
SINNER-CAHILL, LA COPPIA NON SCOPPIA! LA PENSIONE PUO’ ATTENDERE PER IL COACH CHE HA REALIZZATO IL GRANDE SLAM IN PANCHINA, CONTINUERA' AL FIANCO DI JANNIK: VIAGGERÀ MENO (SUA RICHIESTA) E VAGNOZZI ANDRÀ AIUTATO. MA A MELBOURNE, IL PROSSIMO GENNAIO, SARÀ AL SUO POSTO – CAHILL, CHE HA VINTO TUTTI I MAJOR DA ALLENATORE, PARLANDO CON DJOKOVIC, HA PORTATO JANNIK AL TOP…
Gaia Piccardi per corriere.it - Estratti
darren cahill e simone vagnozzi foto mezzelani gmt 729
«Conoscevo Jannik come giocatore ma non come persona. Mi ha impressionato. È umile, spiritoso, ben educato e pieno di passione per il tennis. Queste sono le doti umane più importanti per me. Poi viene l’atleta, le cui qualità sono sotto gli occhi di tutti».
Nel luglio 2022, Darren Cahill da Adelaide, figlio di John grande ex del rugby australiano (dal padre ha imparato la disciplina dello sport e le regole dello spogliatoio), n.22 del ranking Atp nel 1989, due titoli in carriera, descriveva così il futuro re di Wimbledon nella prima intervista al Corriere, che chiudeva il periodo di prova come super coach nella squadra del migliore prospetto italiano.
simone vagnozzi jannik sinner darren cahill
Eravamo a Wimbledon, Jannik il giorno prima aveva perso nei quarti con il 7 volte campione Novak Djokovic, dopo essere stato in vantaggio di due set. Uno snodo fondamentale nel percorso di crescita del ragazzo; anzi di più: un mattone-chiave dell’impresa di domenica sul centrale, con Alcaraz. Il perché lo spiega Cahill: «Dopo quel match chiesi a Novak un colloquio: volevo sapere cosa pensasse di Jannik. Fu onesto, e brutale: gioca troppo piatto, è prevedibile, non varia abbastanza i colpi, tira forte ma so sempre in anticipo dove». È da quella pagella spietata, stilata dal migliore che quell’anno avrebbe conquistato il suo ultimo Wimbledon, che il lavoro dell’australiano con l’allievo cominciò.
darren cahill e simone vagnozzi foto mezzelani gmt 728
Ed eccoli lì, tre stagioni dopo, con la coppa più prestigiosa dell’orbe tennistico in mano. Darren, classe ‘65, è il signore con il cappellino da pescatore in testa che abbraccia Jannik come un figlio; a New York aveva pianto, a Londra ha recuperato chissà dove una cravatta scozzese ed è andato al ballo dei vincitori con il suo «mate», cioè amico-socio nello slang aussie, il giocatore che gli ha permesso di realizzare il Grande Slam in panchina: Australian Open (Agassi 2003, Sinner 2024 e 2025), Roland Garros (Halep 2018), Wimbledon (Sinner 2025), Us Open (Hewitt 2001, Sinner 2024). «Dire che sono felice è un eufemismo — ha detto nella notte del trionfo —. Ho creduto dal primo giorno che Jannik avesse un gioco da erba».
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È entrato nel team in punta di piedi, con la sensibilità di un uomo che era stato capace di confessare pubblicamente un periodo di depressione: aveva perso 13 kg, chiesto aiuto. È entrato subito in sintonia con Sinner, che lo vede come un secondo papà globetrotter, in grado di saperlo ascoltare anche su temi extrasportivi, ed è stato feeling con Simone Vagnozzi, il tecnico del lavoro quotidiano sul campo, l’altra molecola della formula vincente.
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Benjamin, il primogenito di Chaill, è del 2001, come Sinner. È chiaro che tra atleta e coach sono nate dinamiche padre-figlio, l’affetto è palpabile, Darren sa con quali parole rivolgersi a Jannik e si è fatto una risata quando a Melbourne il n.1 si è fatto scappare che andrà in pensione a fine stagione. «L’ho perdonato: mi è bastato vedere con quale faccia buffa è venuto a scusarsi!».
Alla vigilia della finale con Alcaraz non è stato difficile, per il coach, inventarsi un giochino super motivante per Jannik: se vinci Wimbledon sarai tu a decidere se a fine anno smetto di allenare. Resterà, ovviamente. La coppia non scoppia anche se Cahill viaggerà meno (sua richiesta) e Vagnozzi andrà aiutato. Ma a Melbourne, il prossimo gennaio, sarà come se nulla fosse cambiato.
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