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LUNGA VITA A TYSON! ANCHE SE SI E’ DATO UNA RIPULITA, “IRON MIKE” A 50 ANNI RIMANE IL PIU’ CATTIVO DI TUTTI: “VOTERÒ TRUMP PERCHÉ NEI CONFRONTI DI UN BASTARDO COME ME HA SEMPRE MOSTRATO RISPETTO E MI HA STRETTO LA MANO. A DIFFERENZA DI OBAMA”

Fausto Narducci per “Sportweek” pubblicato dal “Foglio del lunedì”

TYSON DESIREE WASHINGTONTYSON DESIREE WASHINGTON

 

Non ci resta che Tyson, l’ex cattivo che ha messo la testa a posto. Per carità, nessuno potrebbe mai osare solo pensare che nel cuore degli appassionati di boxe (e non solo) ci potrà mai essere un sostituto di Muhammad Ali. Anzi, per molti suonerebbe quasi come una bestemmia paragonare al Più Grande colui che al massimo si è meritato il titolo di Più Violento.

 

Eppure dovremo farcene tutti una ragione. Non c’è Mayweather che tenga: almeno in termini di popolarità, carisma, capacità di smuovere le folle e portare la boxe là dove non osano i pugili, il miglior nome da spendere è quello di Iron Mike, l’ex galeotto ma anche il più giovane campione del mondo della storia dei massimi.

 

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In una serie di opuscoli biografici pubblicati in estate con la Gazzetta li avevamo presentati proprio così fin dal titolo, il Buono e il Cattivo, l’angelo del ring che incontra il demonio, le due facce della fede islamica. Ma ad accomunarli, oltre all’estrazione sociale e alla categoria, c’era pur sempre quell’avversario in comune, Trevor Berbick, con cui Muhammad Ali aveva chiuso la sua carriera nell’81 e Mike aveva cominciato l’avventura iridata S anni dopo.

 

Il salto generazionale oggi appare ancora più stridente visto che l’Angelo, stanco e malato, ci ha lasciati lo scorso 3 giugno e il Diavolo, mai così in forma fisica e mentale, giovedì 30 gira la boa dei 50 anni. Un’età che nella vita, sia pur sempre più lunga, degli sportivi e degli uomini in genere vuol pur dire qualcosa.

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Ma come e in che cosa è cambiato l’ex campione dei massimi, ritiratosi dal ring esattamente 11 anni fa? Una domanda che, a guardare come l’ex stupratore e specialista in risse ha ricostruito e ripulito la sua immagine, non può che generare una sola risposta: Tyson è diventato più buono. Che poi si tratti solo di una ripulitura di facciata e che nella vita privata Mike possa essere rimasto lo stesso di prima, appartiene alla doppia dimensione di tutti i personaggi pubblici.

 

In effetti chi ha letto la sua biografia esagerata (True) e lo ha visto riproporre la sua vita perfino a teatro – in entrambi i casi in maniera ostentata e mai autoindulgente – ormai fa fatica a riconoscere il vecchio Tyson nella frase con cui ha salutato il suo idolo Ali nel giorno della scomparsa: «Dio è venuto a prendersi il suo campione, lunga vita al più grande». E fatica a riconoscerlo anche nelle sue apparizioni pubbliche.

 

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L’ultima risale proprio ai funerali di Muhammad Ali a Louisville, dove solo il pesante tatuaggio sul volto ha mostrato le tracce delle vecchie ribellioni sopra il vestito scuro e ben stirato con cui l’erede pugilistico dell’immortale Ali si è confuso in mezzo alla folla degli afflitti conoscenti e fan nella pubblica commemorazione. Le telecamere di Louisville hanno indugiato su Tyson all’ingresso del palasport e poi tra le file dei convenuti e non abbiamo colto neanche un attimo di distrazione nella sua commossa partecipazione.

 

A vederlo in giro (i viaggi sono diventati in effetti il principale hobby di famiglia) con l’ultima moglie Lakiha Spicer e con la rappresentanza della sua numerosa prole, si farebbe addirittura fatica a riconoscere nel Tyson di oggi il disperato masticatore di orecchie che scatenò su Evander Holyfield tutte le sue represse frustrazioni.

 

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A rimettere in sesto le finanze forse sono stati soprattutto i ripetuti impegni cinematografici (quasi sempre a livello di carneo), ma l’ex bancarottiere non deve passarsela malissimo se si è potuto prendere il lusso di mettere in vendita la sua lussuosa magione di Las Vegas (quella un tempo popolata da tigri e animali feroci) a 1,5 milioni di dollari per comprarne una poco più lontano a un milione in più (2,5 milioni di dollari, pari a 2,2 milioni di euro).

