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“CHE CAZZO CI FATE QUA?” – IL RACCONTO SHOCK DEL CONDUTTORE TV FABRIZIO NONIS, CHE ALLA FINE DEL MATCH TRA VERONA E INTER È STATO PICCHIATO INSIEME AL FIGLIO DA UN GRUPPO DI ULTRAS VERONESI – “ERAVAMO A MENO DI 300 METRI DALL'AUTO, QUANDO HO VISTO CHE UN GRUPPETTO DI SEI, SETTE PERSONE HA COMINCIATO A SEGUIRCI. POI...” – I DUE SONO STATI RICOVERATI IN OSPEDALE, DOVE NONIS È STATO CURATO PER LA PERFORAZIONE DI UN TIMPANO

DA www.corrieredellosport.it

 

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Fatti incresciosi sono accaduti venerdì sera al Bentegodi alla fine del match tra Verona e Inter. Fabrizio Nonis, noto volto della tv, è stato aggredito insieme al figlio all'uscita dello stadio e ha riportato la perforazione del timpano. 

 

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Attimi di terrore che il giornalista ha raccontato al Corriere Veneto: "Siamo usciti dallo stadio contenti e felici per aver visto una bella partita. Era da due anni che non andavamo allo stadio. Io tifo Inter e seguo con molta simpatia l'Udinese, grazie alla mia attività professionale ho avuto modo di conoscere e frequentare molti giocatori come Andrea Ranocchia e Kevin Lasagna. Li avevo sentiti in settimana ed eravamo riusciti a recuperare due biglietti sotto la tribuna stampa per la prima partita da vedere assieme.”

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“Stavamo ricordando l'ultima trasferta al Bentegodi, 11 anni fa, quando la squadra della nostra città, Portogruaro, era in Serie B. E di quella trasferta non avevamo un bel ricordo della tifoseria gialloblù. Abbiamo visto che c'era all'angolo un bar dove ci saranno state centinaia di persone, tutte ammassate e senza mascherina che discutevano della partita e bevevano. Ho immaginato che fosse un luogo di ritrovo degli ultrà dell'Hellas e ho preferito dire a mio figlio Simone di fare un giro più largo. Premetto che quando andiamo allo stadio non portiamo mai bandiere, sciarpe ed evitiamo abiti che possano richiamare i colori sociali delle squadre in campo".

 

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IL TERRIBILE RACCONTO DI NONIS

"Eravamo a meno di 300 metri dall'auto, quando ho visto che un gruppetto di sei, sette persone, si è staccato dal pubblico del bar e ha cominciato a seguirci. Ma non volevo mettermi a correre, anche se avevo una bruttissima sensazione. A un certo punto hanno cominciato a urlare ‘Ehi, tu, ehi voi. Che ore sono?’. Ci siamo fermati e mio figlio ha risposto: ‘Le undici meno dieci’. Erano a un metro da noi. 

 

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“Un uomo fra i 45 e i 50 anni, con il cappellino dell'Hellas in testa mi ha chiesto ‘Che c.. ci fate qua’. A quel punto ho pensato che forse sarebbe stato meglio rispondere in dialetto, così da far capire che eravamo veneti anche noi e ho risposto che eravamo venuti a vedere la partita. ‘Che squadra tifate?’ mi ha detto l’energumeno. Ho detto che non tifavo per nessuna squadra, ma lui mi ha incalzato e allora ho detto che avevo simpatie per l’Udinese. Non ho fatto in tempo a pronunciare il nome della squadra friulana che mi sono trovato a terra.”

 

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“Quell’uomo mi aveva colpito con un pugno in pieno volto che mi ha fatto perdere l’equilibrio. ’Che cosa fate?’, ha urlato mio figlio. E via una sberla anche a lui, finito a terra come me. Gli altri, tutti con t-shirt o polo o cappellini dell'Hellas si erano messi a cerchio per bloccare le vie di fuga. Noi, cadendo, eravamo in mezzo a due auto parcheggiate. E lì hanno cominciato uno dopo l'altro a darci calci. Ai fianchi, alle gambe, al volto. Le auto un po’ ci proteggevano. Io con le ultime energie che avevo ho urlato: ’Ma che state facendo, siamo veneti anche noi’ per fugare ogni dubbio che appartenessimo alla tifoseria della squadra avversaria. E giù altri calci".

 

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LA FUGA E LA CORSA IN OSPEDALE

"Non so come, ma siamo riusciti ad alzarci e infilandoci tra le auto, abbiamo attraversato la strada. E quasi sono stato investito da un'auto di passaggio. Abbiamo raggiunto la nostra automobile e lì è arrivata la seconda dose. Pugni e calci, sberle a mio figlio, a cui hanno schiacciato il volto contro il cofano. Sono stati dieci, quindici minuti di terrore.”

 

“Poi non ho capito che cosa è successo, un anziano è sceso dal suo appartamento o forse era di passaggio e ha chiesto che cosa stesse accadendo, loro si sono fermati e si sono allontanati un po’. Così abbiamo avuto qualche secondo di libertà, il tempo di entrare in auto, bloccare le porte e partire. Abbiamo fatto qualche centinaio di metri, poi ci siamo fermati e ho chiamato il 118.”

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“In ospedale sono arrivati anche gli agenti della questura e della Digos, che mi hanno riconosciuto, cosa che, invece, escludo abbiano fatto i tifosi, anche se sarebbe più corretto chiamarli delinquenti. Volevano picchiare per fare male, hanno lasciato stare chi si allontanava dallo stadio in gruppo e hanno beccato due persone non con corporatura robusta che passavano per strada.”

 

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“La nostra fortuna è stata quella di non reagire. E va anche aggiunto che nessuno è intervenuto in nostro soccorso anche solo per chiamare la polizia. Questa partita era importante, con mio figlio avevamo detto che sarebbe stato bello adesso che si può andare a seguire anche il Venezia, oltre all'Udinese. Invece di una cosa sono sicuro. Allo stadio di Verona non ci torno più, amo questa città, avevamo anche cenato in una pizzeria vicino a San Zeno per andare a salutare l'amico chef Giancarlo Perbellini. Ma non è possibile vivere un'esperienza simile".

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LE PAROLE DEL SINDACO DI VERONA E IL SOSTEGNO DELL'HELLAS

Il sindaco di Verona, Federico Sboarina, commenta: "Condanno ogni tipo di violenza, che per nessun motivo è accettabile. Ancora più intollerabile se fatta nei confronti di un padre con un figlio, fuori dallo stadio dopo aver assistito a una partita in serenità. Nessuno può permettersi di minare la sicurezza di chi vuole godersi uno spettacolo sportivo, a maggior ragione con atti di violenza gratuita verso due persone tranquille che non avevano fatto alcuna provocazione e tornavano alla loro macchina.”

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“Ho già chiamato Fabrizio Nonis per rappresentargli il dispiacere per l’accaduto e la solidarietà mia e della città, invitandolo a tornare. Mi ha ribadito di essere un amante di Verona perché la reputa una delle più belle città d’Italia e dove ha tanti amici". 

 

Intanto è anche arrivato il messaggio del club e del presidente Maurizio Setti: "Hellas Verona FC censura con sdegno e fermezza qualsiasi atto di violenza o intimidazione, ovunque e da chiunque esso venga perpetrato, esprimendo massima solidarietà al signor Nonis e al figlio".

 

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