dorfles 5

"LA VITA OLTRE I 100? CI SI ANNOIA, PERCHE’ SI FATICA A LEGGERE", GIN-GILLO DORFLES MEMORIES- LE PARTITE A BOCCE CON SVEVO, SABA "BURBERO", “ARTU’” TOSCANINI CHE "AMAVA LE DONNE,  ANCHE TROPPO" E LA ROTTURA CON MONTALE - INCONTRAI UN EBREO LIVORNESE QUINDICENNE, SOPRAVVISSUTO A DACHAU E A BUCHENWALD: MI RACCONTÒ CHE ERANO COSTRETTI A CIBARSI DEI COMPAGNI MORTI''

Dorfles

Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera

 

È nato austroungarico, suddito dell' imperatore Francesco Giuseppe. Ha giocato a bocce con Italo Svevo, comprato libri da Umberto Saba, litigato con Eugenio Montale. Suo suocero era molto amico di Giuseppe Verdi.

 

Ha ascoltato la bisnonna raccontargli le Cinque Giornate di Milano; è andato in barca sui Navigli. Sua moglie arrivò all' altare al braccio di Arturo Toscanini.

SVEVO

 

Gillo Dorfles tra due mesi compirà 108 anni.

Ma non è soltanto un uomo molto vecchio. È uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento, testimone delle avventure artistiche, scientifiche, letterarie del nostro Paese.

 

Questo fa di lui un prodigio e un enigma. Prodigiosa è la sua memoria, più per le cose lontane che per quelle vicine, come i dannati di Dante. Quando gli mancano un nome o un dettaglio, si fa aiutare dal nipote Piero, o controlla sul suo ultimo libro, Paesaggi e personaggi (Bompiani) .

 

«Il mio vero nome è Angelo, ma nessuno mi ha mai chiamato così. I Dorfles sono una famiglia di origine austriaca, trasferita a Gorizia: mio nonno era presidente del teatro Verdi, molto fiero di avervi portato Eleonora Duse.

 

Gillo Dorfles

Sono nato a Trieste il 12 aprile 1910. Ricordo la città pavesata di bandiere gialle e nere con le aquile, i colori dell' impero. Quasi ogni giorno uscivo in passeggiata con mia madre. Incontravamo un pope barbuto, un prete greco, che mi vezzeggiava: questo mi faceva sentire importante. E passavamo dalla libreria antiquaria di via San Nicolò, gestita da un uomo burbero: " Cos' ti vol picio? No xe roba per ti !". Era Umberto Saba. Non vidi l' arrivo dei marinai italiani, nel novembre di cent' anni fa; durante la Grande Guerra la mamma mi aveva portato a Genova, dov' era nata. Mio padre, irredentista, era al confino a Vienna. Ma il liceo lo feci a Trieste: il Dante Alighieri. Linuccia, la figlia di Saba, divenne una delle mie più care amiche.

 

Andavo a casa sua almeno due pomeriggi a settimana; e se il padre mi sopportava a malapena, la madre, Lina, era molto gentile. Poi Linuccia si fidanzò con un ragazzo meraviglioso, Bobi Bazlen: fu lui a farmi scoprire Proust, Kafka e soprattutto Joyce. Andavamo a lezione da un professore che l' aveva conosciuto e ci spiegava l' Ulisse , allora ignoto in Italia» .

 

dorfles

«Irredentisti e nazionalisti si trovavano a casa di Elsa Dobra, sorella di Elodie Stuparich, una delle muse di Scipio Slataper: il "barbaro sognante", l' eroe del Carso. Io frequentavo il salotto di Olga Veneziani, che aveva una fabbrica di vernici sottomarine: una signora dal carattere terribile, che mal tollerava le prove letterarie del genero, Ettore Schmitz, che nessuno conosceva ancora come Italo Svevo. Con lui facevamo gite sul Carso, giocavamo a bocce nelle locande. Il mio primo articolo sul Corriere della Sera , chiestomi da Dino Buzzati, raccontava proprio casa Veneziani. C' era una giovane pittrice, Leonor Fini, eccentrica e vistosa; un mio professore ci vide camminare a braccetto e telefonò a mia madre allarmatissimo: "Suo figlio si accompagna a donne di malaffare!".

arturo toscanini

 

Ai bagni Savoia diventai amico di Leo Castelli, che avrei ritrovato a New York, divenuto il più grande mercante d' arte del secolo. Un nipote di Svevo sposò una pittrice, Anna, che sarà la mamma di Susanna Tamaro; che quindi è pronipote dello scrittore».

 

LA MILANO DEI NAVIGLI

«Da bambino andavo a trovare mia bisnonna, che abitava in corso Venezia, nel palazzo con le quattro colonne al numero 34, costruito da mio prozio. La bisnonna era stata amica di Carducci e mi parlava del Risorgimento: lei c' era. Cent' anni fa Milano era ancora un borgo tranquillo, circondato da orti e cascine. I Navigli erano bellissimi, interrarli è stato un errore. Abituato a città nautiche come Trieste e Genova, Milano mi parve una città d' acqua. Fu un incontro fatale. Passeggiavo lungo il Naviglio che ora è via Senato, andavo in barca nel laghetto di San Marco. Più tardi cominciai a frequentare gli artisti, in particolare Lucio Fontana. Lo vedevo spesso, studiava a Brera con Adolfo Wildt; non tagliava ancora le tele, faceva statue di ceramica, ma era già un grande. Andavo ai concerti con Fausto Melotti e suo cognato Gino Pollini, l' architetto» .