 

Dopotutto fa anche sorridere che l’uomo con cui nessun genitore americano avrebbe voluto veder sposata la propria figlia, oggi sia presentato su YouTube addirittura come un «viaggiatore del tempo»: fra i video più cliccati ultimamente c’è infatti quello del suo incontro del ’95 con Peter McNeeley, in cui sullo sfondo si vede uno spettatore impugnare uno di quegli smartphone inventati solo cinque anni dopo. Era in realtà una piccola telecamera.

 

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Ma è un segno, al di là di tutto, che ormai Tyson è così riconoscibile e accreditato che potrebbe diventare presto anche un ottimo veicolo pubblicitario, non solo per prodotti destinati a uomini rudi. Qualcosa di analogo in effetti era già successo quando circa un anno fa Tyson aveva fatto un’incursione (anche in chiave rap) nel video del brano Iconic tratto dall’album di Madonna Rebel Heart. Una partecipazione che non era passata inosservata ma che ha fatto il giro del mondo quando Tyson, intervistato dall’edizione americana di Rolling Stones, ha dichiarato di essersi ispirato addirittura al dittatore Benito Mussolini per registrare il suo rap.

 

«Un tipo molto arrogante da cui si può comunque tirar fuori qualcosa di buono: mi è capitato di vederlo in tv e l’ho trovato carismatico e ipnotico mentre muoveva le mani e la testa come se stesse facendo hip hop, molto prima che l’hip hop nascesse».

 

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Nell’occasione Tyson si era premurato di prendere le distanze dal fascismo italiano, cosa che dovrebbe essere scontata vista la sua appartenenza alla comunità musulmana. Ma la fede in Allah non gli ha impedito, in vista delle prossime elezioni presidenziali statunitensi, di schierarsi apertamente a favore del repubblicano Donald Trump, che proprio non può considerarsi un uomo di larghe vedute in campo religioso e sociale.

 

In effetti all’apice della fama il campione del mondo più cattivo degli Anni ’80 e ’90 aveva combattuto alcuni dei suoi match più importanti e remunerativi proprio negli hotel-casinò del magnate ora prestato alla politica. Come per esempio il fulmineo showdown dell’88 con Michael Spinks che, alla Convention Hall di Atlantic City, fece registrare i più alti incassi della boxe fino a quel momento.

 

Quando nel ’92 Tyson fu coinvolto nello scandalo Desirée Washington e condannato a sei anni di carcere, proprio Trump fu tra i pochi personaggi pubblici a prendere le sue difese («Se una donna si infila di notte nella camera di un uomo sa quello che l’aspetta»: detto da uno che se ne intende) arrivando a chiedere che al peso massimo fosse concesso di continuare comunque la carriera pugilistica nei suoi casinò durante la condanna.

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Ovviamente l’opportunità non fu presa neanche in considerazione dalle autorità carcerarie ma ora Tyson può dire: «Perché voterò Trump? Perché nei confronti di un bastardo come me, nato nel buco più puzzolente del pianeta, ha sempre mostrato grande rispetto e mi ha sempre stretto la mano, cosa che né Obama né i progressisti come lui hanno mai fatto. Il suo veto a far entrare i musulmani negli Usa? Non accadrà mai, il Congresso non l’approverà. Dopo vent’anni in cui a Washington hanno scontentato tutti, quello che importa è che l’America venga governata come un business, dove non contano i colori».

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Avreste mai creduto che l’uomo malato di sesso e violenza descrittosi in True potesse diventare a 50 anni anche un fine politicante? E sempre nella sua nuova veste di uomo di buona volontà Tyson, che spesso è costretto a smentire notizie incontrollate su possibili rientri soprattutto nelle arti marziali, non esita a vestire anche i panni di sindacalista nel nuovo ruolo di manager di pugilato (la Iron Mike Productions ha arruolato una ventina di pugili di belle speranze).

 

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Non più di un mese fa, mentre si faceva fotografare addirittura sulla Muraglia cinese per promuovere l’emergente attività professionista nella nazione più popolosa del mondo (e nuova frontiera del ring), Tyson ha rivolto un appello ai pugili di tutto il mondo perché non cedano alle lusinghe dell’Aiba (la federazione dilettantistica) che in tappe forzatissime ha aperto l’Olimpiade di Rio alla partecipazione dei professionisti: «Una decisione ridicola. Nel caso vogliate andare a Rio, preparatevi a perdere, perché i dilettanti potrebbero rivelarsi troppo veloci per voi».

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