sergio mattarella mario draghi giuseppe conte

CRONACA DI UNO SFASCIO – VERDERAMI RICOSTRUISCE I PASSAGGI DELLA CRISI DI GOVERNO: “IN DRAGHI IL “TENTATIVO GENUINO» DI PROVARE A RIMETTERE INSIEME I COCCI DELLA MAGGIORANZA SI SCONTRAVA CON LA PERCEZIONE CHE MANCASSE LA VOLONTÀ DEI PARTITI DI COLLABORARE. E CHE QUESTO FOSSE “L'EPILOGO NATURALE DELLE ELEZIONI DEL 2018”. DOPO IL DEFINITIVO COMMIATO DALL'INCARICO, IL PREMIER HA RICOSTRUITO LA SEQUENZA DEGLI EVENTI E SI È CONVINTO CHE NON SAREBBE SERVITO A NULLA “UN APPROCCIO PIÙ MELLIFLUO” NEL DISCORSO AL SENATO, “PERCHÉ TUTTO ERA STATO DECISO”. I GRILLINI “NON VOLEVANO RICUCIRE” E SALVINI, CHE SI VEDE A CENA CON L’AMBASCIATORE RUSSO E SENTIVA “LA PORTA SPALANCATA” DELLE URNE, AVEVA GIÀ STRETTO L'ACCORDO CON BERLUSCONI…”

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

draghi

«Le cose andavano bene e bisognava farle andare male». L'altro ieri, per commentare la fine del governo, Draghi si è ispirato alle leggi di Murphy e le ha adattate alla sua indole romana. Così, con una battuta, ha smontato la tesi in voga nel Palazzo: l'idea che la crisi sia stata frutto di un divorzio consensuale tra il premier e le forze della maggioranza, che avrebbero tacitamente convenuto di non poter più andare avanti perché l'agenda Draghi non coincideva con l'agenda elettorale dei partiti.

 

Il presidente del Consiglio - che la crisi l'ha vista da vicino - sostiene invece si sia trattato di un «divorzio unilaterale», deciso dal centrodestra dopo l'«ingenuità» dei Cinque Stelle.

sergio mattarella mario draghi

Salvini e Berlusconi (la cui ricostruzione degli eventi avrebbe suscitato «stupore» al Quirinale) hanno subito sfruttato l'occasione offerta da Conte. Altrimenti non avrebbero rotto, timorosi com' erano della reazione del loro elettorato.

 

È l'imperizia del Movimento, insomma, ad aver compromesso irrimediabilmente l'equilibrio.

E sempre da lì parte ogni qualvolta ripercorre la fine delle larghe intese. E rivede l'atteggiamento sempre più conflittuale del leader della Lega che nemmeno rispondeva alle telefonate, il gioco a specchio del Cavaliere, certe reazioni stizzite di una parte del mondo accademico geloso dei risultati del suo gabinetto.

mario draghi sergio mattarella

 

LA SCELTA DEL MOVIMENTO

Senza la «sciocchezza» del Movimento resta convinto che avrebbe proseguito, anche nelle difficoltà prodotte dai partiti che - avvicinandosi la scadenza elettorale - ogni giorno avanzavano nuove richieste. «Siete dei rompiscatole», diceva Draghi al termine delle telefonate: «Tanto lo so che domani vi inventerete un'altra cosa». Sarà stato forse un eccesso di razionalizzazione dei processi, ma era persuaso che la maggioranza gli avrebbe fatto completare il programma e gestire le rogne: dalla Finanziaria al rigassificatore di Piombino, contro cui hanno protestato tutti i partiti della coalizione, insieme al sindaco della città che è di Fratelli d'Italia.

sergio mattarella mario draghi

 

È dopo «l'errore di Conte» che ha cambiato idea. Perciò era salito al Quirinale per rassegnare il mandato: «Ma Mattarella - disse ai suoi collaboratori - mi ha chiesto di andare in Parlamento e io ci vado». Le cinque giornate di Draghi, vissute tra le dimissioni e il dibattito al Senato, sono state la testimonianza che non c'era più nulla da fare. «In quella fase - raccontano a Palazzo Chigi - era un susseguirsi continuo di telefonate con il capo dello Stato: cinque, sei, sette... A un certo punto abbiamo perso il conto».

 

mario draghi contro firma il decreto di scioglimento delle camere

In Draghi il «tentativo genuino» di provare a rimettere insieme i cocci della maggioranza si scontrava con la percezione che mancasse la volontà dei partiti di collaborare. E che questo fosse «l'epilogo naturale delle elezioni del 2018». Dopo il definitivo commiato dall'incarico, il premier ha ricostruito la sequenza degli eventi e si è convinto che non sarebbe servito a nulla «un approccio più mellifluo» nel discorso al Senato, «perché tutto era stato deciso». I grillini «non volevano ricucire» e Salvini - che vedeva «la porta spalancata» delle urne - aveva già stretto l'accordo con Berlusconi.

 

MARIO DRAGHI ESCE DAL SENATO

Ne ebbe la certezza la sera in cui ricevette a Palazzo Chigi la delegazione del centrodestra, che protestò perché in mattinata Draghi aveva incontrato il segretario del Pd. «Letta aveva chiesto di vedermi», rispose il premier: «Allora gli ho detto di venire qui. Sarà stato un errore ma...». «Mario», lo interruppe Tajani: «Nessuno di noi ha mai messo in dubbio la tua malafede». E dopo quel lapsus freudiano, iniziò una lunga sequenza di richieste per dar vita a un nuovo governo e andare al voto a marzo. «Fosse per me anche a febbraio», spiegò il capo del governo: «Ma questa decisione spetta a Mattarella, non posso stabilirla io».

