1. CHI VOLETE LIBERO, L’INCANTEVOLE JENNIFER LAWRENCE O IL BURINO CHECCO ZALONE? 2. UN’ORDA DI 5 MILA RAGAZZINE INFOJATE E DELIRANTI DI “HUNGER GAMES/2” FANNO QUELLO CHE I MANIFESTANTI PER LA CASA NON RIESCONO A COMBINARE: TRAVOLGERE LA POLIZIA! 3. CHECCO VIENE INVECE ACCOLTO DAL GRIDO DELLE “IENE”: “ZALONE, PRESTACI UN MILIONE” 4. A SISTEMARLO CI PENSA MICHELE SERRA: ‘’IN ZALONE TUTTE LE CATEGORIE DEL RICCO, DEL COLTO, DEL RAFFINATO, DEL RADICAL CHIC VENGONO MESSE IN UN SOLO GRANDE MAZZO E SONO OGGETTO DI UNA SPECIE DI LUNGO, ININTERROTTO PERNACCHIO” 5. BORDATA FINALE: “POTREBBE EVITARE DI METTERE NEI SUOI FILM SCENE COME QUELLA DELLA FINTA FELLATIO DAVANTI AL FIGLIO DI SEI ANNI AFFACCIATO ALLA FINESTRA CHE, DA BRAVO CHECCO IN FIERI, APPROVA SODDISFATTO. È VOLGARISSIMA, NON FA RIDERE E AVREBBE PROVOCATO QUALCHE PROBLEMA DI COSCIENZA ANCHE AD ALVARO VITALI”

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

1 - E ROMA IMPAZZISCE PER LA DIVA
Fulvia Caprara per "la Stampa"

La ragazza di fuoco ha capelli biondi corti, un corpo morbido, due spalle solide e uno sguardo intelligente che svela subito il perchè del suo fenomeno: «La fama non si sceglie, è una cosa che ti arriva addosso e da cui non puoi scappare. Tutti continuano a chiedermi se mi sento sotto pressione, sto iniziando a pensare che forse dovrei esserlo. Ma la verità è solo che amo il mio lavoro, mi diverto a farlo, e cerco di non prestare attenzione a quello che si dice o si scrive di me».

Quando Jennifer Lawrence, di nuovo impavida combattente nel secondo capitolo della saga di Hunger Games (La ragazza di fuoco nelle sale dal 27), arriva sul tappeto rosso del Festival di Roma, il delirio è alle stelle e l'Auditorium, scosso dai boati dai fan, sembra lì lì per esplodere: «Jennifer, my love, incendiami, sono qui solo per te» è il testo di uno dei mille cartelloni agitati per ore, durante la lunga attesa della giovane diva.

In tanti hanno dormito nei sacchi a pelo, altri sono arrivati in compagnia di mamma e papà, altri ancora in gruppo, saltando la scuola. A poco a poco, per evitare il blocco totale dell'ingresso della manifestazione, l'esercito di appassionati ha riempito gli spalti della cavea superiore, in ogni ordine di posto, per non parlare delle schiere di ragazzi che, fin dall'altra sera, vagavano nel Villaggio del Festival in attesa dell'evento. Si parla di 5mila persone.

Un entusiasmo che spesso si scioglie in lacrime nel momento in cui Lawrence, vestita di bianco, finalmente arriva: «Il pubblico giovane - spiegava l'attrice poche ore prima del bagno di folla, in un albergo a due passi da Piazza del Popolo - ha fame di storie di questo tipo e di personaggi come Katniss Everdeen. Siamo una generazione impaurita, frustrata, e un personaggio come lei, insieme fragile coraggiosa, ma anche consapevole delle conseguenze delle guerre e delle ideologie, evidentemente in qualche modo ci rappresenta».

Diva a soli 23 anni, Oscar 2013 per l'interpretazione nel Lato positivo, vincitrice alla Mostra di Venezia, nel 2008, del premio Marcello Mastroianni (il film era The burnuing plain di Guillermo Arriaga), Lawrence è perfettamente consapevole dell'influenza che il suo ruolo può esercitare e, a differenza di molte altre sue colleghe, non fa finta di niente: «All'inizio avevo tanta paura, sapere di essere considerata un modello, vedere che tutto quello che dico viene puntualmente riportato, è terrificante. Ci è voluto un po', poi ho capito che avere tutto questo seguito comporta una responsabilità forte, ma è anche una grande occasione».

Da spendere bene, per esempio quando si parla di forma fisica: «Spesso i registi hanno il mito del corpo perfetto, che in realtà non esiste se non grazie al photoshop. Il fatto è che poi la gente guarda e fa i confronti, tra immagini vere e ritoccato. Odio ascoltare donne che definiscono grasse altre donne, bisogna cambiare il modo di concepire la bellezza. E non ne posso più di sentir parlare di diete».

