QUIRINAL TANGO - SCAZZI, BLUFF E DESIDERI PROIBITI DIETRO IL COLLE

Claudio Cerasa per http://www.rivistastudio.com/editoriali/politica-societa/poker-quirinale/

Nella spericolatissima partita a poker che Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi stanno giocando in vista del prossimo 18 aprile, quando verranno convocati i 1007 delegati che eleggeranno il prossimo presidente della Repubblica, fino a oggi i leader dei principali partiti italiani si sono prevalentemente confrontati a colpi di bluff e contro bluff e hanno nascosto le loro vere intenzioni dietro una pioggia di mosse il più delle volte indecifrabili. Bersani dice che vuole le larghe intese, ma solo per il Colle.

Berlusconi dice che vuole le larghe intese, ma che non basta solo il Colle. Grillo dice che non vuole andare a votare, ma allo stesso tempo non vuole far partire nessun governo che non sia a 5 stelle. Mario Monti, tra un passo indietro e un altro, vuole larghe intese sia al Colle sia al governo ma ha difficoltà a trattare con Bersani e Berlusconi perché il suo inconfessabile obiettivo è rottamare entrambi i leader con un bel governo del presidente.

Renzi vuole Prodi, Bersani vuole una donna, Berlusconi si accontenta anche di Bersani, Ichino vuole Bonino, Monti vuole Monti, D'Alema vuole D'Alema, Amato vuole Amato e praticamente ognuno dei 1000 e passa grandi elettori ha in testa un capo dello stato diverso. Ma nella confusione bestiale che come spesso capita regna sovrana prima del rinnovo del Quirinale alcune certezze ci sono.

E sono certezze legate alle quattro opzioni con cui per forza di cose si ritroveranno a fare i conti tanto Bersani quanto Grillo quanto Berlusconi. Quattro opzioni e quattro modelli (dato per assodato che Giorgio Napolitano non intende dare la sua disponibilità per una rielezione). E in un modo o in un altro nascerà da qui il prossimo presidente della Repubblica.

MODELLO PRODI
A rigor di logica, il nome di Romano Prodi, fondatore dell'Ulivo, unico esponente del centrosinistra ad aver battuto negli ultimi vent'anni Berlusconi (sempre che si voglia considerare quella di Bersani una vittoria), dovrebbe essere il candidato naturale del centrosinistra alla successione di Giorgio Napolitano (e il Professore ci spera eccome di esserlo, chiedere per credere a tutti quei deputati del Pd che in questi giorni si sono azzardati ad esprimere perplessità sul nome di "Romano" quante telefonate hanno ricevuto dallo stesso "Romano").

Ma attorno a Prodi si sta giocando una battaglia politica complicata legata a una promessa fatta da Bersani al termine dell'incontro della scorsa settimana con Berlusconi: per il Quirinale vogliamo larghe intese, vogliamo un profilo non di parte ma condiviso con il maggior numero di forze parlamentari e vogliamo insomma qualcuno che possa essere non sgradito anche al centrodestra (che in cambio di un nome non sgradito al Quirinale potrebbe far partire un governo a guida Pd).

Dunque, secondo questa descrizione, il nome di Prodi non potrebbe in nessun modo rientrare tra quello dei quirinabili (il centrodestra non lo voterebbe neanche sotto tortura) ed in fondo anche Mario Monti tre settimane fa ha ricordato a Bersani che per avere dalla sua i 60 e passa parlamentari di Scelta Civica sarebbe stato fondamentale non metterebbe in campo un candidato "di parte" come Prodi.

Eppure nel Pd a puntare esplicitamente su Prodi sono in molti, e si possono distinguere in due filoni: i renziani e i grillini del Pd. I primi sognano Prodi per evitare che Bersani possa fare inciuci non trasparenti con il centrodestra sul Quirinale, per scongiurare il rischio di avere una figura "di basso profilo" al Colle e per poter poi andare anche presto alle elezioni (con il Prof a Palazzo Chigi il centrodestra non darebbe mai il suo ok al "governo del cambiamento").

I secondi invece (guidati da Nichi Vendola e Pippo Civati) considerano fondamentale puntare su Prodi per cercare di agganciare una volta per tutte i grillini (che alle quirinarie come è noto hanno mostrato un gradimento per il nome del Prof) e per provare ad aprire un percorso con il 5 stelle in vista del prossimo governo (ragionamento: con Prodi al Quirinale verrebbe data l'autorizzazione a Bersani di andare alle Camere e lì probabilmente qualche grillino ribelle al Senato verrebbe pescato). Risultato: se Bersani alla fine punterà su Prodi dimostrerà di aver scherzato in questi giorni sul tema larghe intese; se non punterà su Prodi e sceglierà un candidato meno di parte significherà che un accordo con il Caimano lo vuole, eccome se lo vuole.

MODELLO FINOCCHIARO
Il nome dell'ex capogruppo al Senato rappresenta un modello plausibile per il Quirinale per almeno due ragioni. Primo, è donna, e non c'è esponente di centrodestra e centrosinistra che in questi giorni non abbia a suo modo formulato un appello per un presidente donna.

