vaccino soldi ricchi coronavirus

ANCHE PER I VACCINI VALE SEMPRE LA REGOLA DEL TITOLO QUINTO: CHI HA I SOLDI, HA VINTO  - UNIONE EUROPEA E STATI UNITI PRENOTANO LE FORNITURE PER LA TERZA INIEZIONE AI PROPRI CITTADINI, MENTRE NEI PAESI PIÙ POVERI PRATICAMENTE NESSUNO HA RICEVUTO LA PRIMA. I PAESI AD ALTO E MEDIO REDDITO SI SONO ACCAPARRATI FIN QUI L’80% DELLE DOSI. MA SENZA UNA CAMPAGNA DI MASSA NEL RESTO DEL MONDO, LA FINE DELLA PANDEMIA SARÀ ANCORA LONTANA - GLI UNICI VINCITORI? LE MULTINAZIONALI DI BIG PHARMA, CHE SI GODONO I PROFITTI RECORD…

Vittorio Malagutti per “L’Espresso”

 

quartier generale pfizer a new york

Il gigantesco business dei vaccini, frutto di una mobilitazione senza precedenti da parte di un gruppo di multinazionali generosamente finanziate con il denaro pubblico, ha spaccato il mondo in due parti.

 

Mentre in Europa e nel Nord America le dosi abbondano e le autorità sanitarie sono costrette a rincorrere una minoranza di no-vax, l'Africa e alcune zone dell'Asia restano in balia del Covid-19 perché i governi locali non possono permettersi l'acquisto dei farmaci che proteggono dall'infezione. In base agli ultimi dati diffusi dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i Paesi ad alto e medio reddito si sono accaparrati più dell'80 per cento dei 4 miliardi di dosi distribuite dalle case farmaceutiche.

controlli sul coronavirus in africa

 

Il resto del mondo, che vale ben più della metà della popolazione complessiva, ha invece dovuto accontentarsi di quel che resta, cioè il 20 per cento circa del totale dei vaccini fin qui somministrati. In alcuni grandi Stati come la Nigeria o l'Etiopia si arriva a malapena a 2 dosi ogni 100 abitanti e anche in Asia, dove pure la campagna vaccinale di recente ha fatto progressi, le somministrazioni viaggiano a ritmi lontanissimi da quelli raggiunti in Occidente.

Covax

 

In Italia, per dire, siamo a 122 dosi ogni 100 abitanti, contro le 20 del Pakistan, le 30 dell'India o le 40 dell'Indonesia, i tre Paesi più popolosi del continente, Cina esclusa. «Dobbiamo invertire la rotta», ha detto ai primi di agosto il direttore generale dell'Oms, Tedros Ghebreyesus, in un appello pubblico rivolto ai governi della parte ricca del mondo. «Ai Paesi poveri deve essere destinata con urgenza la quota maggiore del totale dei vaccini prodotti».

 

coronavirus vaccino pfizer

Le pressioni dell'Oms si spiegano con il timore (più che giustificato secondo gli studiosi) che il virus lasciato libero di circolare pressoché indisturbato in larga parte del mondo, oltre a provocare milioni di morti, sia in grado di replicarsi con nuove pericolose varianti destinate prima o poi a diffondersi anche negli Stati ad alto reddito, che sono per ora riusciti a contrastare la pandemia grazie all'abbondanza di vaccini.

 

tedros adhanom ghebreyesus

L'appello dell'Oms non sembra però destinato a produrre effetti concreti. Per il momento, infatti, sia nell'Unione Europea sia negli Stati Uniti le autorità sanitarie si stanno preparando per la campagna d'autunno, che significa dare il via alla somministrazione della terza dose, dapprima riservata alle categorie a rischio e poi anche al resto della popolazione.

vaccinazione israele

 

Nella comunità scientifica c'è grande incertezza sulla durata dell'immunità garantita dai vaccini, e così, per non correre rischi, i governi premono per potenziare la copertura con un'ulteriore iniezione, una volta trascorsi otto-nove mesi dalla prima somministrazione. Si è mosso per primo Israele, dove più di 750 mila cittadini di oltre 60 anni d'età si sono già presentati nei centri vaccinali a partire da fine luglio, ma anche negli Stati Uniti, così come in Francia, Italia e Regno Unito è probabile che entro l'autunno partirà la nuova fase della lotta al virus.

 

COVAX

A breve, quindi, saranno necessarie nuove forniture, che assorbiranno la maggior parte della ulteriore produzione garantita dalle multinazionali del farmaco. Tutto il contrario, insomma, di quanto auspicato dall'Oms. «Non possiamo accettare che i Paesi che si sono fin qui accaparrati la netta maggioranza delle scorte aumentino le somministrazioni mentre nel resto del mondo la gran parte della popolazione non è ancora stata protetta», ha dichiarato Ghebreyesus.

 

I governi però hanno altre priorità. Si teme che eventuali nuovi contagi provocati dalla fine della copertura immunitaria si vadano a sommare a quelli innescati dalla variante Delta. In questa situazione d'incertezza i vaccini sono considerati l'arma più efficace per impedire la ripresa dell'epidemia.

VACCINAZIONE CORONAVIRUS

 

Non è un caso, allora, che nel maggio scorso l'Unione Europea abbia siglato per conto degli Stati membri un nuovo contratto con Pfizer e Biontech per ulteriori 1,8 miliardi di dosi da consegnare tra la fine di quest' anno e il 2023. L'accordo prevede esplicitamente che almeno metà della fornitura riguardi un vaccino adattato per combattere le varianti. Anche Washington si sta muovendo nella stessa direzione.