Anche a lei è capitato di dover dimagrire per avere una parte: «I produttori mi chiedevano di perdere peso e mi dispiaceva da morire, stavo benissimo con il mio corpo, non mi vedevo grassa». Lo sport non è mai stato la sua passione: «Sono cresciuta con i miei fratelli che ne parlavano sempre, così ho sviluppato una specie di rifiuto. Mi piace sentirmi tonica, fare allenamento, ma anche mangiare robaccia , anche quella è una questione di libertà».

Del premio a Venezia conserva un ricordo vivido: «Non avevo studiato recitazione e non sapevo nemmeno bene che cosa stessi facendo, quella è stata la prima conferma della mia vita». Da allora, Jennifer è stata ben attenta a non perdere la bussola: «Cerco di tenere Katniss fuori dalla mia vita, e con i miei coetanei sento di avere ancora tutto in comune, anche se faccio il lavoro che ho scelto e che mi piace fare».

2 - ZALONE SOTTO ASSEDIO: "CHECCO DACCI UN MILIONE"
Fulvia Caprara per "la Stampa"

Il coro dei fan è unanime: «Zalone, dacci un milione». Per questo, appena appare sul palcoscenico del Festival il divo del momento fa una precisazione: «I soldi vanno al distributore del film, al produttore, e agli esercenti delle sale cinematografiche. Io ho preso 1700 euro». Dichiarazione improvvida, siamo a Roma, e una signora dal pubblico, prontissima ribatte: «Sè, al secondo!».

L'uomo d'oro del cinema italiano, Luca Medici, in arte Checco Zalone, conversa con il critico Marco Giusti in una sala stracolma di appassionati di tutte le età. Ogni tanto intona uno dei suoi brani, per esempio la samba «molto malinconica» sulla ragazza brasiliana sprovvista di lato B, oppure la canzone «Otra sessuità», dedicata agli omosessuali: «Volevo partecipare al Festival di Sanremo, mi sono presentato con il "Frociadil 300 forte", un farmaco che faceva passare l'omosessualità.... non mi hanno voluto».

È vero che ha detto di no a Bruno Vespa che la voleva a «Porta a porta»?
«Sì, mi hanno chiamato tutti e io ho sempre rifiutato gli inviti. Non voglio andare in televisione, troppa visibilità, non ce la faccio più a vedere me stesso...».

Se ne starà per un po' nel suo paese, a Capurso, come ha dichiarato?
«Sì, mi chiuderò lì almeno per due anni, mi riposo, sto a casa, vedo la mia bambina».

Non ha mai pensato di trasferirsi a Roma?
«No, a Roma è tutto un po' falsato, qui bisogna venire solo ogni tanto, godere della grande bellezza e poi andare via».

Lei ha detto che gran parte della sua ispirazione proviene dalla vita personale. Per esempio?
«Il personaggio che compra tutto a rate viene da certi stipendiati che conosco, hanno l'Audi con il mutuo a 27 anni.. e poi le zie tirchie, le mie lo sono davvero».

Qual è il suo comico preferito?
«Beppe Grillo, lo trovo straordinario... no, la verità è che io aspiro a Sordi, il più grande attore italiano, inarrivabile. Devo fingere umiltà, ma dentro ho un ego enorme, quindi mi riferisco a lui. Mi piace anche Troisi, ma Sordi di più».

E tra gli stranieri?
«Ben Stiller, ma soprattutto Sacha Baron Cohen, è capace di toccare livelli di scorrettezza politica inaccettabili, ho amato soprattutto Borat e Bruno».

«Sole a catinelle» parla dell'Italia di oggi, è un film politico?
«No, non è un film fatto per dare spiegazioni. E poi perchè un film dovrebbe parlare della crisi? La conosciamo tutti, a che serve raccontarla? E comunque nella vita io sono a-politico. Anche se Berlusconi mi piace tantissimo, è simpatico, e sicuramente starebbe molto meglio di me qui, a fare interviste».

In «Sole a catinelle» Checco Zalone entra nel mondo dei ricchi. Che impressione ne ricava?
«È un mondo fantastico, consiglio a tutti di essere ricchi, incontri gente molto più bella dei poveri..».

C'è chi si lamenta perchè i guadagni del suo film non serviranno a dare ossigeno al cinema italiano. Lei che ne pensa?
«Non lo so, però i miei film provocano anche un indotto, guadagnano pure le pizzerie vicine ai cinema dove vengono proiettati e perfino la pirateria. Se una copia piratata viene male, vanno subito a comprare il dvd».

