che consenta un monitoraggio accurato su probabilità di contagio, dimensioni delle componenti sintomatiche e asintomatiche, collegamento con i rischi successivi, ricoveri e terapie sub-intensive e intensive, letalità. (…) Non è citando insieme, giorno per giorno, il numero di casi positivi e di tamponi effettuati che possiamo capire cosa stia accadendo realmente”.

 

GIORGIO PARISI

Non è un’operazione immediata, questa raccolta, richiede un lavoro di definizione di formulari standardizzati ma sufficientemente informativi che devono essere compilati in tutte le ASL d’Italia e riversati in un database nazionale. Ma va organizzata immediatamente.

 

roma dall'alto durante il lockdown foto mezzelani gmt 32

Tuttavia se al contrario queste informazioni o parti di esse fossero già disponibili ai vertici del sistema sanitario, dovrebbero essere rese pubbliche subito, in maniera tale che i cittadini possano rendesi conto delle motivazioni governative e la comunità scientifica possa analizzarli allo scopo di capire meglio la propagazione del virus. Ad esempio ci sono forti indicazioni che rari eventi di superdiffusione, quando una singola persona infetta ne contagia molti, diano un contributo rilevante alla diffusione del virus, quindi la loro individuazione ed eventuale eliminazione darebbe un gran sollievo, ma per far questo bisogna analizzare in dettaglio i dati sui luoghi di contagio.

 

CORONAVIRUS - TERAPIA INTENSIVA

Sappiamo bene che la scienza è ed è stata fondamentale per contrastare l’epidemia, ed è quindi inaccettabile che la comunità scientifica non possa chiarire i modi di trasmissione del virus in Italia a causa della mancanza di dati dettagliati sui contagi diffusi accessibili a tutti (quelli che in inglese si chiamano open data).

 

GIORGIO PARISI

L’impressione è che al momento attuale si guidi molto alla cieca, cercando di usare il buon senso per non andare a sbattere. Dobbiamo invece (meglio tardi che mai) costruire e rendere pubblico un sistema di guida razionale da usare in un futuro che non sarà brevissimo: anche nella migliore delle ipotesi, infatti, è improbabile che un vaccino oggi in fase di sperimentazione avanzata possa avere effetti significativi sull’epidemia prima del marzo prossimo. Dobbiamo prepararci ad un lungo inverno evitando un disastro sanitario cercando di danneggiare il meno possibile la vita delle persone. La scienza ci può aiutare, ma dobbiamo metterla in grado di farlo.

conte mattarella

 

La commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei, all’inizio di giugno aveva scritto un documento, in cui si riteneva che ”superata la fase acuta della epidemia, sia giunto il momento, per le istituzioni sanitare regionali, l’Iss e la Protezione Civile di pianificare una condivisione dei dati concertata con la comunità scientifica”.

 

Giorgio Parisi

Apparentemente niente è stato fatto in quella direzione e le amare conclusioni del documento linceo sono ancora di grande atttualità ″In assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e, quindi, anche sul piano politico. Solo con la trasparente alleanza tra scienza e politica possiamo affrontare efficientemente la convivenza con il coronavirus e prevenire una possibile risorgenza del Covid-19 o gestire l’emersione di future, possibili, epidemie.

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