TV, MALE NECESSARIO? - ASPRO DUELLO EPISTOLARE TRA BERGONZONI E COSTANZO - IL COMICO: SIAMO ARRIVATI ALLA FECCIA E ALLE FECI - CICCIO BAFFO: "MI AUGURAVO CHE NON VENISSI ACCOMUNATO ALL'ALTRA TV, DOPO QUELLO CHE HO FATTO PER TE."
Maurizio Costanzo per Il Messaggero
Ricevo da Alessandro Bergonzoni, la lettera che qui di seguito trascrivo a seguito di alcune righe che, in questa rubrica, gli avevo dedicato.
«Caro Maurizio, speravo di non dover ancora tornare su certi argomenti dopo i nostri trascorsi, invece leggo che mi chiami in causa perché la "piccola cronaca della mia storia televisiva venga rispettata". Sono uno dei pochi che ti hanno sempre creduto (ricordi il ventennale televisivo della tua trasmissione?): qui falla un po' la tua memoria.
Come avevi ammesso nel tuo libro, ho avuto riconoscenza fin dagli esordi e anche dopo, quando venni per anni al Parioli alla condizione di non essere in trasmissione, ci siamo chiariti anche duramente; ora non so perché, per difendere questa benedetta maledetta tv (che nell'articolo in questione critichi perché ormai arrivata alla feccia e alle feci), tu abbia detto che non ricordo "gli inizi", poi miracolosamente esaltanti.
Non pensi che il salto sia avvenuto proprio perché dopo essermi fatto vedere con il tuo aiuto, ho preferito continuare "solo", attraverso libri radio e teatro? Invece di capire che le cose possono cambiare, che lo spettacolo mediatico è diverso dallo scrivere e dal teatro, che essere famosi non significa essere sempre in tv, tu preferisci aggrapparti al mio sano rifiuto di tutte le televisioni (non solo delle "tue") per sporcare l'ottimo rapporto che abbiamo avuto e che abbiamo.
Riesci a distinguere l'antipatia che ho, insieme agli italiani che non guardano case isolate, dall'affronto personale che non mi ha mai sfiorato? Parlare male della tv è trendy? No, è di moda farla a tutti i costi e male. E' la tv dell'obbligo che non ha diritto al trash con la scusa di falsa democraticità libertaria o per realismo travestito da sociale.
Venti milioni la guardano? E il rispetto degli altri trenta? Non mi vergogno delle poche cose fatte in tv, mi vergogno delle disfatte della tv e non ne rifarei (una bella differenza, non credi?). Non andare in video non è snob, è bello; stare nei teatri, in radio, non è alternativo, è altro; fare quello che si crede piaccia al pubblico è meno coraggioso che creare a prescindere dalla droga dei consensi.
Più gente ho in teatro più son contento: ma sul come, decido io. Perché nonostante la non promozione tv continua a venir gente? Questo è irriconoscenza? Forse non ci siamo ancora conosciuti. Desideroso di farlo ancor più, ti saluto con i grazie di sempre e con affetto. Tuo Alessandro Bergonzoni».
Caro Alessandro, prorompente e per qualche verso eccessiva la tua risposta. Il problema è che, avendo cercato di fare una televisione che, tanto per fare un esempio, garantisse la legge antiracket o che affrontasse il problema mafia dritto per dritto (non a caso 11 anni fa sono stato bersaglio di un attentato per il quale Bagarella e soci sono all'ergastolo) e che attualmente mi batto perché la gente non venga illusa da false cure anticrancro, mi auguravo che almeno dalle persone che davanti a quelle telecamere avevano mosso i primi importanti passi, non venissi accomunato all'altra televisione, quella che anch'io non mi sono peritato e non mi perito di giudicare.
Tutto questo, un distinguo che tu non hai ritenuto fare ma che nulla toglie alla stima che ho per te.
