roberto burioni

BURIONI NON È MICA TUTTO BUFALE E VACCINI: ''ERO UNO SCAPOLO IMPENITENTE FINO AI 46 ANNI. POI HO TROVATO L'AMORE - SONO UN IPOCONDRIACO, TERRORIZZATO DAGLI AGHI E SCAPPO DAVANTI ALLE OPERAZIONI. MI METTO A DIETA, PERDO 5-6 CHILI, POI TEMO DI AVERE QUALCHE BRUTTO MALE E RICOMINCIO A MANGIARE, MI TRANQUILLIZZO SOLO QUANDO INGRASSO DI NUOVO - IL PEDIATRA DI MIA FIGLIA MI EVITA PER STRADA E SI NEGA AL TELEFONO PERCHÉ…''

Roberta Scorranese per www.corriere.it

 

Questa intervista è tratta dal numero #108 di Futura, la newsletter «privata» del Corriere della Sera che arriva nella casella di posta (gratis) ogni venerdì, alle 12. Ci si iscrive qui .

 

«Dunque, una volta arrivata al San Raffaele, lei segua la striscia azzurro “Tiffany” che la porterà direttamente al mio padiglione, quindi prenda l’ascensore e salga al secondo piano: io sarò lì ad attenderla». 

ROBERTO BURIONI

Buongiorno professore, eccoci qua. 

«Prego, si accomodi». 

«Azzurro Tiffany». Lei se ne intende. 

«Sono stato uno scapolo dalla vita movimentata fino ai 46 anni, mi capisca». 

 

Oggi di anni Roberto Burioni ne ha 56 e alle pareti del suo studio al San Raffaele di Milano solo una riproduzione impressionista e una copia di gusto rinascimentale sovrastano le foto di Caterina, la sua bambina arrivata tardi (ma «proprio per questo ha cambiato la mia vita») e quelle di sua moglie, una donna bionda, un’avvocata dall’aria determinata («Mi ha messo in riga»). E alla fine di questa conversazione di circa due ore, quello che resta del virologo più famoso d’Italia è una simpatia epidermica, una rara attitudine all’autoironia — tanto che si fatica a credere che ogni giorno lui venga pesantemente insultato in rete, per non parlare delle minacce di morte.

 

Pure lei, però: come le è venuto in mente di mettersi a difendere i vaccini e la scienza sui social network e per giunta in questo periodo storico? 

«Più precisamente difendo lo studio e l’impegno. Difendo il diritto a saperne di più se a una certa materia hai dedicato venti o trent’anni della tua vita. Ma io, medico, non mi permetterei mai di dire a un architetto che la casa da lui progettata è fatta male: quella sarebbe un’arroganza». 

 

È vero che c’è mancato poco che lei diventasse pianista? 

«Pochissimo. Suono il piano da quando ero bambino e quando si trattò di scegliere gli studi, ero intenzionato a fare il Conservatorio. Poi la mia fortuna è stata quella di avere un padre intelligente e sensato». 

burioni

Oggi novantenne e medico condotto per una vita. Che cosa fece? 

«Mi prese da parte e un po’ imbarazzato mi disse: Roberto, per fare musica ci vuole talento. Ecco, meglio se ti applichi in qualcosa d’altro, su, da bravo». 

 

E il suo ego come la prese? 

«Benissimo, aveva ragione papà. Oggi so che il mio talento è un altro». 

La virologia? 

«Diciamo che so divulgare la scienza. Sulla mia pagina Facebook scrivo post visti da centinaia di migliaia di persone. Ho fondato il sito di fact-checking scientifico medicalfacts.it e infine mi hanno anche convinto a scrivere il secondo libro, Balle mortali, uscito da poco per Rizzoli». 

 

Il primo comandamento delle Scritture Burioniche recita: «La scienza non è democratica». Quando ha coniato questa frase? 

burioni cover

«Il 31 dicembre 2016. Mio padre era ricoverato in fin di vita per un’emorragia cerebrale e io passai il Capodanno da solo a Milano per assisterlo. Quella sera su Facebook una scrisse che i migranti erano portatori un ceppo particolare di meningite. Usava argomenti assurdi. Insomma, persi la pazienza». 

La perde spesso? 

«Sono un impulsivo» 

 

Che cosa la fa arrabbiare di più? 

«Glielo spiego con un esempio. Lei lo sa che noi possediamo un vaccino contro il cancro all’utero — una malattia che ogni anno uccide tante donne — e che è un vaccino del tutto sicuro, efficace e gratuito? Eppure tanti genitori lo rifiutano per le loro figlie. Credono di saperne di più di noi. Ma io non sono un materialista senza cuore, anzi, nutro molti aspetti irrazionali». 

Per esempio? 

«Non riesco nemmeno a pensare alla morte. Ne sono terrorizzato. Se qualcuno, a casa o fuori, comincia a parlarne, io scappo. Letteralmente dico». 

 

Sì, ma lei fa il medico! 

«Lo so, eppure non riesco a immaginare di morire, che cosa ci posso fare? Così come non fatemi nemmeno vedere gli aghi: ogni volta che c’è da fare il vaccino antinfluenzale io sono tentato di scappare». 

