grillo conte

GRILLO E CONTE ALLA FINE SI SONO PARLATI: BEPPE-MAO NON HA INCONTRATO DI PERSONA “GIUSEPPI”, MA HANNO AVUTO SOLO UN COLLOQUIO TELEFONICO IN MATTINATA - COME MAI “L’ELEVATO” NON SI VUOLE “ELEVARE” DI TORNO? E COME ANDRÀ A FINIRE? L’AVVOCATO DI PADRE PIO (NIENTE) FINIRÀ PER TRANGUGIARE L’AMARO CALICE ACCETTANDO IL POTERE DI GRILLO (COME GIÀ HA FATTO CON TAV, TAP, ILVA, DRAGHI, ETC…)

MOVIMENTO 5 PIPPE: COME FINIRÀ LA SFIDA TRA CONTE E GRILLO?

BEPPE GRILLO E GIUSEPPE #CONTE

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/movimento-pippe-come-finira-sfida-conte-grillo-274429.htm

 

M5S: TELEFONATA GRILLO-CONTE

(ANSA) - ROMA, 24 GIU - Un colloquio telefonico: è quello che c'è stato in mattinata tra il leader in pectore del M5s, Giuseppe Conte e il garante e fondatore del Movimento, Beppe Grillo. Ieri Conte aveva dichiarato che in caso di presenza di Grillo a Roma lo avrebbe incontrato ma, al momento, l'unica conferma che arriva da ambienti 5s su una loro interlocuzione riguarda solo il contatto telefonico.

 

GLI STRAPPI DEL FONDATORE CHE NON PUÒ ACCETTARE UN MOVIMENTO «PERSONALE»

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

 

GIUSEPPE CONTE INCONTRA BEPPE GRILLO

La giusta distanza stava diventando un esilio. Beppe Grillo aveva detto alle persone a lui più vicine che per l’ennesima volta era giunto il momento di osservare le vicende del suo Movimento più da lontano. Come un vero padre nobile, e non come un «Elevato» che a norma di Statuto conserva il potere intangibile di decidere cosa è bene e cosa è male per la sua creatura.

 

Alla fine di febbraio, dopo l’incontro a Marina di Bibbona con Giuseppe Conte, era tornato nella sua casa di Genova ben contento di rivendicare la propria stanchezza e la liberazione dalle incombenze quotidiane della politica.

 

A sigillarlo tra le mura domestiche c’era stato poi il disastroso video con il quale difendeva il figlio Ciro dalle accuse di stupro, che oltre a rivelarsi un boomerang per le vicende giudiziarie dell’erede, aveva anche ridotto di molto la sua agibilità politica, trasformandolo per qualche tempo in una sorta di impresentabile. Sembrava scomparso, il cofondatore del M5S.

 

beppe grillo giuseppe conte luigi di maio

Ogni tanto affiorava, ma solo a livello di retroscena, il suo malcontento per la gestione della lite di condominio sulla piattaforma Rousseau. Lui avrebbe voluto una soluzione più conveniente e dignitosa per Davide Casaleggio, che al netto delle incomprensioni personali rimane pur sempre il figlio di Gianroberto, l’altra metà della storia.

 

Negli ultimi quindici giorni è cambiato tutto. Prima, a sorpresa, un no secco alla deroga al secondo mandato, che ha destato molte perplessità nell’ex presidente del Consiglio, il quale con i suoi tortuosi giri di parole aveva appena detto che qualche deroga ad personam sarebbe comunque stata possibile.

 

BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

Neppure il tempo di catalogare l’uscita alla voce «borbottio dell’anziano leader», che Grillo annunciava la visita all’ambasciatore cinese, mettendo in difficoltà l’ala governista che sostiene Conte e al tempo stesso partecipa all’esecutivo del suo nemico Mario Draghi, in quei giorni alle prese con un G7 all’insegna di un ritrovato atlantismo.

 

A quel punto è apparso chiaro che la rifondazione del M5S non sarebbe stata una passeggiata. E le beghe sulle liste degli iscritti erano Disneyland in confronto allo scontro che si stava profilando all’orizzonte. Perché il bersaglio del ritrovato attivismo di Grillo è proprio Conte. La battaglia sul nuovo Statuto sarà cruenta, sono in ballo principi fondamentali, ma è solo l’inizio. Nel suo continuo andare e venire dalla politica pesano stati d’animo molto personali.

 

grillo conte casaleggio

A volte è inutile cercare un filo di razionalità laddove semplicemente ci sono gli umori di un leader che si considera unità di misura del Movimento che lui ha creato. Quel che va bene a lui, va bene al M5S. E il passare del tempo non ha mai scalfito questa sua intima convinzione, così forte da farlo tornare più volte sui propri passi, dopo aver annunciato «il passo di lato», «il ritorno sulle scene», «la vita da Cincinnato».

 

Grillo «sente» il Movimento come se fosse la sua linea d’ombra, come la vita mentre gli sembra di perderla. Più si isola, nell’ultimo caso da tutto, dal dibattito pubblico, dal palcoscenico, sempre di più rinchiuso in casa, più ritorna con rinnovata irruenza.

 

BEPPE GRILLO LI JUNHUA

L’ex comico ha la destabilizzazione nel proprio codice genetico. Uno vale uno, ma solo per l’Elevato. Il problema è che adesso sono in due, ed entrambi hanno scoperto la vocazione autoritaria dell’altro. L’investitura di Conte non è stata certo una decisione collegiale. Ha deciso Grillo da solo. Ma l’ex presidente del Consiglio non sembra aver capito cosa significasse quella mano calata dall’alto. Non esistono i pieni poteri, se non per una sola persona. Figurarsi quando l’Elevato ha cominciato a capire che i fini divergevano, e non di poco.

 

beppe grillo contestato (3)

L’ex comico identifica la salvaguardia del Movimento nel mantenimento di una linea antisistema, di natura ribellistica. Se il filone giustizialista si è rinsecchito causa l’alleanza del M5S con pressoché l’intero arco parlamentare, non restano che le Cinque stelle, acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo.

 

Ma Grillo si è convinto che Conte sia più interessato a un semplice M5S governista che alla maieutica ecologista. E non può accettare un Movimento personale come era stato bi-personale quello suo e di Casaleggio padre, se svuotato di ogni antagonismo e trasformato in un piedistallo dove appoggiare quella popolarità che i sondaggi ancora consegnano all’ex premier. Alla fine, sullo Statuto si troverà un accordo, perché entrambi i contendenti, che a diverso titolo si sentono in debito con la sorte, avrebbero troppo da perdere da una rottura definitiva. Ma da due debolezze non nasce mai alcuna forza. E neppure un nuovo Movimento con basi solide.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…