LA SANA PROVINCIA ITALIANA - LA TRUFFA AGLI OBBLIGAZIONISTI DI BANCA ETRURIA (QUELLA DELLA BOSCHI FAMILY), CHE SOTTOSCRIVONO UN BOND E POI GLI CAMBIANO LE CONDIZIONI DI RISCHIO, SENZA AVVERTIRLI - BANCA MARCHE: COME IN 8 ANNI MASSIMO BIANCONI HA DISTRUTTO UN GIOIELLINO A SUON DI PRESTITI SCELLERATI AGLI IMPRENDITORI AMICI - LE INUTILI ISPEZIONI BANKITALIA

Chi nel 2013 ha sottoscritto un bond subordinato Banca Etruria oggi ha zero euro in mano. Perché la Consob ha imposto di modificare il prospetto informativo, ma le modifiche sono apparse solo sul suo sito - Il caos generalizzato in Banca Marche, soldi a pioggia ai palazzinari amici...

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1. POP ETRURIA 2013 - COME PRENDERSI 20 MILA EURO (QUASI) LEGALMENTE

Giorgio Meletti per il “Fatto Quotidiano

 

Come si fa a investire 20 mila euro in obbligazioni della propria banca, che allo sportello ti vendono per sicure, e perdere tutto? E' molto più facile di quanto non si creda.

BANCA ETRURIA BANCA ETRURIA

Ecco la storia esemplare di un risparmiatore di Frascati, in provincia di Roma, che si è fidato della locale filiale della Banca Popolare dell' Etruria e del Lazio. Il nostro mister X è entrato in banca il 4 giugno 2013, di buon mattino, e si è fatto convincere a comprare delle obbligazioni subordinate a tasso fisso, della durata di cinque anni, con una rendita del 3,5 per cento all' anno.

 

 Alle 9,44 ha firmato l' ordine di acquisto dei titoli che sono stati azzerati il 22 novembre scorso per decisione della Banca d' Italia. Nel contratto il titolo acquistato è così descritto: " IT0004931405 BPEL 28/06/13-28/06/18 3,5% SUB". Chiaro, no?

 

Non c' è dubbio che, secondo le leggi italiane, mister X dovesse essere perfettamente consapevole del significato di "SUB ". Che è questo: "L' investimento nelle Obbligazioni Subordinate Lower Tier II comporta per l' investitore il rischio che, in caso di liquidazione o di sottoposizione a procedure concorsuali dell' Emittente, la massa fallimentare riesca a soddisfare soltanto i crediti che debbono essere soddisfatti con precedenza rispetto alle obbligazioni subordinate".

 

Chiarissimo, no? Così è spiegato nel prospetto informativo approvato dalla Consob. E il mercato finanziario italiano è governato da una regola gloriosamente ipocrita: il risparmiatore che va in banca a investire in obbligazioni subordinate della banca è costretto - con la formula "sa, le solite formalità" - a firmare un modulo in cui giura di aver letto il prospetto informativo.

banca etruria banca etruria

 

Nel caso specifico 138 pagine scritte in sanscrito bancario che effettivamente avvertono l' investitore di ogni possibile rischio incombente sui suoi soldi: mancano solo la sollevazione delle maree, il fallimento della Bce e la vittoria dell' Isis, ma non mancano per esempio riferimenti agli influssi negativi della crisi greca su una banca di Arezzo. I prospetti sono fatti per poter dire dopo al risparmiatore "te l' avevamo detto".

 

Così mister X ha firmato di essere a conoscenza che "copia del Prospetto di Base e relative condizioni definitive possono essere richieste presso la sede legale della Banca Etruria spa, in Arezzo, via Calamandrei n. 255", ma possono essere anche scaricate dal sito. Dichiara poi di "essere stato avvisato circa i Fattori di rischio relativi all' investimento riportati rispettivamente al paragrafo 1 della sezione 4 Nota di sintesi ed al paragrafo 2 della sezione 5 ed al paragrafo 1 delle Condizioni definitive".

 

Che vuol dire avvisato? Facciamo finta di credere che il funzionario gli abbia recitato per intero il capitolo "Fattori di rischio" del prospetto. E qui viene il brutto.

 

Il 14 giugno, dieci giorni dopo che mister X ha firmato il suo ordine d' acquisto la Consob approva un supplemento al Prospetto informativo sulla base del quale mister X ha comprato le obbligazioni. In pratica il prospetto originario viene riscritto con notizie molto più allarmanti sullo stato della banca.