3. IL SUPERTERRONE ECCOLO QUA - SERRA (CONTROVOGLIA) ELOGIA CHECCO ZALONE
Michele Serra per "l'Espresso"

Ho visto "Sole a catinelle" alle sette di sera in una grande multisala milanese quasi piena di un pubblico fatto prevalentemente di comitive di ragazzi, coppie giovani, genitori con bambini. Siamo così abituati a vedere film - anche belli, anche "popolari"- in salette semivuote, che la percezione del cinema come rito collettivo (tanta gente tutta insieme seduta nella stessa sala a vedere la stessa cosa) sorprende come una novità. Perché ormai troppo remoti sono gli anni in cui cinema e folla erano una cosa sola. E il pubblico, a suo modo, era un cast aggiuntivo, parte dello spettacolo, vibrante o impaurito o commosso o scosso dalle risate o annoiato, a seconda.

La polverizzazione del pubblico, ognuno a casa sua per un consumo tanto autonomo da sfiorare l'autismo, è anche polverizzazione del cinema. Checco Zalone, con il suo navigato autore-regista Gennaro Nunziante, sono dunque, nei fatti, due anticonformisti.

Il diluvio di incassi di questo loro nuovo film, seppure sostenuto dalla lucrosa macchina da guerra di una distribuzione capillare e martellante, è in vistosa controtendenza: se è la parcellizzazione di tutto (della società, dei gusti, dei consumi, dell'audience televisiva, delle scelte politiche) a segnare lo scenario, riuscire a riassemblare un pubblico di massa è quasi una provocazione.

Il "popolare" stesso è una provocazione, dal momento che i due medium che ne sono stati prima gli inventori e poi gli esecutori, il cinema e soprattutto la televisione generalista, non sembrano più in grado di controllarlo, e sempre più raramente riescono a produrlo.

Di quali ingredienti sia fatta, questa provocazione vincente, non è semplice capirlo, tanto meno dirlo. Proviamoci lo stesso. Diciamo intanto che nel film di Zalone, coerentemente con la sua opera omnia, c'è un umore prevalente, che è quello della riscossa popolare; o, se preferite definizioni meno politiche, dell'orgoglio burino.

Rivendicato a oltranza. Come è arcinoto, il nome d'arte Checco Zalone significa, tradotto dal pugliese, "Che gran tamarro". Le categorie del ricco, del colto, del raffinato vengono messe in un solo grande mazzo - lo stesso, per sommi capi, correntemente definito dei "radical chic" - continuamente bersagliato, e spesso con sapienza, a tutto vantaggio di un pubblico che, in tempi di crisi, è particolarmente disposto a detestare i privilegi, dunque a deriderli.

In Zalone tutte le categorie socio-culturali che odorano anche vagamente di upper class, dal cibo vegetariano o peggio vegano al teatro colto, sono l'oggetto di una specie di lungo, ininterrotto pernacchio.

In repertorio, ben prima di approdare trionfalmente al cinema, il comico pugliese ha parecchie e notevoli parodie di tutto ciò che è "alto", dalla canzone d'autore alla sintassi molto elaborata di Nichi Vendola, con uno speciale accanimento contro l'"impegno" e per diretta conseguenza contro la sinistra, il suo linguaggio, i suoi tic, il suo snobismo. (Volendo: Zalone ricorda, nei momenti meno felici, quelle barzellette della "Settimana enigmistica" nelle quali il visitatore del museo, osservando un quadro astratto, avverte che è stato appeso capovolto, e se la ride di quanto sia incomprensibile l'arte; nei momenti migliori ha l'intuito liberatorio di un Fantozzi che si ribella alla "Corazzata Potemkin" e a tutte le costrizioni d'essai).

Ma i ricchi, sono davvero tutti comunisti? E i comunisti tutti ricchi? Per non guastare la festa a Zalone, e soprattutto al suo vastissimo pubblico, è necessario dimenticare i dati sulla composizione del voto, dai quali si evince che i ricchi, come è sempre accaduto, votano in prevalenza a destra, confindustriali in primo luogo.

Ma sarebbe, in fin dei conti, un puntiglio non del tutto in tema, perché vedendo "Sole a catinelle" viene comunque spontaneo misurare, in tutta la sua profondità, la frattura politica, culturale e sentimentale tra sinistra e popolo, tra intellettuali e cultura di massa. Se nel 2013, in un film non sciatto e non distratto come questo, l'identità tra "ricchi" e "comunisti" è data per assodata e funziona come continuo innesco comico, vuol dire che qualcosa di piuttosto clamoroso è accaduto, negli ultimi anni della nostra vita sociale.

