ignazio visco

CONTROLLORI O REGISTI? – LA VICENDA DELLA POPOLARE DI SPOLETO COSTATA UN AVVISO DI GARANZIA A VISCO, DIMOSTRA CHE VIA NAZIONALE SI DIVERTE A PILOTARE I MATRIMONI TRA BANCHE – E NON SEMPRE SCEGLIE QUELLE PIÙ SANE NEI PANNI DEL SALVATORE

1.GUERRA TRA LE COOP ROSSE VISCO INDAGATO A SPOLETO

Giacomo Amadori per “Libero Quotidiano

 

salvatore rossi ignazio viscosalvatore rossi ignazio visco

Una guerra tra cooperative rosse rischia di macchiare gli impeccabili abiti su misura del governatore della Banca d' Italia, Ignazio Visco, iscritto nelle scorse settimane sul registro degli indagati della procura di Spoleto (Perugia). Una tenzone combattuta a colpi di scalate ed esposti in cui a perdere è stata tutta una comunità, ossia i 21 mila soci della cooperativa Spoleto credito e servizi (Scs), proprietaria del banca popolare cittadina, che si sono visti spogliati del loro piccolo tesoro, un istituto di credito sino al 2012 in gran salute, con un giro d' affari di 2,5 miliardi e una redditività del 10,6 per cento, quasi una chimera in quegli anni di profonda crisi finanziaria.


Un gioiellino finito, dopo l' intervento in tackle della magistratura, sotto l' egida di Palazzo Koch. Sul cui operato, si scopre ora, gli inquirenti spoletini sembrano nutrire non pochi dubbi.

ignazio viscoignazio visco


Lo scorso 28 luglio l' avvocato reatino Riziero Angeletti, a nome dell' associazione dei soci, l' Aspocredit presieduta da Carlo Ugolini, ha presentato un esposto denunciando una truffa che avrebbe profondamente depauperato il patrimonio dei soci.

 

L' 11 settembre ha verificato che risultavano indagate otto persone: gli ex commissari straordinari dell' istituto (in carica dal febbraio 2013 al maggio 2014) Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile, gli ex componenti del comitato di sorveglianza Silvano Corbella, Giovanni Domenichini, Giuliana Scognamiglio, oltre al presidente del cda Stefano Lado. Insieme con loro è stato iscritto pure Visco.

 

Mario Draghi Ignazio Visco a NapoliMario Draghi Ignazio Visco a Napoli

La notizia è stata riportata ieri dal Fatto quotidiano e il procuratore Alessandro Giuseppe Cannevale e il pm titolare dell' inchiesta, Gennaro Iannarone, si sono limitati a parlare di atto dovuto. Le accuse per tutti gli indagati sono quelle di truffa, corruzione, abuso d' ufficio e «infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità».


Un reato, quest' ultimo, previsto da un articolo del codice civile in base al quale i dirigenti che «compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati». Come in questo caso.

MATTARELLA CON LA MACCHIA FOTOGRAFICAMATTARELLA CON LA MACCHIA FOTOGRAFICA


Il casus belli è stato l' aumento di capitale da 140 milioni disposto il 16 giugno 2014 dai commissari in favore del Banco di Desio e della Brianza (l' attuale proprietaria della popolare). Nell' occasione venne totalmente ignorata la proposta della Nit holdings limited di Hong Kong, la stessa che aveva fatto un' offerta miliardaria per Mps; il rilancio dei cinesi presupponeva la messa a disposizione di 100 milioni di euro da dividere tra i soci.

 

Un'idea che aveva ingolosito non poco i 21 mila piccoli azionisti. «O si dimostrava che la proposta era falsa e andava scritto in un provvedimento o altrimenti avrebbe dovuto essere vagliata» sottolinea con Libero l' avvocato Angeletti. Ma così non è stato e per questo Ugolini da allora ha presentato diverse denunce. In verità i primi problemi della popolare risalgono al 2010, quando sulla tolda di comando dell' istituto c' era Giovannino Antonini, presidente sui generis e non proprio di sinistra di una banca controllata al 51 per cento da un coop rossa come la Scs.