MARIO DRAGHI ESCE DAL SENATO

 

Il profilo super-partes Tutti sapevano che Draghi non avrebbe mai accettato di guidare un Draghi-bis, né nella versione proposta dal centrodestra né nella versione poi auspicata dal centrosinistra. Il motivo è chiaro, e non è legato solo al fatto che questo nuovo esecutivo non sarebbe durato «nemmeno un giorno». Il punto è che l'ex capo della Bce, dicendo sì, avrebbe perso il suo profilo super-partes. E non intendeva consegnarsi al gioco dei partiti, nemmeno indirettamente.

 

SALVINI DRAGHI

Infatti quando alcuni esponenti politici nei giorni scorsi gli hanno chiesto di poter usare il suo nome per la loro lista, il premier li ha dispensati con una battuta, prima di chiedere di «lasciarmi fuori»: «Basta con la politica. Ho altre idee per me in futuro».

 

Eppure quando entrò al Senato per il suo ultimo intervento, avrebbe proseguito «se i partiti avessero preso coscienza degli errori». Certo, «aveva le tasche piene» dell'andazzo, «ma non ero stanco» come ha sostenuto il Cavaliere. E non voleva i «pieni poteri», anche se «quella frase sugli italiani che ho pronunciato in Aula potevamo migliorarla», ha detto poi ai collaboratori. Ma la richiesta di restare a Palazzo Chigi giunta dal Paese, l'aveva condivisa. Quanto le parole dei suoi familiari che - dopo aver inizialmente accolto con sollievo le sue dimissioni - gli avevano intimato: «Non puoi star fermo».

 

dimissioni di draghi by osho

Quel discorso a Palazzo Madama parve però a tutto l'emiciclo un'entrata a gamba tesa sulla politica, come se il premier cercasse di farsi «espellere». Nelle intenzioni di Draghi era invece l'unico modo per dire le cose come stavano: «Bisogna ricominciare a trivellare per estrarre il gas. E Piombino, i balneari, i tassisti...». E infine il passaggio su Putin, che non poteva esimersi dal fare e che sapeva avrebbe fatto imbestialire Salvini, intento ancora a coltivare stretti rapporti con l'ambasciatore russo, con cui si vede a cena.

dimissioni di draghi meme by grande flagello

 

I RAPPORTI RUVIDI

È finita com' è finita. Ma dopo le cinque giornate, Draghi ha potuto constatare com' erano cambiati nel tempo i rapporti in seno al Consiglio dei ministri, anche con le persone con cui nell'anno e mezzo di governo aveva avuto «rapporti ruvidi» e che però nell'ultima fase si erano mostrati «collaborativi».

 

Per esempio Franceschini. I loro duelli in seno al governo sono noti, ma il premier riconosce che il ministro della Cultura si è «adoperato per ricucire» ed evitare la crisi. Quando arrivò a Palazzo Chigi non si capacitava del fatto che i media venissero a sapere quasi in tempo reale di quanto accadeva durante le riunioni. Tanto che un giorno avvisò i ministri: «Non costringetemi a farvi lasciare i cellulari fuori dal salone».

luigi di maio mario draghi meme

 

Ora che sta per congedarsi farà «il possibile» per garantire la transizione con il prossimo esecutivo sui temi in agenda: dal Pnrr alla contabilità di Stato. E non vede scossoni a livello internazionale per l'Italia. È vero, dai partner occidentali sono arrivati molti appelli pubblici e molte telefonate private perché non mollasse. Ha gestito tutto direttamente, con il suo cellulare, senza mai passare attraverso i canali diplomatici. E quando gli hanno chiesto se anche Biden l'avesse chiamato, ha tergiversato un attimo prima di rispondere «no».

SERGIO MATTARELLA MARIO DRAGHI MEME

 

Le cinque giornate sono state molto dure. In quella fase è parso taciturno e guardingo anche con le persone dello staff: «D'altronde - sussurrano a Palazzo Chigi - era la prima volta nella sua lunga esperienza che si trovava con tante persone intorno. Nemmeno alla Bce».

 

Così si viene a sapere che a Francoforte circolava una definizione sul suo conto: «Draghi è ovunque ma non è qui». Il premier non ne era (ovviamente) al corrente, ma l'ha trovata simile a quella che fece un suo amico negli anni della giovinezza: «Mario è altrove, impegnato».

applausi per draghi dopo le dimissioni

 

Le idee per il futuro Adesso sono tornate le battute e si concede a discutere di politica leggendo i sondaggi, che prevedono un risultato elettorale chiaro e che però fanno anche trasparire un desiderio di centro nella pubblica opinione. Perciò si informa sulle dinamiche dei partiti e sui processi di aggregazione che dovrebbero verificarsi in vista del voto. È un modo per prepararsi al distacco, in attesa delle «idee che ho per il mio futuro». E che non prevedono alcun tipo di coinvolgimento nella sfida delle urne.

 

luigi di maio mario draghi

Semmai è rammaricato per non aver completato la missione, perché - per esempio - sulla politica energetica, dopo essersi speso per garantire un progressivo distacco dalla dipendenza russa, teme che a novembre non parta il rigassificatore di Piombino. Un vero chiodo fisso. Al pari della Roma. L'acquisto di Dybala l'ha galvanizzato, il fantasista argentino gli piace tanto. E il fatto che abbia segnato il primo gol della squadra in allenamento è per lui una sorta di premonizione. Ma è Mourinho l'uomo che «ha cambiato tutto». Dopo la vittoria della Conference league, Draghi sostenne che il tecnico portoghese avesse «trasformato un gruppo di abili giocolieri in una squadra». Non c'era alcun riferimento alle vicende politiche.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...