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“ITALYGATE" DA RIDERE - TRUMP VOLEVA UN'INDAGINE SULLA TEORIA (FALSA) DEI VOTI TRUCCATI VIA SATELLITE DA OBAMA E RENZI PER ROVESCIARE LE ELEZIONI USA - LA NOTTE DELLE ELEZIONI L’AMBASCIATA USA IN ITALIA AVREBBE GUIDATO UN SABOTAGGIO COI SATELLITI MILITARI DI LEONARDO IN MODO DA CAMBIARE IL CONTEGGIO DELLE SCHEDE IN ALCUNI STATI AMERICANI, IN FAVORE DI BIDEN. L’OPERAZIONE SAREBBE STATA ARCHITETTATA DA OBAMA, CON LA COLLABORAZIONE DI RENZI, PIÙ UNA SPRUZZATA (NON MANCA MAI) DI AGENTI DELLA CIA. PECCATO CHE...

Giuseppe Sarcina per corriere.it

 

donald trump

C’era anche un po’ di Italia nell’assalto trumpiano per rovesciare il risultato delle presidenziali. Nel dicembre del 2020, scrive il New York Times, Mark Meadows, allora capo dello Staff di Donald Trump, fece pressioni sul ministro della Giustizia a interim, Jeffrey Rosen, perché aprisse un’inchiesta su iniziative condotte dall’estero per truccare il voto, favorendo la vittoria di Joe Biden.

 

Una di queste teorie chiama in causa l’Ambasciata americana a Roma e il gruppo Leonardo, attivo nell’industria della difesa. Tutto palesemente falso, dall’inizio alla fine. Ma la vicenda è stata diffusa con tre video postati su Facebook, appoggiandosi ad account del circuito trumpiano, come «Conversation Controversy» e «Trump Train News Media».

matteo renzi barack obama

 

Oggi l’unica traccia è un audio di 52 minuti in cui Maria Strollo Zack, fondatrice di «Nations in Action», spiega la trama dell’«ItalyGate», tessendo con talento fantasioso una serie di strafalcioni e di stupidaggini. In breve: nella notte del 3 novembre, mentre negli Stati Uniti era in corso lo spoglio delle schede, entra in azione una squadra di sabotatori, riunita al secondo piano dell’Ambasciata Usa, in via Vittorio Veneto a Roma.

 

Il team è guidato da Stefano Serafini, funzionario di lungo corso del «Servizio estero», e dal generale Claudio Graziano, che secondo Maria Strollo Zack, «faceva parte del consiglio di amministrazione di Leonardo». I due avrebbero usato «i satelliti militari di Leonardo» per scaricare il software da trasferire nei server di alcuni Stati americani, in modo da cambiare il conteggio delle schede, in favore di Biden. L’operazione sarebbe stata architettata da Barack Obama, con la collaborazione dell’ex primo ministro Matteo Renzi, più una spruzzata (non manca mai) di agenti della Cia.

biden trump

 

Ma, nell’ordine: Graziano non ha mai fatto parte del board di Leonardo; il gruppo guidato da Alessandro Profumo non dispone di alcun «satellite militare»; negli Stati al centro delle contestazioni i voti sono stati ricontati a mano, confermando ovunque la vittoria di Biden. E Renzi non solo non faceva parte del governo, ma in quei giorni era in forte polemica con il primo ministro Giuseppe Conte.

 

OBAMA E RENZI

Una storia ridicola, quindi. Se non fosse che le tre clip sull’«ItalyGate», spuntate in rete fin dal gennaio scorso, sono state visualizzate da 100 mila utenti su Facebook e da 400 mila su Youtube, prima di essere parzialmente rimosse. Sui social rimbalzano altre teorie sballate: una, fabbricata dall’ex agente dalla Cia Bradley Johnson, porta fino ad alcuni fantomatici computer nascosti a Francoforte, in Germania.

 

Tutti segnali della preoccupante deriva trumpiana, che continua a intossicare il clima politico americano. Uno degli esempi più chiari è proprio la parabola di Mark Meadows, 61 anni. Trumpiano fin dal 2016, è stato uno dei leader del «Freedom Caucus», corrente iperconservatrice dei deputati repubblicani. Un fautore della linea dura contro Obama e i democratici, ma sempre restando nei confini della correttezza istituzionale. Poi eccolo nel dicembre 2020. Spregiudicato, senza freni. In una parola: pericoloso. Il New York Times racconta delle sue pressioni su Rosen, provvisorio ministro della Giustizia, che però tiene il punto: non si possono aprire inchieste sulle farneticazioni o sulle allucinazioni di Maria Strollo Zack.

donald trump hollywood boulevard

 

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Ma attenzione. La controffensiva di Trump e dei suoi fedelissimi continuerà nelle prossime settimane. «The Donald» ha già indicato un’altra scadenza immaginaria: «ad agosto tornerò presidente». La leadership del partito repubblicano si rifiuta di scaricarlo. La leggenda delle «elezioni rubate» resta il richiamo emotivo di maggior presa per la base dei conservatori. Trump, silenziato da Facebook fino al 2023, partirà da lì, in un comizio in Florida, annunciato come «epico».

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