Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Fabio Rubini per "Libero Quotidiano"
Il tanto atteso consiglio federale della Lega ha partorito due risultati per nulla inaspettati. Il primo: Matteo Salvini è e resta leader del Carroccio. Non c'è stato nessuno che, nemmeno velatamente, abbia pronunciato la parola "congresso".
Financo Giancarlo Giorgetti, dipinto dai più come un novello Bruto, nel suo intervento ha rinnovato la «totale fiducia» al segretario. Il secondo: nonostante quanto detto fin qui la Lega era e resta divisa al suo interno sulla linea da seguire.
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E se in questi giorni il terreno di scontro è stato il futuro del partito in Europa, sottotraccia la vera battaglia è sul posizionamento da tenere rispetto al governo Draghi e al suo futuro prossimo. Secondo copione Matteo Salvini si presenta davanti al suo stato maggiore allargato (alcuni governatori e membri della segreteria erano collegati in videoconferenza) assieme al suo vice Andrea Crippa e parla ininterrottamente per cinquanta minuti.
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Quasi un'ora nel corso della quale il Capitano prende la palla e la spazza in tribuna come gli stopper di una volta. «Mi interessa parlare di flat tax o bonus ai genitori separati. Mi appassionano i temi concreti. Non di altro».
E ribadisce: «Il massimo impegno sul taglio delle tasse. Nove miliardi per regalare redditi di cittadinanza a furbi ed evasori non è rispettoso per chi fatica e lavora, interverremo in Aula per dirottare sul taglio delle tasse una parte di quei miliardi». Tutte cose che aveva detto poco prima anche davanti a telecamere e taccuini.
ELEZIONI E CONGRESSI
Salvini analizza i risultati delle ultime amministrative, ammette la sconfitta così come aveva fatto pubblicamente subito dopo il voto e insiste sullo «scegliere i candidati per tempo e non arrivare all'ultimo momento» come fatto a Roma, Milano e Torino. Rilancia sull'organizzazione del partito e annuncia per il primo dicembre l'apertura del tesseramento e l'inizio dello svolgimento dei congressi cittadini.
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Poi conferma per l'11 e il 12 dicembre la grande assemblea programmatica che riunirà a Roma l'intellighenzia leghista e che dovrà «sancire, aggiornare e decidere i binari su cui viaggiare».
La "ciccia" arriva sul finale: nel pomeriggio, in un videomessaggio inviato alla presentazione del libro del direttore di Repubblica Maurizio Molinari (disertata proprio a causa della riunione di partito) Giancarlo Giorgetti ribadisce la sua posizione sul governo Draghi: «Ha fatto scelte chiare, nette. Ha rimosso i dubbi degli osservatori».
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Salvini in questo caso la palla se la tiene tra i piedi e calcia forte: «Io ascolto tutti, ma alla fine decido io...» e subito dopo mette in fila una serie di questioni di non secondaria importanza su quella che è la sua linea politica. Linea che, inutile quasi ribadirlo, è antitetica rispetto a quella chiesta da Giorgetti.
A partire dall'Europa: «Impensabile entrare in un Ppe che non è mai stato debole come ora ed è pure subalterno alla sinistra. E noi siamo alternativi alla sinistra». Per questo si proseguirà sulla strada di allearsi con il premier ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateusz Morawiecki…
Insomma «meglio creare un gruppo alla sinistra» che possa diventare maggioranza in Europa proprio alleandosi, ma in posizione di forza, con i Popolari. Sul fronte interno Salvini ribadisce che «la visione della lega è vincente, ne sono convinto. Non inseguiamo la sinistra, perché perdiamo».
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SCONTRO RINVIATO
Insomma, l'impressione è che alla fine della riunione le due anime della Lega siano rimaste sulle loro posizioni. Nessuna delle due sembra aver fatto un passo verso l'altra. Si dice che lo scontro sia solo rinviato all'assemblea di metà dicembre.
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Ma c'è anche chi scommette che pure in quell'occasione nulla cambierà. La Lega è in un loop dal quale è difficile uscire.I giorgettiani vorrebbero cambiare linea, ma non possono permettersi di cambiare leader, perché nonostante tutto nessuno come Salvini è capace di mantenere il partito sopra il 20%.
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Per contro Salvini non farà rappresaglie contro Giorgetti e i suoi alleati, perché l'economista di Cazzago Brabbia rappresenta la credibilità internazionale e sui mercati finanziari della Lega, una credibilità che senza Giorgetti, Salvini non avrebbe. L'appuntamento di metà dicembre, dunque, servirà giusto per scambiarsi gli auguri di Natale...
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