 

L’ELETTROSHOCK

dorfles toscanini saba

Nonostante la passione per l' arte, mi sentivo obbligato a prendere una laurea seria, e mi iscrissi a Medicina. Volevo diventare psichiatra come Ugo Cerletti, l' inventore dell' elettroshock. Fu lui a insegnarmi come si fa: si mettono due elettrodi alle tempie del paziente, la scossa elettrica gli fa perdere coscienza. Era molto impressionante. Dava qualche risultato, ma si usava anche quando non ce n' era bisogno. Dopo tre anni a Milano mi trasferii a Roma, dove fui allievo e assistente di Cesare Frugoni. Ricordo i primi pazienti che interrogai. Un paranoico si credeva Gesù. Un uomo raccontava di aver partorito quattro gemelli di dieci chili l' uno. Un altro viveva in uno stato di priapismo continuo, e disegnava ovunque maialini. Capii che il mio mestiere non era la medicina, ma l' estetica».

 

ARTU’ TOSCANINI

«Alla Scala mi portò per la prima volta lo zio Ernesto: era sordo, ma se sedeva in prima fila con la trombetta d' argento riusciva a sentire qualcosa. C' era Toscanini, dirigeva il Falstaff.

 

maria luisa spaziani eugenio montale

Io ero fidanzato con Lalla Gallignani, la figlia di Giuseppe, un faentino legato a Verdi che l' aveva portato a Milano per dirigere il conservatorio. Alla sua morte, Toscanini divenne il tutore di Lalla. Fu lui a portarla all' altare quando ci sposammo.

 

"Artù", come amava firmarsi, era pieno di umanità, molto alla mano; innamorato delle donne, anche troppo. Suo figlio Walter fu testimone di nozze, il ricevimento lo facemmo a casa Toscanini, in via Durini, e andammo in viaggio di nozze all' Isolino, l' isola nel Lago Maggiore di sua proprietà. Le figlie, Wally e Wanda, avevano ereditato l' esuberanza del padre. Dopo la guerra rividi "Artù" a New York. Era molto stanco, ma alle prove gli errori dell' orchestra lo rinvigorivano: "Corpo di una madonnaccia!" urlava gettando la bacchetta».

 

IL SUPERSTITE DEI LAGER

DORFLES COVER

«Avevo fatto il militare nel Nizza Cavalleria.

Avrei preferito il Savoia, per via delle divise, ma l' impiegato a cui mi ero fatto raccomandare fece confusione. In cavalleria non era obbligatorio il saluto fascista, con mio grande sollievo, perché detestavo il Duce. Allo scoppio della guerra non fui richiamato alle armi, avevo già compiuto trent' anni. Sfollammo in un casolare in Toscana, ma andavo spesso a Firenze, alle Giubbe Rosse. Un testimone mi parlò di piazzale Loreto: non riuscivano a fucilare Starace, catturato in pantofole, perché c' era troppa gente, per sparargli dovettero distenderlo sopra il corpo di Mussolini. L' anatomopatologo Cattabeni, amico e collega, mi disse che dall' autopsia emerse che il Duce stava benissimo, a parte le cicatrici di un' ulcera; le malattie che gli attribuivano erano leggende. Incontrai un ebreo livornese quindicenne, sopravvissuto a Dachau e a Buchenwald: mi raccontò che erano costretti a cibarsi dei compagni morti. E vidi passare la brigata ebraica, con la stella di David - gialla su fondo biancoazzurro - ostentata con baldanza» .

 

DORFLES

MONTALE E LA MOSCA

« Montale me lo presentò Bazlen a Trieste: fu Eugenio, che chiamavamo Eusebio, a far conoscere Svevo ai lettori italiani. Lo rividi poi a Genova, a Firenze, a Milano, nella sua casa di via Bigli. Stava con la Mosca, che in realtà si chiamava Drusilla Tanzi, ed era terribilmente gelosa di lui. Teneva mia moglie per ore al telefono per lamentarsi delle rivali, fino a quando Lalla osò dire: "Ma perché non lo lasci un po' in pace?". Da un giorno all' altro la mia amicizia con Montale finì. Recuperammo in parte solo dopo la morte della Mosca, nel '63».

 

LA MILANO DI OGGI

«Tutto questo slancio, chiedo scusa, non lo vedo. Dopo la Seconda guerra mondiale Milano era diventata la capitale culturale d' Italia, soppiantando Torino, Firenze, Roma. Con Munari e Soldati fondammo l' arte concreta. C' erano il design e la grande editoria: Sereni, Vittorini, che oltretutto era un uomo affabile, a differenza di Moravia, un po' presuntuoso. Ora la società letteraria non esiste più, e non vedo nuovi protagonisti. L' ultimo è stato Umberto Eco ».

UMBERTO ECO 1

 

LA LONGEVITA’

«Com' è la vita oltre i cent' anni? Non amo l' argomento. Ci si annoia, perché si fatica a leggere. Le novità mi piacciono, ho anche preso il cellulare. Non sono morigerato, ho sempre mangiato le cose che mi piacevano: gli gnocchi alla romana, i carciofi, i tartufi; e i fritti. Sono un discreto cuoco, specialità fiori di zucca.

 

Ho sempre bevuto vino rosso, ho una passione per il cannonau. Una volta lo dissi in tv e vari produttori sardi mi mandarono a casa una cinquantina di bottiglie. Poi purtroppo hanno smesso».

 

DORFLESMONTALE BENEMONTALEDORFLES

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)