harvey weinstein emma cline

UN ORCO A SUA INSAPUTA - EMMA CLINE RIPERCORRE LE ULTIME ORE DA UOMO LIBERO DI HARVEY WEINSTEIN, NEL ROMANZO “HARVEY”: UN VIAGGIO NELLA MENTE DEL PRODUTTORE CHE, SOLO NEL SUO LABIRINTO, E' CONVINTO DI USCIRE PULITO DAL PROCESSO – NEL LIBRO NON CI SONO LE VITTIME: L’UNICO CORPO È QUELLO DI WEINSTEIN INVECCHIATO, MALANDATO - SPOGLIATO DEL POTERE APPARE UN PO' RIDICOLO E...

Paolo Giordano per il “Corriere della Sera”

 

harvey weinstein

A ripercorrere il caso Weinstein oggi, tre anni dopo l' inchiesta del «New York Times» che ne segnò l' inizio, si viene colti da uno strano senso di incredulità. Più di novanta attrici si sono fatte avanti per accusare il produttore di molestie o peggio: com' è possibile che il sistema intorno a un uomo a tal punto compromesso abbia retto senza scalfitture per oltre trent' anni? Il potere, perfino l' onnipotenza non sono sufficienti a spiegarlo.

 

Doveva esserci qualcos' altro, un architrave più solido a sostegno del silenzio: un' infrastruttura culturale. Ci sarebbe molto da discutere se il movimento #MeToo germogliato dal caso Weinstein abbia infine rappresentato la svolta che prometteva di essere, se sia stato all' altezza dei suoi obiettivi, ma è indubbio che Harvey Weinstein incarni simbolicamente il tramonto di un' epoca, se non per usi e abitudini - tuttora in essere, e chissà per quanto - almeno come clima culturale.

 

harvey emma cline

Per questo meritava un racconto letterario che scavalcasse la cronaca giornalistica cercando di cogliere il significato profondo, tragico della sua figura, e soprattutto della sua caduta. Per Emma Cline, che per prima si è assunta questo compito, il significato ultimo va ricercato proprio nell' incredulità. L' incredulità di tutti noi, ma ancora prima quella del protagonista di Harvey (Einaudi Stile libero) : Harvey, sì, quell' Harvey, Weinstein in persona, talmente riconoscibile da non doverne menzionare il cognome, eppure interamente inventato. Cline lo immagina nella giornata precedente l' udienza che lo porterà alla condanna.

 

Harvey trascorre nella villa in Connecticut di un amico le ultime ore di semilibertà - «semi» perché ha comunque un braccialetto alla caviglia, sopra i calzini rossi che acquista dallo stesso fornitore del Papa. Insieme a lui c' è Gabe, il cameriere rimasto a vegliare sulla casa, che lo accudisce con la cordialità inappuntabile e gelida di chi sa come andranno le cose.

 

 

emma cline 1

Arrivati a quel punto del processo, d' altronde, tutti lo sanno: gli avvocati che Harvey interpella al telefono con modi sferzanti che non potrebbe più permettersi, la giornalista che chiama nel cuore della notte e da cui viene liquidato, anche sua figlia Kristin, che passa a trovarlo più per astratto dovere filiale che per affetto e già non vede l' ora di tornarsene a New York. Chiunque sa come andrà, tranne Harvey stesso: «Era convinto, in tutta sincerità, che l' avrebbero prosciolto». Il senso di impunità che lo avvolge non è un semplice corollario del suo strapotere nell' industria cinematografica: è una qualità dell' aria, il dogma che dà forma alla sua vita.

 

Così, dentro quelle ore di solitudine e sospensione, ogni evento trascurabile diventa per Harvey una promessa di riscatto, il segnale inequivocabile e divino che la situazione si risolverà nel migliore dei modi.

 

harvey weinstein

 

Perché «Dio era il capo, ma Dio aveva una predilezione per certe persone», lui in testa. «-Buongiorno, - disse Harvey al di là della recinzione, un allegro saluto tra vicini di casa, e Don DeLillo fece ciao con la mano». Ebbene chi altri, se non Dio, potrebbe aver creato quella coincidenza? Fargli incontrare in quel giorno cruciale, nel giardino accanto, il più leggendario degli scrittori viventi, l' unica figura capace di competere, in quanto a fascino, con Harvey stesso?

 

Don DeLillo esce in pigiama nella foschia del mattino per raccogliere il giornale dal vialetto, Harvey lo spia e la fantasia gli s' infiamma: già si vede a definire con DeLillo gli accordi per la cessione dei diritti del libro più desiderato dall' industria e mai portato sullo schermo, «il libro che era impossibile trasporre in un film».

jessica mann harvey weinstein

 

 

Rumore bianco sarà il grande ritorno di Harvey agli Oscar! Riesce a immaginare il cast, le scenografie, le interviste di backstage , e la gloria, sì, la gloria! Perché se la gloria è stata su di te per trent' anni, non può che tornare su di te ancora e ancora.

 

«Essere incuriositi da una coscienza non si traduce nell' approvazione di quella coscienza», ha dichiarato Emma Cline in un' intervista. In effetti, pur prendendo parte alle visioni di Harvey, non parteggiamo mai per lui. Siamo incuriositi dai suoi pensieri e dalle azioni minime che compie, ma non morbosamente incuriositi.

 

jennifer aniston harvey weinstein 3

Strano è che in un racconto che ha come epicentro oscuro le molestie e gli stupri, quei pensieri non sfiorino mai i corpi femminili. Non c' è traccia alcuna di quei corpi nella memoria di Harvey, i trascorsi di cui viene accusato non esistono e la giuria, l' indomani, non potrà che attestarlo. Cline sceglie, magistralmente, di condensare trent' anni di sopraffazione del femminile in un' unica scena, apparentemente secondaria.