GIOVANNINO ANTONINI GIOVANNINO ANTONINI


All' epoca il Monte dei Paschi di Siena e la coop Centro Italia tentano una scalata che fallisce. «La cooperativa aveva bisogno di un instituto di credito a causa delle nuove regole del mondo bancario per la gestione del risparmio» spiega Ugolini, «ma scalarci senza commissariamento era impossibile».


Nel 2012 Antonini viene indagato dalla procura di Spoleto insieme con altre 33 persone per reati gravissimi come l' associazione per delinquere finalizzata all' usura e alla bancarotta fraudolenta. Nello stesso periodo Bankitalia congela un aumento di capitale e Mps offre le suo quote alla Scs in cambio di 73 milioni di euro. La richiesta è molto meno esosa, 20 milioni circa, per il nuovo aspirante scalatore, la cordata Clitumnus, guidata dalla solita coop Centro Italia e dalla Fondazione della Cassa di risparmio di Perugia. Un' opa che lascia perplesso più d' uno visto che amministratore e socio di Clitumnus è Francesco Carbonetti, il consuocero del procuratore Gianfranco Riggio, quello che aveva messo sotto inchiesta Antonini.

 

giovanni antonini jpeggiovanni antonini jpeg

Quest' ultimo, nel frattempo, dopo aver lasciato gli incarichi nella banca, diventa presidente della Scs e la mossa non deve incontrare il gradimento di Bankitalia visto che l' 8 febbraio del 2013 decide di commissariare sia l' istituto che Scs. Ma i colpi di scena non sono finiti. A luglio Antonini viene arrestato su ordine della procura di Roma con l' accusa di aver cercato di corrompere con 50 mila euro un giudice del Tar del Lazio per pilotare l' esito del ricorso presentato dal vecchio cda della Scs contro la decisione di Palazzo Koch.

 

A fine 2014 Riggio va in pensione e la procura, dopo alcuni nuovi interrogatori, riscrive l' avviso di chiusura indagini per Antonini & c.: sei capi d' imputazione su dieci vengono cancellati, compresa l' associazione per delinquere e l' usura, e il numero degli indagati precipita da 34 a 14. «Per tentare di capire quello che è accaduto a Bps in questi ultimi cinque anni occorrerà paragonarlo con quanto successo in ambito Mps» chiosa Manlio Morcella, difensore di Antonini.

giovanni antonini jpeggiovanni antonini jpeg


Non basta. Il 9 e il 26 febbraio 2015 il Consiglio di Stato, senza aver intascato mazzette, annulla il decreto del Ministero dell' economia sul commissariamento «accogliendo il ricorso in appello presentato da alcuni esponenti aziendali» della popolare di Spoleto. Ma è come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati visto che l' istituto otto mesi prima aveva cambiato padrone.

 

Un passaggio di proprietà su cui adesso indaga la procura, mentre a dicembre il tribunale civile dovrà decidere se applicare la sentenza del Consiglio di Stato e quindi annullare le decisoni prese dai commissari, compresa la cessione della banca. Data la situazione Ugolini ci spera: «Infatti la nostra partecipazione è scesa dal 51,3% a meno del 10 e il Banco Desio ci ha comunicato che le nostre azioni oggi valgono zero perché per loro la nostra è una quota ad alto rischio. E pensare che quando è stata commissariata la banca valeva oltre 150 milioni».