BURIONI VS ALESSANDRA PIASTRA CARLISE

Ma professore... 

«Pensi che una volta mi hanno ricoverato perché dovevano togliermi dei calcoli, un intervento da niente, lo so bene. Ma lo sa qual è stata l’unica cosa che mi ha trattenuto dal fuggire dal reparto?» 

 

Non oso immaginarlo. 

«La certezza che sarei diventato la barzelletta dell’ospedale».

[In effetti...] 

«Le dirò di più: il pediatra di mia figlia si rifiuta di parlare con me, mi evita garbatamente per strada e si nega al telefono. Perché io sono ipocondriaco anche di riflesso, cioè pure quando si tratta della salute della bambina. E non le ho raccontato ancora la cosa più incredibile». 

 

ROBERTO BURIONI BRIGATE ROSSE

Sono pronta. 

«Qualche volta mi metto a dieta. Perdo cinque o sei chili. Ma poi, vedendomi smagrito, comincio a tremare: “e se avrò qualche brutto male?”, dico a me stesso. Quindi ricomincio a mangiare per riprendere i chili persi e, in tal modo, tranquillizzarmi. Capisce? Altro che scienziato freddo e cinico». 

Forse avrebbe dovuto fare davvero il pianista. A proposito, lei è «mutiano» o «abbadiano»? 

«Geni assoluti entrambi. Da pesarese, penso che nessuno abbia mai eseguito la Cenerentola di Rossini meglio di Claudio Abbado, però, dall’altra parte, quando sono andato a lavorare a Philadelphia l’ho fatto, certo, in nome della scienza ma sono certo che inconsciamente ho scelto quella città anche perché a dirigere l’orchestra c’era Riccardo Muti». 

Vi siete mai incontrati lei e Muti? 

roberto burioni

«No, però una volta l’ho visto qui, nel cortile del San Raffaele che vagava in cerca di un ingresso e allora mi sono mobilitato, mi sono messo a sbracciare dalla finestra urlando: “Fate entrare il maestro, fate entrare il maestro!”». 

 

Se i detrattori del professor Burioni lo vedessero adesso, mentre fa l’imitazione di se stesso divertendosi come un ragazzino, forse i commenti online ai suoi post diventerebbero più indulgenti. Anzi, amichevoli. 

 

Quanta prevedibilità c’è in lei? 

«Tanta. Pensi che io ho studiato all’estero, ho girato il mondo per lavoro ma poi sono tornato a Fermignano a innamorarmi». 

Fermignano, il paese dove lei è cresciuto, un posto di nemmeno diecimila abitanti in provincia di Pesaro-Urbino. 

«Sì, la donna che sarebbe diventata mia moglie la conoscevo da anni. Eravamo amici, confidenti. Poi, insomma, una sera a cena mi sono presentato con l’anello di fidanzamento. Che lei mi pregò di riportare indietro». 

 

roberto burioni

Ma come? 

«Stava scherzando». 

Ah. 

«Fino a quel momento ero stato uno scapolo impenitente, oggi la mia vita è cambiata e dico grazie alla mia famiglia» 

Facciamo qualche bilancio. Lei si è mai sentito vittima di ingiustizie? 

«Sì, in molti casi. Una volta non vinsi un concorso che avrei dovuto vincere poiché ne avevo i requisiti, un’altra volta stavo per lasciare un lavoro perché avevo un superiore che mi angariava, mi disprezzava e me lo faceva capire». 

 

E perché non se n’è andato? 

roberto burioni

«Perché Massimo Clementi — che oggi è il direttore del laboratorio dove io faccio ricerca, qui al San Raffaele — mi diede una grande lezione di vita. Quando lo chiamai per lamentarmi, mi disse: “Roberto, stare un anno sotto una persona che non ti apprezza può essere molto educativo. Lavora meglio e impara”. Oggi so che aveva ragione, eccome». 

Se dovesse dare un consiglio a un giovane ricercatore, in quale occasione lei suggerirebbe di andarsene? 

«Quando il posto dove stai ti peggiora e peggiora il tuo modo di lavorare».

Professore, lei crede in Dio? 

«Sono ateo, per formazione e per indole. Ma in tarda età ho cominciato a sentire che la scienza non spiega tutto. E allora ogni tanto mi chiudo in una preghiera intima, molto privata. Che non mi è di alcun conforto, anzi, mi procura altre ossessioni». 

 

roberto burioni

Finiamo, ci salutiamo. Mi allontano verso l’uscita, facendo al contrario la famosa striscia azzurro pallido. E noto che la sfumatura è esattamente quella degli astucci dei gioielli. Non credo che questa precisione estetica sia un residuo di «fermento da scapolo». Dopo la nostra conversazione mi convinco che la sua è una vena apollinea, di uno che ama le cose belle, curate, ben fatte. Ma per capire bene questo gusto connaturato bisogna aver visto almeno una volta nella vita la campagna marchigiana illuminata dai girasoli in piena fioritura e la falesia del Conero. No, la bellezza non è democratica.

ROBERTO BURIONI

 

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