 

POPOLARE ETRURIA POPOLARE ETRURIA

Il supplemento viene pubblicato sul sito della Consob, che come è noto viene consultato quotidianamente da milioni di risparmiatori italiani, e avverte: gli investitori che avessero già firmato ordini di acquisto per le obbligazioni subordinate IT0004931405 "hanno il diritto di revocare la loro accettazione (entro il 20 giugno 2013 compreso) mediante disposizione scritta da consegnare presso le sedi e le dipendenze dell' Emittente".

 

IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS

Mister X sostiene, e siamo tutti tentati di credergli, che nessuno gli abbia telefonato per segnalargli la novità. Ma le modifiche al prospetto sono sostanziali. All' inizio del supplemento si avverte che è stato "redatto allo scopo di inserire una tabella relativa ai principali indicatori sul rischio di credito" di Banca Etruria al 31 marzo 2013.

Nella versione originale la tabella non c' è e neppure compare mai la parola "deteriorati". Invece il supplemento ci informa che i crediti deteriorati (di difficile recupero) sono il 29,4 per cento dei crediti erogati da Banca Etruria, contro una media italiana del 13 per cento.

 

PIER LUIGI BOSCHI PIER LUIGI BOSCHI

Ora sarà un tribunale stabilire se la pubblicazione del supplemento al Prospetto informativo sollevi Banca Etruria (e la vigilanza di Consob e Bankitalia) dalle responsabilità, o se per chi compra prodotti finanziari è sottinteso l' obbligo di consultare quotidianamente il sito Consob. Certo, se mister X avesse compulsato attentamente le comunicazioni della vigilanza sui mercati finanziari, avrebbe saputo che la sezione D2 del Prospetto ("Fattori di rischio relativi all' Emittente", in italiano quanto stava messa male Banca Etruria) era stata radicalmente trasformata, passando da tre paginette a 19.

 

Nella versione originale il capitoletto "Rischio di Credito" iniziava con parole rassicuranti: "L' Emittente è esposto ai tradizionali rischi relativi all' attività creditizia". Nella versione corretta si esplicitava che Banca Etruria aveva un serio problema con i generosi affidamenti ad alcuni clienti - da far risalire (ma questo nel prospetto non c' è) alle solidarietà tra gruppi di potere toscani ad alto coefficiente massonico.

 

salvatore rossi ignazio visco salvatore rossi ignazio visco

Poco prima dell' emissione delle obbligazioni subordinate c' era stata una severa ispezione Bankitalia sull' istituto di Arezzo. Ma solo nella versione corretta (dopo) del Prospetto c' era l' avvertimento che, proprio in seguito all' ispezione, "la situazione economica del Gruppo stesso potrebbe subire impatti negativi anche significativi". Mister X l' ha saputo solo adesso. Come disse Woody Allen: "Prevedo disastri, prevedo catastrofi... Peggio : prevedo avvocati".

 

 

2. BANCA MARCHE, IN OTTO ANNI IL BUCO DI BIANCONI

Stefano Elli per "Il Sole 24 Ore"

 

massimo bianconi michele ambrosini banca marche massimo bianconi michele ambrosini banca marche

Era l’aprile del 2004 quando Massimo Bianconi, classe 1954, rampante banchiere di Norcia, entrò al centro direzionale Fontedamo di Jesi, sede della Banca delle Marche per assumerne la direzione. Il nuovo capo azienda, una carriera costruita al Banco di Santo Spirito prima e in UniCredit poi, era stato Amministratore delegato della Banca nazionale dell’agricoltura, ai vertici della Banca agricola mantovana, e in seguito direttore generale di CariVerona e, di nuovo, direttore generale del Credito Italiano. Appena arrivato a Jesi si rese conto delle potenzialità di una banca posta a presidio di un territorio ricco e industrialmente diversificato.

 

lauro costa massimo bianconi banca marche lauro costa massimo bianconi banca marche

La macchina che guidava era una fuoriserie. Nel 2006, a due anni dal suo insediamento, Banca delle Marche gestiva da sola il 30% della raccolta locale e il 23% degli impieghi nella regione. In valori assoluti: 20,3 miliardi di raccolta e 11,9 miliardi di impieghi. L’anno dopo l’utile netto aveva raggiunto i 116 milioni: il 40% in più sull’anno precedente. Ed è appunto in quei sei anni che a Jesi si è consumata una vicenda di sperperi e altre vicende di varia mala gestio che hanno provocato l’ implosione di una delle più dinamiche realtà bancarie di media dimensione.

