A WASHINGTON NON AMANO LE SCENEGGIATE DA DUCETTA – LO SPOTTONE DI GIORGIA MELONI, CHE HA ACCOLTO CON IL TAPPETO ROSSO CHICO FORTI, CON TANTO DI FOTO E POST SUI SOCIAL, HA FATTO INCAZZARE GLI AMERICANI –  IL DIPARTIMENTO DI STATO USA AVEVA CHIESTO SOBRIETÀ. SCOPPIA UN CASO DIPLOMATICO CHE METTE A RISCHIO I DOSSIER FUTURI – L'ULTIMA PAROLA SPETTERÀ ALL'ITALIA SU PERMESSI PREMIO E SEMILIBERTÀ PER L'UOMO CONDANNATO ALL'ERGASTOLO PER OMICIDIO NEGLI STATI UNITI – LA SPARATA DI TAJANI A “OTTO E MEZZO”: “CREDO CHE MELONI SIA CONVINTA DELL'INNOCENZA DI CHICO FORTI” – VIDEO

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1- IRRITAZIONE USA PER LA FOTO DI MELONI CON CHICO FORTI: “SCONTI LA SUA PENA”

Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli e Tommaso Ciriaco per www.repubblica.it

 

GIORGIA MELONI - CHICO FORTI GIORGIA MELONI - CHICO FORTI

Chico Forti è stato trasferito in Italia «per scontare lì il resto della sua pena». È molto chiaro il commento che il Dipartimento di Stato rilascia a Repubblica, e quindi le aspettative del governo americano, dopo l’accoglienza a cui ha partecipato la premier Giorgia Meloni.

 

E dire che gli Usa erano stati chiarissimi, nel corso delle laboriose trattative per riportarlo a casa. La richiesta era stata: sobrietà. Meglio: serietà. Capiamo il valore simbolico del rientro - era il senso del messaggio - ma è necessario mantenere un basso profilo, per tenere assieme esigenze diverse, se non contrapposte, tra i due Paesi.

 

CHICO FORTI RIENTRA IN ITALIA CHICO FORTI RIENTRA IN ITALIA

Un conto è insomma concedere il ritorno in patria di un condannato per omicidio, altro farne la bandiera di un successo politico. Ecco perché la gestione di Palazzo Chigi del caso Forti ha provocato, si apprende ora da fonti italiane, un vero e proprio caso diplomatico.

 

Tre “incidenti” hanno contribuito ad accrescere il risentimento degli americani. Il primo: la scelta di far ricevere Forti dalla premier. Una decisione forte, controversa, inaspettata. E per nulla scontata, tanto da contenere un giallo nel giallo[…]

 

E qui si arriva al secondo errore: lo scatto che ha ritratto Meloni con Forti nella saletta di Pratica di Mare. Un’immagine che, si apprende dalle stesse fonti, le autorità statunitensi avrebbero preferito non vedere. Per non parlare di un’altra foto, terzo sgarbo diplomatico: quella che immortala il deputato meloniano eletto negli Usa, Andrea Di Giuseppe, sorridente e al fianco del detenuto nel carcere veronese. Una mossa, quella del parlamentare, che avrebbe provocato l’ira di Palazzo Chigi, che alcune ore prima aveva già ricevuto le prime lamentele dall’alleato.

giorgia meloni e joe biden nello studio ovale giorgia meloni e joe biden nello studio ovale

 

La gestione ha irritato gli americani. E, si apprende sempre da fonti italiane di massimo livello, avrebbe provocato una reazione. Attraverso i canali diplomatici che portano a Palazzo Chigi, sarebbe stato fatto presente che gli accordi erano diversi. Tradotto: è stato ignorato un impegno informale fondato sulla fiducia reciproca e questa condotta potrebbe comportare conseguenze in futuro, con una gestione più rigida di dossier simili.

 

ANDREA DI GIUSEPPE - CHICO FORTI ANDREA DI GIUSEPPE - CHICO FORTI

Repubblica ha chiesto un commento al Dipartimento di Stato, che ha evitato di entrare nel merito politico della vicenda, ma è stato netto sul piano giudiziario: «Il primo marzo 2024, lo Stato della Florida ha accolto la richiesta di Enrico Forti di trasferirsi in Italia, suo paese d’origine, per scontare lì il resto della sua pena, ai sensi delle disposizioni della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del Consiglio d’Europa, di cui sono parti sia gli Stati Uniti che l’Italia.