Secondo, è un nome che per mille ragioni non sarebbe sgradito al centrodestra (quando era in lizza per la presidenza di Palazzo Madama la Lega di Maroni disse esplicitamente che una come Anna Finocchiaro l'avrebbe votata a occhi chiusi).

Qualora però il nome Finocchiaro dovesse essere presentato si aprirebbe una partita complicata per il segretario. Il Pdl infatti negli ultimi giorni - sia formalmente sia informalmente - ha fatto sapere al Pd di essere disposto a votare persino un ex diessino al Quirinale ma a condizione poi di veder nascere un governo di larghe intese vero, con ministri del Pd e del Pdl.

Su questa soluzione stanno ragionando i vari colonnelli ribelli del Pd (da D'Alema a Violante passando per Veltroni, Amato e Franceschini) e in un certo modo il modello Finocchiaro (che ovviamente non prevederebbe a Palazzo Chigi un altro ex diessino) prenderebbe quota solo in un contesto in cui Bersani (ex diessino) scegliesse di fare un passo indietro, rinunciando all'opzione elezioni subito e contribuendo alla creazione di quello stesso governissimo che il Pd ha sempre negato di volere.

Risultato: se il Pd punterà su Finocchiaro (o su un ex diessino) significherà che Bersani è stato costretto alla resa; se Bersani al Quirinale non punterà su un ex diessino significherà che Bersani avrà ancora chance di giocarsi le sue carte per Palazzo Chigi.

MODELLO MARINI-AMATO
Il nome di Franco Marini è un nome che gira molto in queste ore in quanto l'ex presidente del Senato rientra nella categoria di quei politici non eccessivamente schierati e di parte con i quali il centrodestra si sentirebbe garantito in nome della "vecchia saggezza democristiana".

Gli sponsor di Marini nel Pd sono gli ex Ppi alla Franceschini e alla Fioroni (poco meno di 80 parlamentari tra Camera e Senato, anche se poi in giro si trovano mariniani insospettabili come Stefano Fassina) e nel Pd tutti riconoscono che con un nome come quello dell'ex capo della Cisl (molto apprezzato nel centrodestra dai tempi della Legge Mammì, tempi in cui Marini si schierò in difesa del Cavaliere) un governo a guida Bersani sarebbe possibile.

I sostenitori dell'ipotesi sono però pochi nel Pd (e Renzi con i suoi 51 parlamentari è in qualche modo il capo degli anti Marini) e anche Bersani sospetta che con un profilo del genere il Pd verrebbe accusato di aver fatto "scelte al ribasso per non scontentare il centrodestra", ma allo stesso tempo sa che un nome alla Marini consentirebbe al Pd di avere contemporaneamente un suo uomo al Quirinale e di avere anche chance di far partire un governo a guida Pd.

E lo stesso identico ragionamento vale per Giuliano Amato, che al contrario di Marini avrebbe però dalla sua un curriculum internazionale all'altezza di un presidente della Repubblica. Problema: ma Bersani - puntando su Amato o Marini - può correre il rischio di regalare un assist ai grillini proponendo larghe intese solo al centrodestra?

MODELLO GRASSO
Nel Pd, al netto dei bluff e dei contro bluff, tutti ripetono con insistenza che Bersani ha un nome in testa che conosce solo lui e sul quale intende puntare per tentare la stessa operazione sperimentata con l'elezione dei presidenti di Camera e Senato: un nome alla Pietro Grasso, non eccessivamente legato alla "casta", non eccessivamente legato alla politica, non eccessivamente legato a questo o a quel partito e in grado insomma di andare a fare presa sia sul fronte del centrodestra sia sul fronte dei grillini.

In linea di massima i nomi che potrebbero sparigliare sia da un lato sia dall'altro sono quelli di Grasso e Bonino (anche se nel Pd negli ultimi giorni si è fatto con insistenza il nome di Fernanda Contri, primo membro donna del Csm, non amata però dal centrodestra). Ma anche qui al netto dei nomi è il metodo che conta, e così è possibile che anche per evitare di portare avanti in modo traumatico lo scontro interno al Pd tra renziani e bersaniani il segretario punti su una scelta del genere.

Un nome a sorpresa, che probabilmente non offrirebbe alcuna garanzia al Pd di avere dalla sua i voti del centrodestra per far partire un governo ma che aiuterebbe Bersani a esorcizzare il rischio di aver fatto "scelte al ribasso" solo per cercare disperatamente un accordo con il Pdl per far partire un governo.

Questo il quadro, dunque. E al di là del totonomi, sarà difficile che il segretario possa prescindere da queste opzioni per scegliere il successore di Napolitano e indicare una volta per tutte la rotta utile per formare un governo ed evitare davvero nuove elezioni.

 

 

PIERLUIGI BERSANI SILVIO BERLUSCONI Mario Monti ROMANO PRODI MASSIMO D ALEMA IN SILENZIO FOTO ANDREA ARRIGA giorgio napolitano NICHI VENDOLA pippo-civatiANNA FINOCCHIARO

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?