 

Chi ha avuto la possibilità di guardare dall’interno le pratiche di affidamento parla di una situazione di caos generalizzato. Nessuna attenzione alla concentrazione del rischio, evidente sovraesposizione nel settore dell’immobiliare e dell’edilizia, ma soprattutto una prodigalità nelle erogazioni che consentiva di dare tanti soldi a tutti: pratiche di ogni caratura, da 100mila euro a 100milioni andate a buon fine senza alcuna istruttoria, né garanzie adeguate.

 

banca marche banca marche

Tra questi spiccano i 70 milioni di euro erogati ai gruppi di Vittorio Casale e Davide Degennaro, il gruppo Lanari (200 milioni), gruppo Santarelli: (110 milioni), gruppo Ciccolella: (80 milioni), gruppo Minardi: (130 milioni).

 

Altri esempi? Clienti già affidati che acquistavano dalla banca (finanziati dallo stesso istituto) crediti già iscritti a sofferenza, magari con terreni nel patrimonio su cui venivano avviate ulteriori iniziative immobiliari poi interrotte per carenza di fondi. E dunque sofferenze a pesare su altre sofferenze a innalzare un castello di carte destinato presto o tardi a rovinare.

 

Le ispezioni

Nel frattempo Banca d’Italia nel 2010 e nel 2011 aveva già avviato una campagna ispettiva nei confronti della banca marchigiana. Due verifiche alla capogruppo e una nella branch del leasing: Medioleasing. Un’attività ispettiva che generò una lettera severissima nei confronti dell’ex management in cui si parlava di «Criticità crescenti», «carenze diffuse», «esposizione rilevante», «scarsa incisività del collegio dei sindaci», «ridotta consapevolezza delle criticità aziendali».

banca marche banca marche

 

Una lettera che sarebbe stata taciuta (colposamente o dolosamente) nell’integrazione del prospetto informativo dell’aumento di capitale da 180 milioni pretesa dall’altro organo di controllo: la Consob. Per Banca delle Marche l’anno dello show down fu il 2012. Il nuovo Cda si era insediato ai primi di maggio, dopo l’assemblea dei soci del 27 aprile. Lauro Costa ne era presidente, Michele Ambrosini vicepresidente. Oltre a loro, unico superstite della vecchia gestione, Giuliano Bianchi. Ma furono i due «stranieri» nel gruppo: Francesco Cesarini e Giuseppe Grassano, già in coppia alla fine degli anni ’90 alla guida della Banca popolare di Milano e indicati dalla Fondazione di Macerata, a dare il primo rien va plus.

 

La fine dell’idillio

Il 30 agosto del 2012 i due si astennero di fronte all’approvazione di una semestrale sin troppo generosa: 40 milioni di risultato netto e rettifiche di valore su crediti per settanta milioni. Lo scontro fu aperto e aspro. E chi avesse ragione lo si vide in seguito: il bilancio definitivo dell’anno fu rovinoso: perdite per 500 milioni e rettifiche di valore per 1,2 miliardi, raddoppiate nel giro di qualche mese.

MASSIMO BIANCONI BANCA MARCHE MASSIMO BIANCONI BANCA MARCHE

 

E nel novembre dello stesso anno si registrò un nuovo accesso degli uomini della vigilanza di palazzo Koch: un’ispezione più lunga delle precedenti che proseguì sino al luglio del 2013 e che finì con il commissariamento della banca chiesto e ottenuto dalla vigilanza al ministero dell’Economia e affidato a Federico Terrinoni e Giuseppe Feliziani. In seguito vi fu l’intervento della magistratura (l’inchiesta della procura di Ancona è ancora in corso) che in più filoni ha messo sotto indagine quasi tutti gli ex amministratori manager e sindaci della banca.

 

L’epilogo è noto. In attesa degli sviluppi delle inchieste dei pubblici ministeri anconetani e della Guardia di Finanza locale, che hanno messo sotto osservazione anche alcune operazioni immobiliari personali di Bianconi attraverso, in particolare, la società Archimede 96, condotte proprio con Casale e Degennaro (l’accusa è corruzione privata), Banca delle Marche è una delle quattro aziende di credito «messe in sicurezza» con un provvedimento del governo: un intervento simile a una quarantena finanziaria che costerà cara ai sottoscrittori marchigiani delle quattro obbligazioni subordinate del valore di 205 milioni complessivi emesse dalla banca, oltre ché ai suoi azionisti. 

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