ghost in the shell

IL CINEMA DEI GIUSTI - SCARLETT JOHANSSON NEI PANNI DI MOTOKO KUSANAGI E’ MERAVIGLIOSA IN QUESTO “GHOST IN THE SHELL” - NUDA MA SENZA SESSO, COI CAPELLI NERI TAGLIATI CORTI, GLI OCCHIONI SEMPRE APERTI, CHE SI BUTTA NEL VUOTO CON LE PISTOLE IN MANO - MA HA SCATENATO LE CRITICHE DI CHI VOLEVA UN’EROINA ASIATICA

Marco Giusti per Dagospia

GHOST IN THE SHELL    GHOST IN THE SHELL

 

La cosa più sorprendente è la costruzione di Scarlett Johansson come Motoko Kusanagi, il Maggiore, killer cibernetico della Sezione 9, l’eroina animata che di umano ha solo la mente, di uno dei manga più famosi di ogni tempo, Ghost in the Shell o Kokaru Kidotai, ideato e disegnato nel 1989 da Masamune Shirow e portato al cinema con estremo successo nel 1995 da Mamoru Oshii. Un classico insuperabile.

 

Non c’è trentenne in tutto il mondo che non abbia visto il film. Io, personalmente, non capii molto del manga allora e non capisco granché ora che storia, film e personaggio vengono riproposti in questa nuova versione ricca e internazionale dal vivo, Ghost in the Shell, diretta dal Rupert Sanders buon illustratore di Biancaneve e il cacciatore, prodotta da Avi Artad e Steven Paul per la Dreamworks (la Disney si è defilata) e scritta da un esercito di sceneggiatori che ci hanno lavorato fin dal 2008, cioè da quando Steven Spielberg pensò al progetto.

GHOST IN THE SHELL   GHOST IN THE SHELL

 

Proprio il via vai di sceneggiatori, il primo fu il Jamie Moss di Prendimi se ci riesci, poi, fra i tanti, Laeta Kalogridis, William Wheeler, Ehren Kruger e infine il Jonathan Herman del rapper movie Straight Outta Compton, alla fine lo firmano in tre, dimostra quanto non sia stato facile portare al cinema il progetto e una certa sofferenza produttiva. Inoltre le scene più riuscite sono proprio quelle ricostruite paro paro dal vecchio film di Mamoro Oshii che non credo abbiano avuto bisogno di grande lavoro di sceneggiatura.

 

GHOST IN THE SHELL GHOST IN THE SHELL

Ma Scarlett, meravigliosa, nuda ma senza sesso, coi capelli neri tagliati corti come la vecchia Motoko, gli occhioni sempre aperti, che si butta nel vuoto con le pistole in mano, già nel trailer spaccava di brutto. E anche se non è né cinese né giapponese, e questo ha causato un bel casino per il cosiddetto whitewashing del personaggio, spacca ancor di più se pensiamo che è stata l’eroina aliena di Under the Skin di Jonathan Glazer, un capolavoro non capito dai critici italiani a Venezia, o la killer Lucy per Luc Besson, o Black Widow, o la voce di Her di Spike Jonze, o solo la Scarlett anti-Trump coi capelli corti del web.

 

GHOST IN THE SHELLGHOST IN THE SHELL

Magari anche Margo Robbie sarebbe stata perfetta, ma Scarlett aggiunge al personaggio una sua memoria di film che ci piacciono parecchio. Così la sua ricerca di identità, una volta che scopre, nel non così distante 2029, che il passato che pensa di ricordare non è vero, ma le è stato imposto, mentre quello vero le è stato rubato assieme alla sua giovinezza, per costruire il primo soldato cibernetico del suo genere, diventa ancor più complessa e interessante.

 

Perché il Maggiore si porta dietro anche tutto il cinema di Scarlett. Al punto che la frase e moraluccia del film “Noi pensiamo che sia la nostra memoria a definirci. Non è vero. E’ ciò che facciamo che ci definisce” diventa davvero fondamentale per la ri-costruzione della Motoko-Scarlett.

 

GHOST IN THE SHELL  GHOST IN THE SHELL

I fan ritroveranno nel film anche molti dei personaggi storici del manga, da Batou, fedele soldato del Maggiore, interpretato dal danese Pilou Asbaek, Kuze, capo dei terroristi, interpretato da Michael Pitt, ma ci sono anche Michael Wincott in un cameo, Juliette Binoche come dottoressa e Takeshi Kitano come buffo maestro. Visivamente, grazie alla scenografia di Jan Roelfs, ai costumi di Kurt and Bart (Hunger Games), alla fotografia di Jess Hall (Grindhouse), il film è molto bello, soprattutto nella ricostruzione della città del futuro, New Port City, mentre come storia, francamente, non si segue molto bene.

 

E alla fine, come scrive Peter Brasdshow nel Guardian, c’è più guscio (shell) che anima (ghost). Musica però, di Lorne Balfe e Clint Masell, notevole. E Scarlett, pagata qualcosa come 10 milioni di dollari per interpretare il Maggiore, anche se ha scatenato le critiche di chi voleva un’eroina asiatica (ma chi avrebbe potuto farlo con la stessa popolarità e la stessa storia cinematografica?), quando si butta a testa in giù volando è un mito difficilmente raggiungibile. In sala dal 30 marzo. 

 

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