IL MISTERO DEI DUE MARATONETI MORTI NEL SONNO A POCHI GIORNI DI DISTANZA: ORA SI INDAGA SUI CERTIFICATI MEDICI – L’OMBRA DEL DOPING ESCLUSA DALL’AVVOCATO DI UNA DELLE DUE VITTIME, ANNA ZILIO: “NON SCHERZIAMO. SONO SICURO CHE ENTRAMBI NON ASPIRASSERO A DIVENTARE PROFESSIONISTI” (ANCHE A LIVELLO AMATORIALE PERO’ LE PRATICHE DOPANTI SONO RICORRENTI) - DA ALCUNE FONTI INVESTIGATIVE EMERGONO CERTE IRREGOLARITÀ NEI CERTIFICATI MEDICI, CHE LEI STESSA INSERIVA NEL SISTEMA INFORMATICO COLLEGATO ALLA FIDAL - AL SETACCIO I NULLA OSTA MEDICI PER PARTECIPARE ALLE GARE – GLI APPROFONDIMENTI CLINICI CONSIGLIATI ALLA DONNA NEL 2021…
Brunella Giovara per “la Repubblica” - Estratti
La parola tabù la pronuncia infine l'avvocato Pezzotti: «Doping? Ma non scherziamo!», e si farebbe una bella risata, non si fosse al centro di una doppia tragedia. Ieri infatti si seppelliva un padre di famiglia, e atleta, questo Alberto Zordan trovato morto nel letto dalla moglie, domenica scorsa, la mattina presto.
Sulla bara, una corona di fiori bianchi e le sue scarpe da corsa, di un verde fosforescente.
È stato un malore, come si dice sempre. Un infarto, il cuore. Ma le stesse persone che ieri riempivano la parrocchia di Sovizzo, proprio le stesse un mese fa erano a Verona al funerale di una donna di 39 anni, atleta pure lei, quella Anna Zilio trovata morta nel suo letto, era il 13 ottobre.
Tesserata per la stessa società, e «io non trovo una spiegazione logica a tutto questo. La nostra attività va avanti da vent'anni, e non è mai successo niente, con 700 iscritti…», così dice Emanuele Marchi, titolare del team Km Sport, negozio specializzato per runner e insieme società amatoriale di marciatori, maratoneti, ciclisti e appassionati di triathlon con sede a San Martino Buon Albergo, periferia di Verona.
«Non erano malati, ne sono sicuro. Avevano i certificati medici…», e su questo punto preciso (i certificati necessari per qualunque attività sportiva) stanno lavorando due procure (Vicenza e Verona), e gli investigatori sul campo, che cercano di capire la strana storia di due sportivi non professionisti, che «si conoscevano appena, e non si allenavano certo insieme», spiega l'avvocato Pezzotti, incaricato dalla famiglia Zilio si seguire l'inchiesta sulla morte della figlia.
E perché non potrebbe essere un caso di doping? «Perché sono sicuro che non aspirassero a diventare professionisti, data l'età e anche le prestazioni». Doparsi perché, a 48 e 39 anni, e per arrivare dove? «La vittoria per noi amatori è raggiungere un obiettivo personale», diceva ieri dal pulpito un compagno di squadra, un attimo prima che il coro attaccasse "Signore delle cime". Intorno, molte lacrime.
Anna però andava forte. «Si allenava tutti i santi giorni, 10-15 chilometri al giorno. Per lei correre era vivere, e per quello viveva», racconta Fernanda Braga nel negozio di San Martino.
«E noi eravamo la sua famiglia allargata», infatti campeggia ancora e nessuno la toglierà mai, la foto sorridente proprio dietro le casse, una bella ragazza in canottiera con il tricolore sulla spalla, «per lei era inconcepibile non correre anche solo un giorno».
E può, una passione così forte (altra parola chiave della storia, ma non tabù come doping), condurre a un passo falso? Forse sì, se da alcune fonti investigative emergono certe irregolarità nei suoi certificati medici, che lei stessa inseriva nel sistema informatico collegato alla Fidal.
«Anna lavorava in negozio, ma aveva anche un contratto come segretaria della società per la gestione dei tesseramenti, l'inserimento dei certificati medici e altre pratiche», dice Marchi. «Gestiva tutto lei, e controllava che tutto fosse in regola», perché ogni atleta che voglia iscriversi a una gara deve essere in regola, sennò non può partecipare, niente pettorale. «Ci siamo sempre fidati, né potevamo controllare chi aveva la delega al controllo».
Marchi dice anche di aver controllato il certificato medico di Zordan, che risulta spedito e in scadenza il prossimo gennaio. E quello di Anna? «Lo aveva lei». Risultava però in regola, sennò non avrebbe potuto partecipare alla "StrArzignano" (10 chilometri), alla "30 Trentina", alla "Belluno-Feltre" (e pure a una 100 chilometri in Olanda, qualche mese fa).
«La famiglia è certa della sua salute, sennò non avrebbe corso 100 chilometri», dice Pezzotti. Aggiunge «il sospetto che avesse qualche problema fisico, come succede ai calciatori, che stanno benissimo e poi crollano sul campo, per qualche patologia non diagnosticata…». Ma lei è morta a riposo, nel sonno, così come Alberto Zordan. «Aspettiamo l'esito dell'autopsia, ma escluderei il doping».
La squadra mobile di Verona ha controllato accessi e validità dei documenti inseriti nel computer della società, a partire da quelli della Zilio.
«Stavano bene tutti e due. Alberto lo conoscevo appena», dice Marchi, «ma Anna era un'amica vera, con cui lavoravo tutti i giorni. E non ha mai fatto un giorno di malattia».
Solo nel 2021 aveva dovuto fermare la sua passione, ma era stato per pochi mesi appena: «Alla visita le avevano consigliato alcuni approfondimenti clinici, nuovi esami. Poi era arrivata con un nuovo certificato, ottenuto in uno studio medico di San Martino.
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