L'eroe del film, per altro, con un'allegra overdose di vitalità e di ingordigia che sarebbe piaciuta ai molto intellettuali (e molto "alti") leader del Settantasette, quelli che del desiderio facevano la molla incontrastata della rivoluzione, desidera avere tutto. L'essere, con le sue buffe turbe, lo cede volentieri alle depresse e ai narcisi - tutta gente viziata - che vanno dallo psicologo. Sfizio per ricchi anche quello, come la cultura. È l'avere che piace al nostro Checco, avere la pancia piena come nella lunga e gloriosa tradizione della commedia dell'arte, come in Bertoldo o nel Ruzante e fino ai "Soliti ignoti", fregare i signori per sedersi al loro posto, alla loro stessa tavola, e ingozzarsi come si deve.

Evitando accuratamente di citare Brecht (non vorrei essere preso per il culo da Zalone-Nunziante), dobbiamo ammettere che questo aspetto fisiologico-metabolico della lotta di classe è via via scomparso dal linguaggio tanto cortese quanto incerto della sinistra politica e da quello spesso divagante della sinistra artistica.

L'idea di un povero che fotte i ricchi, se è vero che è "populista", lo sarebbe in misura minore se quell'istinto "di pancia", insieme a tutte le altre cose "di pancia" che la sinistra deplora, non fosse stato lasciato fuori dalle mura della polis (chiedo perdono a Zalone, ma io scrivo per "l'Espresso"), in quella specie di vasto contado ribelle, e ringhioso, del quale Zalone è un alfiere intelligente, e solare. Quello stesso contado indocile che non vuole più votare oppure vota Berlusconi perché è ricco e se la fa con le donnine, o Beppe Grillo perché strilla forte.

La solarità è probabilmente l'altra carta vincente di Zalone. Il suo populismo è scafato, anche acuminato, ma mai truce. Non è, la sua comicità, feroce e rassegnata come quella gogoliana di Fantozzi. Non è un perdente, Checco, è un vincitore. Prende la crisi per il collo, la nega, pur di non accettare la povertà simula la ricchezza, la recita, la sceneggia, gira il suo film tra ville con piscina e barche di lusso, insomma se la gioca senza complessi, da pari a pari.

È una comicità antidepressiva (un critico direbbe: consolatoria), giocosa, che sfiora spesso la malinconia e il moralismo - specie nei Sacri Rapporti Familiari, siamo meridionali, no? - ma non accetta mai la dimensione del tragico. I terroni espressionisti di Albanese (Alex Drastico, Cetto Laqualunque) attraverso il grottesco grondano tragedia e miseria umana, il superterrone di Zalone è, al loro opposto, un supereroe del popolo.

E siccome il popolo, checché se ne dica, ha bisogno di eroi, me ne sono uscito dal cinema pensando che Checco possa essere, in qualche modo, il nostro Homer Simpson. Al quale assomiglia, in certe inquadrature, anche fisicamente, e del quale ricalca la spensierata ingordigia, il consumismo crapulone e l'impenetrabilità ai conflitti psicologici e al vizio (da ricchi e da comunisti) della cultura. Il modello Homer è, ovviamente, altissimo, essendo Matt Groening uno dei genii assoluti della satira sociale di tutti i tempi, con una finezza di scrittura impareggiabile.

Ma noi, si sa, non siamo gli americani, e dobbiamo fare le cose con il materiale a disposizione, cioè noi stessi. Di quel materiale Zalone fa un uso sapiente e a suo modo umile, non credendosi ciò che non è e volendo essere solo ciò che è.

Potrebbe forse - glielo dico da fan - accettare di avere qualche complesso (anche "non avere complessi" è un complesso terribile) e mirare appena più in alto, cosa che per talento e per prontezza di spirito è perfettamente in grado di fare, perfettamente assistito dal suo mentore Nunziante.

Per esempio evitando di mettere nei suoi film scene come quella della finta fellatio davanti al figlio di sei anni affacciato alla finestra che, da bravo Checco in fieri, approva soddisfatto. È volgarissima, non fa ridere e avrebbe provocato qualche problema di coscienza anche ad Alvaro Vitali. La Puglia è terra di cultura antica, Zalone e Nunziante se ne facciano una ragione e si rassegnino alla dose non piccola di cultura che sta in corpo al popolo. Proprio al centro della pancia.

 

 

Tiziana Buldini Tiziana Buldini Guillermo Mariotto Elisa Di Francesca e Sofia Valleri Tiziana Buldini e Sofia Valleri Sofia Valleri Ragazze in delirio per Jennifer Lawrence Ragazze in delirio per Jennifer Lawrence Ragazze in delirio per Jennifer Lawrence Ragazze in delirio per Jennifer Lawrence Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Ragazze in delirio per Jennifer Lawrence Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson Jennifer saluta i fan Jennifer saluta i fan Jennifer saluta i fan Una foto a Jennifer Liam Hemsworth Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson

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