ALLEGRI MA NON TROPPO! – DAGLI SCAZZI CON VIGILI E CARABINIERI AGLI INSULTI A ORIALI: TUTTE LE SBROCCATE DI MAX ALLEGRI, LIVORNESE DI SCOGLIO SEMPRE INCAZZOSETTO – “LA STAMPA”: ‘ACCIUGA’ NON CONSIDERA L’OPZIONE DI TRATTENERSI E CON IL CRESCENDO DI OFFESE SI ESPORTA ANCHE UN TIPICO SIPARIETTO ITALIANO IN CUI UN UOMO DI 58 ANNI (LUI) DÀ DEL VECCHIO A UNO DI 73 (ORIALI). ALLEGRI NON GRAFFIA, LITIGA CON SE STESSO, MA DOVREBBE RICORDARSI DI ESSERE UN PO’ VECCHIO ANCHE LUI. ALMENO PER QUESTE COSE…” – PER GLI INSULTI A ORIALI MAX SE LA CAVA CON DIECIMILA EURO DI MULTA
Allegri è indubbiamente uno dei 3 top allenatori della storia della Juventus, con questa sequela di insulti a Oriali diventa indiscutibile il più grande gobbo di tutti i tempi pic.twitter.com/7wzzGoJEXd
— Cavallo Bianconero (@CavBiancoNero3) December 19, 2025
CALCIO: 'OFFESE A ORIALI', PER ALLEGRI MULTA DA 10.000
max allegri contro lele oriali 2
(ANSA) - ROMA, 20 DIC - Una multa da 10.000 euro: e' quanto ha deciso il Giudice sportivo della Serie A nei confronti di Massimiliano Allegri, allenatore del Milan, a seguito della semifinale di Supercoppa persa col Napoli.
Allegri, secondo la denuncia del club partenopeo, aveva offeso Lele Oriali, collaboratore di Conte. Per il giudice, Gerardo Mastrandrea, Allegri - da quanto rilevato dagli ispettori della procura federale - ha "assunto un atteggiamento provocatorio nei confronti di un dirigente della squadra avversaria, al quale rivolgeva ripetutamente anche espressioni offensive".
Articolo di Giulia Zonca per “La Stampa” - Estratti
max allegri contro lele oriali 1
Ora gli insulti sono tutti vestiti, quasi abbottonati: Allegri li sputa fuori, uno dopo l’altro, secchi, asciutti, mirati contro Oriali, dentro un Napoli-Milan di Supercoppa a Riad che potrebbe pure essere un’altra partita, in un posto diverso.
Non è mai il contesto che porta Allegri oltre il limite, è sempre il suo modo di viverlo: Acciuga arriva di continuo alla lisca, alla spina dorsale dei nervi che lo tengono su, lo animano, lo definiscono, ma lo rendono pure tutto uno spillo, solo estremi appuntiti da infilzare e più nulla che li motivi. Ogni intenzione polverizzata dallo scatto.
Poco importa che stavolta non ci siano striptease: il livornese esce fuori con il cappotto tre quarti bello tirato sulle spalle. Cravatta e camicia stanno al loro posto e del resto ormai da parecchio Allegri fa roteare la giacca solo se vince, nello sfogo recriminatorio, anche se quello di puro scarico da frustrazione ha la stessa vena di assurdità.
(...) Nel melodramma dell’addio alla Juve era chiaro il processo. Anni a reggere situazioni traballanti, a incamerare comunque dei trofei, a spremere il peggio e dargli una forma, per quanto brutta a vedersi, e poi la società si sbarazza di lui come se fosse il centro di ogni male. Basta guardare i risultati successivi per recuperare il senso reale di quei mesi, ma la consapevolezza non si sovrappone all’eccesso. Restano due piani distinti, resta il suo profilo agitato tra le panchine, una premiazione devastata per esibire una protesta.
Aveva sopportato tanto e non ne poteva più, la difesa non regge però almeno esiste, mentre l’altra sera, in Arabia Saudita, Allegri si infastidisce e basta. Non considera l’opzione di trattenersi e con il crescendo di offese si esporta anche un tipico siparietto italiano in cui un uomo di 58 anni dà del vecchio a uno di 73 e aggiunge molto altro in un circuito chiuso completamente antimoderno.
Non è una lingua contemporanea, anche se Allegri la lega al mestiere che fa, ai costanti scambi di provocazione. La panchina del Napoli con la dialettica frignona ci gioca spesso, basta riguardare certi gesti lanciati a Lautaro nell’ultima sfida con l’Inter, ma qualsiasi tentativo di tracciare una logica è puro esercizio di stile lì dove ormai esiste solo stizza.
Per Allegri un’abitudine diventata dipendenza da ira manifesta, una ipotetica ironia che ha perso la brillantezza: è rimasta solo ingiuria. Non è il momento in cui perde le staffe, è la decisione, a freddo, di non usarle proprio.
Nulla ha che fare con l’allenatore che è Allegri, né con i risultati ottenuti e ancora meno con i meriti, è un limite eletto a sistema. All’inizio è stato archiviato come schiettezza livornese, solo che la cittadinanza dello sbrocco ha aggiunto un lasciapassare posticcio. Ovviamente non c’è traccia di umorismo nel dare dei «falliti» ai poliziotti che cercano di multarti perché sei senza patente ed è solo cattivo gusto citare le Brigate Rosse.
massimiliano allegri al cagliari
Allegri non si consegna al proprio lato oscuro solo in campo, gli succede di continuo: parole che slittano, pensieri che inciampano e il rischio di aggravare la situazione nel tentativo di tornare a un codice del pallone superato dai tempi.
«Sono cose di campo», invece non restano lì e se ormai ci sono una quarantina di microfoni lungo il perimetro del calcio è difficile far finta di non sentire e di sicuro, nel mazzo del vilipendio, ci sarà chi merita l’affronto, ma se è costante diventa inutile andare a ricercare la genealogia dei rapporti dentro il melodramma. Lo sfogo ormai si è ingigantito e viaggia in autonomia, si innesca quando non lo si aspetta, come reazione classica a una pressione quotidiana. E se emerge è «cosa di campo». Non serve svegliare lo scandalo, perché gli slittamenti di Allegri non sono eccezionali, si ripropongono a cadenza fissa, un meccanismo, una lisca che arriva su fino in gola e lì può solo essere sputata. Con o senza giacca.
MASSIMILIANO ALLEGRI E I VIGILI URBANI
(...) Allegri non graffia, litiga con se stesso, con il profilo elettrico di Acciuga che dovrebbe ricordarsi di essere un po’ vecchio anche lui. Almeno per queste cose