Durante un viaggio in India per visitare un set, Harvey viene portato al cospetto di un guru anziano, lo stesso che diede ai Beatles i loro mantra.

 

jeffrey weinstein 1

Seppur riluttante, finisce per cedere alla tentazione di conoscere quale sia il suo di mantra, la frase che racchiude il senso della sua esistenza, ma quando il guru glielo mormora a mezza voce Harvey sta tirando su sgraziatamente con il naso, dopo aver bevuto troppa Coca-Cola, e non riesce a sentirlo. Sull' aereo del ritorno, frustrato e risentito, Harvey si avvicina alla sua giovane assistente. Con poche frasi odiose, la costringe a dirgli il suo mantra, che non andrebbe svelato a nessuno, mai. Lo fa così tanto per, a sfregio, il gusto di prendersi qualcosa di intimo che non gli appartiene; lo fa perché semplicemente può farlo. «Alla fine, l' altra non poteva evitare di occupare la realtà di Harvey».

 

harvey weinstein con salma hayek nel 2003

Ma di corpi, in Harvey, esiste solo il suo. Invecchiato, malandato come dev' essere realmente, al netto della teatralità del deambulatore nell' aula di tribunale. Un corpo con il quale Harvey stesso dimostra di non avere mai avuto confidenza, se nella vasca da bagno si comporta ancora come da bambino e distoglie gli occhi mentre s' insapona il sesso. Cline non tradisce alcuna emozione verso quel corpo, non disgusto, non pietà. Spogliato del potere, lo trova soprattutto meschino, e un po' ridicolo.

 

harvey weinstein a un party con naomi campbell e david viglino

In generale, è difficile stabilire che cosa Cline provi nei confronti del suo personaggio. La si direbbe un' empatia priva di compassione, un interesse senza attrazione. Nei giorni in cui scoppiava lo scandalo Weinstein, Cline scrisse un articolo per «The Cut», un articolo in cui metteva in fila le molestie subite nel corso della sua breve carriera di scrittrice, oltre a un fatto più violento legato a un ex fidanzato.

 

Confessava di aver provato, ascoltando le accuse rivolte a Weinstein, più una paura immobile che una rabbia attiva, e scavava in quella immobilità per cercare lì la radice del potere maschile. «La paura è più facile della rabbia» diceva a un certo punto, quasi a sé stessa, come un' esortazione. Harvey è, evidentemente, il risultato stringato e incisivo dell' autoanalisi iniziata allora, anzi prima, perché già Le ragazze era a tutti gli effetti un romanzo sulla paralisi che afferra molte vittime di abusi. In Harvey Cline prosegue il percorso d' immedesimazione fredda in personaggi reali che incarnano il Male, iniziato con Charles Manson.

isabel dos santos con harvey weinstein e lindsay lohan

 

Ma qui le distanze vengono accorciate, e di parecchio, perché protagonista non è più una delle vittime, anzi le vittime non esistono più, rimane solo il carnefice nel suo labirinto. Superata la paura, Cline deve aver superato anche la rabbia, tanto da potersi sedere comodamente accanto all' aggressore per ventiquattro ore, senza un filo di disagio, e poterlo contemplare nudo nella vasca da bagno o intento a scaccolarsi davanti allo specchio. L' orco non fa più paura, è innocuo, sconfitto, patetico. I tempi sono cambiati e lui è rimasto l' unico a non saperlo.

 

renee zellweger e harvey weinstein 6

Perciò l' indomani Harvey verrà condannato senza capire perché. Dalla villa con servitù nel Connecticut si troverà all' improvviso in una cella, con indosso la divisa carceraria al posto del maglioncino morbido di Loro Piana e in testa un sospetto di ingiustizia subita. Ancora si rifiuterà di credere a quell' inversione repentina del destino, e ancora si chiederà se l' uomo che ha incontrato fosse davvero Don DeLillo.

 

Nella sua mente s' insinuerà lento un dubbio, il dubbio che gli sia «sfuggito qualcosa, qualcosa di evidente. Possibile che i suoi istinti lo allontanassero tanto dalla realtà? Forse... forse»; domande simili a quelle che funestarono le ultime ore di Ivan Il' ic - «E se davvero tutta la mia vita, la mia vita cosciente, non fosse stata "come doveva"?» -, sebbene nel mondo tramontato di Harvey non ci sia spazio per altrettanta profondità. No, Harvey non arriverà mai a conoscere il suo mantra, perché quando ne ha avuto l' occasione era impegnato a risucchiare un bolo di catarro all' interno del naso.

harvey weinstein 2harvey weinstein 1harvey weinstein 3harvey weinstein, gwyneth paltrow e hillary clinton 1donna rotunno e harvey weinstein 6harvey weinstein e gwyneth paltrow 2harvey weinstein e gwyneth paltrow 7madonna harvey weinstein ben affleck e gwyneth paltrowharvey weinstein e gwyneth paltrow 9harvey weinstein e gwyneth paltrow 8renee zellweger e harvey weinstein 4charlize theron e renee zellweger 6donna rotunno e harvey weinstein 10renee zellweger e harvey weinstein 10renee zellweger e harvey weinstein 1renee zellweger e harvey weinstein 5renee zellweger e harvey weinstein 2renee zellweger e harvey weinstein 3emma cline 2harvey weinstein 5

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")