La lettera di Bergonzoni costringe in poche righe un discorso che però farò la prossima settimana e che riguarda Antonio Ricci e la nuova "Striscia la notizia". Al di là degli ascolti, io credo che all'interno di "Striscia la notizia" continui ad esserci una "intelligenza" e "professionalità" che altrove, anche nei programmi direttamente concorrenti, non è rintracciabile.
Dagospia 04 Novembre 2004
Ricevo da Alessandro Bergonzoni, la lettera che qui di seguito trascrivo a seguito di alcune righe che, in questa rubrica, gli avevo dedicato.
«Caro Maurizio, speravo di non dover ancora tornare su certi argomenti dopo i nostri trascorsi, invece leggo che mi chiami in causa perché la "piccola cronaca della mia storia televisiva venga rispettata". Sono uno dei pochi che ti hanno sempre creduto (ricordi il ventennale televisivo della tua trasmissione?): qui falla un po' la tua memoria.
Come avevi ammesso nel tuo libro, ho avuto riconoscenza fin dagli esordi e anche dopo, quando venni per anni al Parioli alla condizione di non essere in trasmissione, ci siamo chiariti anche duramente; ora non so perché, per difendere questa benedetta maledetta tv (che nell'articolo in questione critichi perché ormai arrivata alla feccia e alle feci), tu abbia detto che non ricordo "gli inizi", poi miracolosamente esaltanti.
Non pensi che il salto sia avvenuto proprio perché dopo essermi fatto vedere con il tuo aiuto, ho preferito continuare "solo", attraverso libri radio e teatro? Invece di capire che le cose possono cambiare, che lo spettacolo mediatico è diverso dallo scrivere e dal teatro, che essere famosi non significa essere sempre in tv, tu preferisci aggrapparti al mio sano rifiuto di tutte le televisioni (non solo delle "tue") per sporcare l'ottimo rapporto che abbiamo avuto e che abbiamo.
Riesci a distinguere l'antipatia che ho, insieme agli italiani che non guardano case isolate, dall'affronto personale che non mi ha mai sfiorato? Parlare male della tv è trendy? No, è di moda farla a tutti i costi e male. E' la tv dell'obbligo che non ha diritto al trash con la scusa di falsa democraticità libertaria o per realismo travestito da sociale.
Venti milioni la guardano? E il rispetto degli altri trenta? Non mi vergogno delle poche cose fatte in tv, mi vergogno delle disfatte della tv e non ne rifarei (una bella differenza, non credi?). Non andare in video non è snob, è bello; stare nei teatri, in radio, non è alternativo, è altro; fare quello che si crede piaccia al pubblico è meno coraggioso che creare a prescindere dalla droga dei consensi.
Più gente ho in teatro più son contento: ma sul come, decido io. Perché nonostante la non promozione tv continua a venir gente? Questo è irriconoscenza? Forse non ci siamo ancora conosciuti. Desideroso di farlo ancor più, ti saluto con i grazie di sempre e con affetto. Tuo Alessandro Bergonzoni».
Caro Alessandro, prorompente e per qualche verso eccessiva la tua risposta. Il problema è che, avendo cercato di fare una televisione che, tanto per fare un esempio, garantisse la legge antiracket o che affrontasse il problema mafia dritto per dritto (non a caso 11 anni fa sono stato bersaglio di un attentato per il quale Bagarella e soci sono all'ergastolo) e che attualmente mi batto perché la gente non venga illusa da false cure anticrancro, mi auguravo che almeno dalle persone che davanti a quelle telecamere avevano mosso i primi importanti passi, non venissi accomunato all'altra televisione, quella che anch'io non mi sono peritato e non mi perito di giudicare.
Tutto questo, un distinguo che tu non hai ritenuto fare ma che nulla toglie alla stima che ho per te.
La lettera di Bergonzoni costringe in poche righe un discorso che però farò la prossima settimana e che riguarda Antonio Ricci e la nuova "Striscia la notizia". Al di là degli ascolti, io credo che all'interno di "Striscia la notizia" continui ad esserci una "intelligenza" e "professionalità" che altrove, anche nei programmi direttamente concorrenti, non è rintracciabile.
Dagospia 04 Novembre 2004