giuseppe conte enrico letta campo largo

CINQUESTELLE ADDIO, I CAPICORRENTE DEL PD SPINGONO PER UNA LEGGE ELETTORALE PROPORZIONALE – NEL “CAMPO LARGO” SOGNATO DA LETTA NON CI VUOLE STARE PIU’ NESSUNO E LE DISTANZE CON I GRILLINI SONO SEMPRE PIU’ PROFONDE: MEGLIO PRESENTARSI AL VOTO SEPARATI – L’OBIETTIVO NON DICHIARATO E’ ANCHE QUELLO DI DISARTICOLARE IL CENTRODESTRA, SPINGENDO SALVINI E BERLUSCONI A SGANCIARSI DA FRATELLI D'ITALIA – L’IPOTESI DI UNO SBARRAMENTO BASSO AL 2,5%-3% (NON AL 5) CHE CONSENTA A RENZI, CALENDA, BONINO, LEU E GLI ALTRI CESPUGLI DI ENTRARE IN PARLAMENTO…

GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

Carlo Bertini per “la Stampa”

 

Ufficialmente, sulla carta, è solo un seminario. Anche il titolo ha poco appeal: "Le ragioni del Proporzionale". Ma se nella sala Berlinguer del gruppo Pd, la rivista Left Wing della sinistra dem (tendenza Matteo Orfini) domani chiama a raccolta i massimi vertici dem, con la benedizione di Enrico Letta, c'è un motivo che va oltre l'evento in sé: dare il segnale che il Pd, in tutte le sue anime, prova a sfondare la roccaforte del centrodestra, per far emancipare Salvini dalla Meloni.

 

SALVINI BERLUSCONI MELONI

Facendogli capire che l'unico modo è smontare la legge attuale maggioritaria e sostituirla con un nuovo convoglio, in cui ognuno è libero di farsi la propria campagna elettorale e allearsi per formare un governo dopo il voto. La speranza è che anche Forza Italia possa navigare in acque libere. E che i partiti della maggioranza che sostiene Draghi (Pd, Leu, M5s, Fi e Lega) votino insieme la nuova legge elettorale.

 

giuseppe conte enrico letta

Ma non solo: le distanze sempre più evidenti tra Pd e M5s sulla guerra e l'orizzonte sempre più nebuloso di un "campo largo" dove non vuol star nessuno (Renzi, Calenda o Conte), fanno assumere a questo seminario un significato più ampio.

Così riassumibile: chiuse le urne delle comunali, bisogna stanare Salvini, perché se si resta legati a coalizioni forzate si rischia di andare a sbattere.

 

Ma se qualcuno potrebbe leggere questo evento anche come una garbata opera di accerchiamento di Letta ad opera delle correnti dem, per convincerlo a sposare obtorto collo un sistema che rimanda alla prima repubblica e poco gli garba, sarebbe fuori strada: perché a quella che definisce «una buona iniziativa», Letta manda (non potendo esserci pure lui perché impegnato a Padova) il coordinatore della segreteria Marco Meloni, con un preciso imprimatur.

 

SALVINI MELONI BERLUSCONI

Del resto il segretario aveva già detto che «l'attuale legge elettorale è la peggiore di sempre e se ci fossero le condizioni, noi ci sederemmo al tavolo con le altre forze politiche per migliorarla». E ora tutto il partito esce allo scoperto. Al secondo piano di Montecitorio saliranno tutti i big: i ministri Dario Franceschini, che guida l'Areadem cattolico-democratica, Lorenzo Guerini, a capo degli ex renziani di Base Riformista, Nicola Zingaretti, Andrea Orlando, leader della sinistra di Peppe Provenzano e Antonio Misiani.

 

E poi, la capogruppo Debora Serracchiani, i presidenti delle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, il grillino Giuseppe Brescia e il dem Dario Parrini, e il responsabile riforme del Pd, Andrea Giorgis. Insomma, un parterre coi fiocchi, per dire che dopo i ballottaggi del 26 giugno si aprirà una finestra per cambiare le regole del gioco. Va rovesciato il sistema elettorale maggioritario per un terzo dei seggi, per consentire a ognuno di correre da solo, magari con un premio a chi prende più voti, per avere maggioranze più stabili.

 

tommaso greco enrico letta giuseppe conte

C'è chi vorrebbe uno sbarramento basso al 2,5%-3% (non al 5) che consenta a Renzi, Calenda, Bonino, Leu e gli altri di entrare in Parlamento. E chi no. Ma serve tempo per portare avanti questo percorso e bisogna partire presto. Letta ha già detto che è disposto a discutere di proporzionale ma vorrebbe che fosse Salvini a fare la prima mossa, per non dare l'impressione di voler cambiare la legge elettorale per paura di perdere le elezioni. Quindi prima di avviare una manovra bipartisan aspetta che i partiti avranno fatto i loro conti dopo le comunali di giugno.

 

renzi calenda

I grillini ormai vogliono correre da soli, senza schiacciarsi sul Pd. Brescia è il loro portabandiera: il presidente della prima commissione ha depositato un testo battezzato il «brescellum», proporzionale con sbarramento alto al 5%. E aspetta che i partiti diano il via alle danze: nella riunione di un mese fa, gli unici a premere sono stati i Cinque stelle, Fi e Lega non hanno aperto bocca, Fratelli d'Italia ha glissato, contraria a cambiare la legge, il Pd ha obiettato che i tempi erano prematuri e così Italia Viva. Da domani i dem si attesteranno su una linea più interventista. «Noi proviamo a sbloccare lo stallo, non si possono aspettare gli ultimi mesi di legislatura», prende la palla al balzo Brescia.

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