 

2. MATTARELLA DIFENDE VIA NAZIONALE

Francesco De Dominicis per “Libero Quotidiano

 

E’ andato all' Università Tor Vergata di Roma alla consegna della laurea honoris causa all' ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Poi il ritorno a via Nazionale, nel suo studio al piano nobile di palazzo Koch. Una giornata inizialmente «normale» per il governatore della Banca d' Italia. L' inchiesta della magistratura sulla banca Popolare di Spoleto, che lo vede fra gli indagati, non sembrava in grado di stravolgere l' agenda di Ignazio Visco.

francesco carbonetti francesco carbonetti


A dare notizia del dossier della procura di Spoleto, ieri, un articolo del Fatto Quotidiano, anche se già sabato Elio Lannutti (Adusbef) aveva lanciato sul web le prime indiscrezioni. Confermate quasi con imbarazzo dagli stessi inquirenti che hanno parlato subito di «atto dovuto». Un disagio, visto il ruolo dell'indagato e i reati contestati (abuso d' ufficio, corruzione e truffa), avvalorato direttamente dal procuratore Alessandro Cannevale («non dico nulla») e dal titolare dell' inchiesta Gennaro Iannarone («non so di cosa state parlando»), entrambi avvicinati dai giornalisti.

 

Ufficialmente Bankitalia ha fatto sapere che «non è a conoscenza di iniziative dell' autorità giudiziaria» e che comunque «non può entrare nel merito della vicenda». Tuttavia, in serata Visco è stato ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per una visita non programmata. Nell' incontro (con ogni probabilità chiesto dal governatore), è stato chiarito l' operato di Bankitalia in relazione al crac dell' istituto umbro. Di fatto, il numero uno di palazzo Koch è andato a incassare la fiducia da chi per legge nomina proprio il governatore.

banca popolare di spoleto  brochurebanca popolare di spoleto brochure

 

Nessun commento, come di consueto, sul faccia a faccia. Ma il vertice ha un peso rilevante visto che l' inquilino del Colle è anche il presidente del Consiglio superiore della magistratura, cioè il capo delle toghe. Per Visco, dunque, un doppio scudo.


Nel summit, in una giornata che è divenuta via via più tesa, non sarebbero state ventilate le dimissioni del governatore, chieste nel pomeriggio dal Movimento 5 Stelle. Chi si è fatto notare è Francesco Boccia (Partito democratico). Il presidente della commissione Bilancio della Camera ha posto l' accento sul «nodo politico: se un' autorità indipendente si trasforma in advisor». Secondo Boccia «Bankitalia deve vigilare e non consigliare acquisti di questa o quell' altra banca».

 

Dopo un tortuoso dissesto finanziario e un lungo, discusso commissariamento, nel 2014 la PopSpoleto è stata acquistata dal Banco Desio (operazione denunciata da alcuni soci e al centro dell' indagine) con l' avallo di via Nazionale. Chiamata in causa pure per la Popolare di Vicenza «spesso sulla base di presupposti erronei, sbagliati, equivoci veri e propri» ha sottolineato Visco recentemente.

BANCO DESIO LAZIOBANCO DESIO LAZIO


Tutta la complessa vicenda, che ha coinvolto a più riprese i giudici amministrativi, è stata ricordata dalla stessa Bankitalia. Sette i momenti chiave, a cominciare dalla prima ispezione del 2012 durata sei mesi. Nell' arco dei successivi tre anni, il commissariamento è stato oggetto di ricorsi al Tar e poi al Consiglio di Stato, con la partita che attende ancora il fischio finale. Segno che troppi, in Italia, sperano di risolvere le questioni economiche non col mercato, ma con un pezzo di carta dove c' è scritto «In nome del popolo italiano».

GAVAZZI BANCO DESIOGAVAZZI BANCO DESIO


È la terza volta che un governatore di Bankitalia finisce sotto inchiesta. I due precedenti (assai diversi tra loro, sia per i fatti sia per il calibro protagonisti) portarono alle dimissioni Paolo Baffi (1979) e Antonio Fazio (2005). Quelle indagini, a distanza di anni, si risolsero con un buco nell' acqua.

 

 

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