 

In conformità alla Convenzione, anche il Dipartimento alla Giustizia degli Usa ha approvato la richiesta di trasferimento del signor Forti. Successivamente, il Dipartimento alla Giustizia ha collaborato col Governo italiano e lo Stato della Florida per effettuare il trasferimento». La frase chiave è «scontare lì il resto della sua pena». […]

 

2 – PERMESSI PREMIO E SEMILIBERTÀ, L’ULTIMA PAROLA SPETTA ALL’ITALIA. “DECIDE IL GIUDICE DI SORVEGLIANZA”

Estratto dell’articolo di Liana Milella per www.repubblica.it

 

Chico Forti Chico Forti

Eccole le parole chiave: permessi premio, semilibertà, liberazione condizionale, 45 giorni di pena in meno per ogni semestre scontato. Fanno parte del bagaglio di stampo garantista che l’Italia ha “consegnato” agli Usa, già quando a sollecitare il trasferimento di Chico Forti fu l’ex Guardasigilli Marta Cartabia.

 

Sono le stesse che ora, nel primo atto giudiziario che lo riguarda – la sentenza della Corte d’Appello di Trento del 22 aprile di Ettore Di Fabio, Gabriele Protomastro e Giovanni De Donato – compaiono quando viene citata la convenzione di Strasburgo, testo chiave perché disciplina “il trasferimento delle persone condannate”, recepita nella legge del 1989.

 

chico forti intervista tg1 5 chico forti intervista tg1 5

[…] Da ergastolano che ha già scontato 25 anni, l’ex surfista, col sì del giudice di sorveglianza, potrà fruire delle nostre norme. Messe sotto il naso degli americani, più e più volte. E lo dice subito Nicola Russo, l’ex capo del Dag, il Dipartimento dell’amministrazione di giustizia con Cartabia, oggi di nuovo giudice della Corte d’Appello di Napoli.

 

«Già nel 2021 abbiamo rappresentato in maniera estremamente chiara quale sarebbe stato il regime penitenziario applicabile una volta riconosciuta la sentenza, che prevede dopo 25 anni la possibilità, dopo un altro anno, che il condannato acceda ai benefici, previo parere favorevole del giudice di sorveglianza che ne osserva il comportamento».

 

 

CHICO FORTI IN ITALIA - LA SCRITTA SUL PIRELLONE CHICO FORTI IN ITALIA - LA SCRITTA SUL PIRELLONE

[…]  Il costituzionalista di Roma Tre Marco Ruotolo ha certezze, ma pure un dubbio: «L’Italia si è impegnata a rispettare la pena, solo dopo 26 anni la liberazione condizionale e dopo 20 la semilibertà. Sarà possibile un’attività all’esterno tornando in cella la sera, e permessi premio. Scontato il parere attento del giudice di sorveglianza».

 

Ma Ruotolo ricorda quell’ergastolo «without parole», senza liberazione condizionale. Che in Italia è possibile. Ma pure la criticità: «Si sta creando un clima favorevole che mette in crisi la condanna di uno Stato democratico riconosciuta dai nostri giudici …». L’enfasi di Meloni all’arrivo? Ruotolo guarda lì.

 

[…] Se il costituzionalista riconosce i “diritti” di Forti, il giurista della Statale di Milano Gian Luigi Gatta si attesta sul «nessun automatismo», con un passo avanti: «Per la nostra giurisprudenza è pacifico che nel computo degli anni scontati si tenga conto di quelli all’estero. Nonché dei 45 giorni ogni sei mesi in caso di buona condotta. E a me paiono già sei anni. Il tribunale di sorveglianza chiederà agli Usa se la buona condotta c’è stata e le detrazioni possono essere applicate. In tal caso potrebbe accedere subito alla liberazione condizionale […]».

 

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Ed eccoci ai dubbi. Quelli di Giovanni Maria Pavarin, una vita da magistrato di sorveglianza. «Il futuro di Forti mi richiama alla mente il lungo contrasto giurisprudenziale che esiste sulla compatibilità della liberazione condizionale, con il sicuro ravvedimento del condannato, e la dichiarazione d’innocenza, posto che sarà ben difficile spiegare all’uomo della strada come sia possibile ravvedersi da qualcosa che si dichiara di non aver commesso, ancorché la Suprema corte l’abbia talvolta ritenuto possibile…». [...]

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