 

vaccino astrazeneca

A luglio il governo Usa si è assicurato altri 200 milioni di dosi Pfizer, per metà da consegnare tra ottobre e dicembre. Il valore di questi due maxi contratti supera i 40 miliardi di dollari, pari a circa 33 miliardi di euro che verranno incassati, e divisi in parti uguali, da Pfizer e Biontech, le due aziende alleate nella produzione del vaccino a Rna messaggero, di gran lunga il più diffuso nel mondo. Mentre le grandi economie si assicurano nuove scorte, le forniture ai Paesi a basso reddito scontano ritardi e incertezze.

 

CONSEGNE PER IL PIANO COVAX

Le Nazioni Unite hanno creato una struttura, denominata Covax, per coordinare la distribuzione dei vaccini agli Stati più poveri del globo, una novantina in tutto. Finora però la cooperazione internazionale, sostenuta tramite donazioni da governi e da fondazioni private come quella di Bill Gates, e dalle stesse aziende produttrici, ha dato risultati inferiori alle attese. L'obiettivo di partenza dell'organizzazione sotto l'ombrello dell'Onu era quello di consegnare almeno 1,5 miliardi di dosi entro la fine di quest' anno, pari comunque a non più del 23 per cento del fabbisogno dei 92 Paesi coinvolti.

 

moderna vaccino coronavirus

A metà agosto però Covax viaggiava ancora intorno a quota 200 milioni, in ritardo rispetto alla tabella di marcia che prevede di distribuire almeno 300 milioni di dosi al mese nell'ultimo trimestre dell'anno. Anche le multinazionali del farmaco si sono impegnate a sostenere il programma Onu con forniture a prezzo di costo.

 

AstraZeneca, che si era affidata al produttore indiano Serum Institute, nei prossimi mesi difficilmente riuscirà a tener fede agli impegni per via del blocco all'export imposto dal governo di Nuova Delhi. Pfizer e Biontech hanno invece siglato un contratto con Washington per la vendita di 500 milioni di dosi che verranno poi donate attraverso il canale Covax.

 

ASTRAZENECA UE

Si prevede però che solo il 40 per cento della fornitura giunga a destinazione prima della fine dell'anno. I dati più aggiornati confermano quindi che la macchina degli aiuti internazionali stenta a decollare. I singoli Paesi appaiono ancora troppo concentrati sulla gestione dell'emergenza in casa propria per destinare risorse supplementari alle crisi, per quanto gravi, di lontani territori dell'Africa o dell'Asia.

 

E se i governi guardano altrove è difficile aspettarsi granché anche dalle multinazionali del farmaco, che notoriamente non hanno la beneficenza tra i propri obiettivi prioritari. I conti dei primi sei mesi dell'anno pubblicati di recente dalle aziende impegnate nella produzione del vaccino confermano che il Covid-19 si è trasformato in un gigantesco volano di profitti per pochi grandi marchi.

coronavirus vaccino moderna 2

 

Del gruppo dei vincenti non fa parte Astra Zeneca, frenata dagli incidenti di percorso legati ai ritardi nelle forniture e alla risonanza mediatica di alcuni casi di gravi reazioni avverse al siero antivirus. Il vaccino prodotto dall'azienda anglo-svedese ha fruttato 1,1 miliardi dollari (930 milioni di euro) di vendite supplementari tra gennaio e giugno. Numeri molto inferiori al leader Pfizer che nel primo semestre dell'anno ha visto crescere del 68 per cento i propri ricavi rispetto allo stesso periodo del 2020.

 

roma vaccinazione anti covid 19 per i maturandi 3

L'aumento è dovuto quasi per intero alle vendite del vaccino contro il Covid, che hanno fruttato 11,3 miliardi di dollari, cioè circa 9,5 miliardi di euro. Il gruppo Usa, lo stesso che una ventina di anni fa conobbe un improvviso boom grazie alle pilloline blu del Viagra, ha guadagnato 11 miliardi in sei mesi, mentre l'alleato tedesco Biontech, fino all'anno scorso una piccola azienda di biotecnologie, a giugno aveva in cassa qualcosa come un miliardo di liquidità frutto di profitti per 3,9 miliardi di euro in un semestre.

 

Moderna, l'altro produttore di un vaccino a Rna messaggero, segue a breve distanza con ricavi per poco meno di 6 miliardi di dollari (5,1 miliardi di euro) e utili per 4 miliardi di dollari (3,4 miliardi di euro). Siamo solo all'inizio, perché le forniture legate alla terza somministrazione in Europa e negli Stati Uniti daranno nuova spinta agli affari.

politica e vaccino negli usa

 

Pfizer, per dire, a luglio ha alzato le sue previsioni di ricavi per il 2021 da 26 a 33,5 miliardi di dollari. Le case farmaceutiche non hanno mai fatto chiarezza sul prezzo di vendita della singola dose, ma secondo voci di mercato, Pfizer e anche Moderna negli ultimi contratti di fornitura, compreso quello con la Ue annunciato l'anno scorso, avrebbero spuntato compensi ancora maggiori rispetto agli accordi precedenti.

CONSEGNE COVAX

 

Nuovi profitti in vista, quindi, cavalcando ovunque nel mondo la grande fame di vaccini, mentre cadono nel vuoto gli appelli a sospendere i brevetti per aumentare la produzione del siero anticovid. Non c'è pandemia che tenga, Big Pharma ha vinto ancora. Nel nome degli affari.

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