Anna Giorgi per www.ilgiorno.it
Le «vacanze fatte a spese altrui» rappresentano il prezzo della corruzione pagata all’ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Lo spiegano nelle motivazioni della sentenza i giudici della Quarta Corte d’Appello di Milano che il 19 settembre scorso hanno inflitto all’ex governatore lombardo la «pena massima» prevista per il reato di corruzione: 7 anni e 6 mesi di carcere, contro i 6 anni del primo grado di giudizio.
Secondo quanto ricostruito dalle indagini condotte dall’allora pm di Milano, Laura Pedio, che ora è diventata procuratore aggiunto, l’ex governatore lombardo sarebbe stato corrotto con l’offerta, accettata, di vacanze di lusso ai Caraibi e in altre località esotiche, di una villa in Sardegna e di tre yacht messi a sua completa disposizione.
Ma non solo, Formigoni avrebbe usufruito di altri regali come: cene in ristoranti stellati, ma anche finanziamenti per le sue campagne elettorali e altri «utilità», a richiesta, per un valore accertato di 6,6 milioni di euro (a tanto ammonta la somma di denaro confiscata dal Tribunale all’ex governatore).
In cambio di questi “favori”, la giunta regionale lombarda da lui presieduta avrebbe favorito tra il 2001 e il 2011 la Fondazione Maugeri e l’ospedale San Raffaele con 200 milioni di rimborsi per le cosiddette «funzioni non tariffabili».
Soldi in parte distratti dall’ex faccendiere Pierangelo Daccò e dall’ex assessore lombardo alla Sanità Antonio Simone che nel giro del decennio avrebbero sottratto 70 milioni di euro dalle casse della Maugeri e 9 milioni da quelle del San Raffaele utilizzando i 6,6 milioni per corrompere l’ex governatore. Accuse che Formigoni ha respinto giustificando vacanze e benefit come «favori tra amici». Ma i giudici di Milano non gli hanno mai creduto. E lo mettono in chiaro in un passaggio delle 428 pagine di motivazioni.
«Le vacanze a spese altrui, in presenza di tutti gli atti costitutivi del reato di corruzione – sottolineano – sono certamente idonee a essere sussunte nella nozione di utilità». E ancora, la Corte d’Appello non ha dubbi: «Nessun rapporto amicale (fra l’altro esteso anche a parenti, collaboratori e conoscenti) è in grado di spiegare più di 640mila euro spesi per cinque Capodanni, oltre a 37mila franchi e altri 85mila dollari».
Formigoni era incensurato, ma i giudici non gli hanno concesso le attenuanti generiche soprattutto per il suo comportamento poco collaborativo nei confronti della giustizia. «A giugno e ad agosto l’imputato – scrivono i giudici – l’allora presidente della giunta regionale lombarda preferì trascorrere le vacanze a bordo di yacht messi a sua disposizione dall’ex consigliere Gianluca Guarischi invece di presentarsi alle convocazioni, disposte in quello stesso lampo temporale, davanti alla procura della repubblica di Milano, a cui, tramite i suoi legali, faceva sapere di non volersi presentare, né per rispondere ai chiarimenti richiesti dai giudici né per sostenere successivi interrogatori».
«È una sentenza senza fondamento e senza verità»: così ha commentato le motivazioni Roberto Formigoni. «Parole parole parole – ha detto – tante parole della Corte, ma neanche una prova, neanche un fatto per cercare di motivare la mia condanna. Perché le prove non ci sono, gli atti corruttivi non ci sono, e la mazzetta non c’è».